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Cronaca

Dializzati e trapiantati, si chiude il ciclo di vaccinazioni: "Opera di prevenzione molto importante. Un segnale di speranza"

Sabato le sedute si sono svolte all’interno dell'ospedale "Morgagni-Pierantoni" di Forlì, coadiuvate dal supporto del personale medico e infermieristico delle Unità Operative di Nefrologia

Si completa nel weekend di Pasqua il ciclo di vaccinazioni dell'Ausl Romagna diretto a soggetti particolarmente a rischio al Covid. Sono state organizzate in tutti gli ambiti della Romagna, le sedute straordinarie per la somministrazione del siero Moderna alle persone dializzate, ai soggetti che hanno effettuato il trapianto renale e ai pazienti nefropatici immunodepressi. Le persone coinvolte sono state reclutate direttamente dalle Unità operative di Nefrologia guidate dal dottor Giovanni Mosconi

Sabato le sedute si sono svolte all’interno dell'ospedale "Morgagni-Pierantoni" di Forlì, coadiuvate dal supporto del personale medico e infermieristico delle Unità Operative di Nefrologia, mentre domenica si chiuderà il cerchio al “Maurizio Bufalini" di Cesena. Al termine della giornata di sabato la seconda dose di vaccino è stata somministrata a 165 persone a rischio a Forlì (a Cesena sono 198), per un totale di 363 soggetti fragili a rischio che vedono completato il percorso vaccinale. 

Dottor Mosconi, cosa significa vaccinare questa categoria di persone particolarmente a rischio?
Sono classificati nella categoria 1, al pari di altre patologie croniche, vale a dire estremanente vulnerabili. E' un'opera di prevenzione molto importante, perchè l'incidenza, ovvero il numero di casi di positività tra dializzati e trapiantati, è stata molto alta in questo primo anno di pandemia. Significa quindi vedere degli spiragli importanti per categorie molto fragili, per le quali il servizio sanitario investe molto in termini organizzativi e sanitari. Come rete nefrologica abbiamo spinto molto affinchè questo si realizzasse e sti sta realizzando con una buona integrazione degli uffici di Igiene Pubblica, staff vaccinali e gruppi nefrologici di ogni sede nelle quali vengono effettuate le vaccinazioni.

Approfondiamo il concetto d'incidenza. Quella dei pazienti dializzati e trapiantati è quindi una categoria molto fragile, esposta maggiormente a conseguenze più gravi a causa del virus...
I dati nazionali ed internazionali parlano di un alto esito sfavorevole in caso d'infezione in una percentuale alta di positività. Questo perchè si tratta di pazienti immunodepressi, che hanno alle spalle anni di malattie, e il concetto di fragilità a questa categoria si applica al 100%. Quella del vaccino quindi rappresenta un atto dovuto.

Che differenza c'è tra le due categorie?
Sono molto diverse tra loro. La persona dializzata è più esposta ed ha una immunodepressione organica dentro di se. Per vivere ha bisogno di fare la dialisi tre volte alla settimana. In una percentuale variabile può esser proposta ed aspirare a programmi di trapianto, che possono realizzarsi in funzione della disponibilità di donatori idonei. L'età media oscilla intorno ai 70 anni.

E il paziente trapiantato?
Viene da mesi o anni di malattia, con trattamenti di dialisi, e poi trova il dono del trapianto. Si tratta di una persona ben riabilitata, che può svolgere una vita regolare, mediamente tra i 50 ed i 60 anni, ma con comorbidità acquisite nella sua storia clinica e che per mantenere vivo l'organo trapiantato deve fare una terapia immunosoppressiva per evitare il rigetto. E questo lo espone ad un aumentato rischio in caso d'infezione. 

Il secondo ciclo di somministrazione si completa nel weekend di Pasqua. Pasqua è sinonimo di luce, luce anche per questa categoria di pazienti estremanente vulnerabili. Una coincidenza, ma allo stesso tempo un segnale di speranza.
E' oggettivamente una speranza. Siamo partiti dal presupposto che appena c'è stato dato il via libera alla vaccinazione abbiamo iniziato ad organizzarci. Siamo tra i primi centri in Italia. La prima vaccinazione è stata fatta il 7 marzo e non ci siamo preoccupati di quando sarebbe stata la seconda e ce ne siamo accorti strada facendo. Questo non ha cambiato i programmi, bisognava vaccinare e non ritardare la prima dose. Stiamo rispettando i tempi di inoculazione.

Che anno è stato per il vostro Dipartimento e come lo avete vissuto come stato d'animo?
Trattiamo pazienti con patologie che, se non vengono seguiti con trattamenti salva-vita, muoiono. Durante il covid quindi la nostra attività è stata immodificata come assistenza. E' chiaro che tutti i percorsi per arrivare al Centro Dialisi, per entrare nella sala ed effettuare il trattamento sono stati chiaramente modificati, cercando di portare al massimo le misure di prevenzione, con l'azione di triage prima dell'ingresso per evitare focolai infettivi. Per i pazienti trapianti è stata incrementata la gestione in telemedicina. Nessuno è stato mai abbandonato in questo lungo anno. Arriviamo da un anno difficile e tormentato e speriamo che questa luce che stiamo vedendo venga confermata nei prossimi mesi. Cerchiamo di esser ottimisti, ma con cautela. Ci tengo a sottolineare un concetto basilare.

Quale?
E' eticamente giusto andare avanti con le vaccinazioni tra gli operatori sanitari e le persone fragili. Poi speriamo in tutta la popolazione, per arrivare a quell'immunità di gregge tanto auspicata.

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