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Cronaca

Chiuso lo storico allevamento di visoni di Galeata, circa 1.500 capi abbattuti in fretta e furia

Lo storico allevamento di visoni di Galeata "Fratelli Cassinandri" non esiste più, i circa 1500 visoni che erano presenti sono stati già abbattuti

Lo storico allevamento di visoni di Galeata "Fratelli Cassinandri" non esiste più, i circa 1500 visoni che erano presenti sono stati già abbattuti un paio di settimane fa e portati via per l'incenerimento. Cala così il sipario su una struttura a lungo contestata, oggetto anche di alcuni raid animalisti, come quello clamoroso di oltre 20 anni fa, quando migliaia di animali vennero liberati, andando infine a modificare l'ecosistema della vallata del Bidente. L'intervento di urgenza è stato dettato da un focolaio di Sars-Cov-2 che è stato individuato nell'allevamentodi Galeata, uno dei 5 rimanenti in Italia. I capi infetti erano 3, di cui uno risultava deceduto.

Abbattuti tutti gli animali a Galeata

Le autorità veterinarie dell'Ausl Romagna hanno gestito l'intervento, senza coinvolgere le autorità comunali. I 1.523 visoni di Galeata dall'inizio dell'epidemia si trovano in un limbo dettato dall'emergenza sanitaria: non potevano essere abbattuti per utilizzare la pelliccia, non potevano essere ceduti vivi per evitare la circolazione di eventuali capi infetti. Il focolaio è stato notificato anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale, si è trattato del terzo focolaio italiano del virus del Covid all’interno di un allevamento di visoni. L'allarme sui visoni partì due anni fa, in Danimarca, uno dei principali produttori di questi animali da pelliccia.

Le autorità sanitarie del paese nord europeo avevano rilevato mutazioni del virus Sars-Cov-2 passate all'uomo, le quali indebolivano la capacità di creare anticorpi e potevano seriamente interferire con l'efficacia del vaccino che in quel momento si metteva a punto con la massima urgenza. La Danimarca decise l'abbattimento di circa 16 milioni d capi, innescando anche una crisi politica che alla fine ha determinato la caduta del governo danese. Da quell'episodio è rimasta la "tolleranza zero" sugli allevamenti di visoni, da cui poi è disceso l'abbattimento avvenuto in questi giorni a Galeata. Si tratta del terzo focolaio riscontrato in Italia dall'inizio dell'epidemia di Covid.

In Italia si erano già verificati 2 focolai di coronavirus in allevamenti di visoni per la produzione di pellicce, ad agosto 2020 a Capralba (Cremona) e gennaio 2021 a Villa del Conte (Padova).  Nel mese di novembre, nell’ambito dello screening diagnostico obbligatorio finalizzato a intercettare l’eventuale introduzione del coronavirus SARS-CoV-2 in allevamenti di visoni (screening disposto dall’ex-Ministro della Salute Roberto Speranza a dicembre 2020) e che consiste nella effettuazione di 60 tamponi ogni 15 giorni in ogni allevamento a prescindere dalla numerosità dei visoni presenti, sono stati individuati 4 visoni positivi alla infezione da coronavirus in un terzo allevamento, a Galeata. 

Visoni bloccati in un limbo della legge

Gli allevamenti di visoni in Italia, tuttavia, restano nel limbo, con gli animali ancora vivi ma che non possono essere commercializzati né vivi, né morti. Questo perché non è stato emanato il decreto del Ministro delle Politiche Agricole sugli indennizzi alle imprese che operavano nella produzione di pellicce. Non è neanche disciplinata la cessione e la detenzione degli animali in vita per tale scopo.  Le associazioni Essere Animali, Humane Society international/Europe e LAV lanciano per questo un appello al Ministro dell’Agricoltura e della Sicurezza Alimentare Francesco Lollobrigida e richiamano all’attenzione la necessità di vietare allevamento e commercio di pellicce in tutte l’Unione Europea.

“Da gennaio attendiamo il decreto interministeriale per avviare lo svuotamento degli ultimi 5 allevamenti dove ancora sono stabulati e ammassati, in minuscole gabbie, più di 5.000 visoni. È evidente come l’inazione dei Ministeri competenti stia continuando a rappresentare un rischio per la salute pubblica e continui ad ignorare i principi più basilari di benessere animale. Chiediamo al Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida di intervenire con urgenza dando concreta attuazione a quanto sancito con la legge di bilancio 2022 e consentire quindi il trasferimento di almeno alcuni dei visoni ancora rinchiusi nelle gabbie degli allevamenti intensivi”, dichiarano le associazioni Essere Animali, Humane Society international/Europe, LAV.

Questi animali sarebbero dovuti essere stati utilizzati per l’avvio di un nuovo ciclo produttivo nel 2021, ma, in seguito al  temporaneo divieto alla riproduzione (disposto dall’allora Ministro della Salute come misura anti-Covid essendo questi allevamenti riconosciuti come potenziali serbatoi del coronavirus) e al successivo divieto permanente all’allevamento di visoni e ogni altro animale per la produzione di pellicce (approvato in via definitiva con specifico emendamento alla legge di Bilancio 2022, L.234 del 30 dicembre 2021, articolo 1 commi 980-984), chiudendo la produzione italiana di circa 60.000 visoni l’anno), sono rimasti in una sorta di limbo non potendo essere uccisi per finalità commerciali (l’ottenimento della pelliccia) o per esigenze di salute pubblica (in assenza di conclamata infezione da coronavirus) e non potendo essere liberati in natura (in quanto predatori non autoctoni e potenziali reservoir del virus pandemico).

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