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Cronaca

Confcommercio: "Non ci sediamo a confrontarci con chi dà per morto il commercio e il centro storico: difendiamo la socialità"

La base di partenza, per Confcommercio, è invece che “il commercio, dai tempi per baratto, è in continua evoluzione e bisogna sapersi evolvere, ma se chiudono le vetrine, chiude la città”

Se qualcuno intende 'cantare il de profundis' al commercio tradizionale locale - quello fatto di una fitta trama di negozi che oltre ad essere la struttura scheletrica che tiene in piedi una buona fetta di economia locale è lo stesso scheletro che sorregge il tessuto sociale della città – dovrà fare i conti con la Confcommercio, dato che l'associazione di categoria non si siederà neanche a un tavolo di confronto con chi parte con quest'approccio. E' il messaggio netto che arriva, con una conferenza stampa dai vertici locali della rappresentanza delle imprese commerciali. 

La base di partenza, per Confcommercio, è invece che “il commercio, dai tempi per baratto, è in continua evoluzione e bisogna sapersi evolvere, ma se chiudono le vetrine, chiude la città” e quello che può arrivare dopo “è qualcosa di simile a quanto abbiamo vissuto coi lockdown: con l'invecchiamento della popolazione e senza stimoli ad uscire ci riduciamo a stare davanti a dei monitor”, è lo scenario che viene evocato. Per questo “non siamo più disposti ad ascoltare rappresentanze economiche e istituzionali che danno il commercio per morto e i centri storici fatti solo di ristorazione”. E' netta la posizione del direttore di Ascom-Confcommercio Alberto Zattini, assieme al presidente Roberto Vignatelli.

“Non siamo d’accordo con chi dice che il centro storico e più in generale il commercio siano morti, i dati dicono altro. Non vogliamo assolutamente rinunciare, per esempio, alle 646 imprese che fanno battere il cuore del commercio nel centro cittadino così come non rinunciamo a schierarci accanto alle altre migliaia di aziende che tengono vivo il circondario”: aggiungono. I dati, infatti, parlano di 7.931 imprese commerciali in provincia (il maggior numero delle imprese ad ora, tra i vari settori). Nel centro si concentrano 646 imprese commerciali e altre 370 nei quartieri, che portano il totale a 1.016 attività commerciali, che rappresentano migliaia di posti di lavoro.

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"Il vero problema - ragiona Zattini - dipende dalla programmazione urbanistica. Di recente anche Renzo Piano, sulla stampa nazionale, ha detto che occorre ripartire dai centri storici e dalle loro attività. Invece qui ci sono associazioni che li hanno già dati per morti”. Il direttore di Ascom - Confcommercio punta il dito contro “le politiche urbanistiche fallimentari che non hanno saputo valorizzare il cuore di Forlì con politiche abitative di pregio, così come invece è successo in tutti gli altri centri storici d’Italia, oppure la scelta di concentrare così tante banche ai piani terra, banche che ora stanno chiudendo, lasciando sfitti grandi locali in centro”.

Non è troppo tardi per cambiare il passo. “Non abdichiamo al ruolo che  ci ha sempre contraddistinto ovvero quello di rappresentanti del commercio e della piccola media impresa. Faremo tutto ciò che è nella nostra possibilità per migliorare la situazione, consapevoli delle difficoltà così come del cambio di abitudini da parte dei consumatori. Non temiamo i cambiamenti, ma vogliamo coglierne le opportunità. l centro storico ed i quartieri della Città avranno sempre più una funzione fondamentale per i prossimi decenni fino a quando esisterà lo scambio di merci tra uomini”, sempre Zattini.

“Sostenere le piccole e medie imprese che scelgono di investire nel centro cittadino - aggiunge Roberto Vignatelli, presidente di Confcommercio Forlì - significa proteggere il centro storico non solo dal punto di vista commerciale ma anche sociale. Le piccole botteghe e i servizi di prossimità, in centro storico come nei quartieri, svolgono un ruolo di primaria importanza in questo senso e la nostra associazione sarà sempre accanto alle migliaia di imprese e di famiglie che tengono vivo il commercio tradizionale. La piccola e media imprenditoria è vita, non solo per il centro storico ma anche per i quartieri così come per le realtà periferiche”.

Per cui ben vengano, per Confcommercio, le iniziative strutturali come i rifacimenti dei corsi e dei loro arredi pubblici. “Per ricreare la giusta atmosfera e l'humus del passeggio bisogna prima di tutto presentare a chi viene in centro una città bella e accattivante. Con investimenti duraturi nel tempo, ritorna poi la popolazione, come abbiamo visto per esempio con le iniziative di Natale, è con la gente presente il centro pulsa di vita”, aggiunge Vignatelli.

Se i dati della Camera di commercio mettono in luce la sofferenza del settore abbigliamento, un segnale positivo arriva invece dal comparto legato al cibo. "Certo, la ristorazione, quando c'è la professionalità degli operatori, sta andando bene ovunque - sottolinea Zattini -, ma la parte del leone la recita sempre il commercio. Per questo motivo sarebbe folle non occuparsi dei suoi problemi". “E’ in malafede - afferma Vignatelli - chi sostiene che “il commercio di prossimità” (i negozi sotto casa) scomparirà. Ci saranno cambiamenti, nella “storia dei commerci” ci sono stati sempre cambiamenti, ma come associazione stiamo da anni aiutando le imprese forlivesi a coglierli ed ad utilizzarli come opportunità, come nel caso delle vendite online utilizzate già da moltissime imprese anche locali”.

“La salvaguardia e la rinascita della città e del centro storico - riflette Zattini - richiede una maggiore attenzione alla dimensione locale. Richiede che venga rafforzata l'alleanza tra attori pubblici, privati e cittadini. L'indebolimento delle economie di prossimità nelle nostre città, così come dimostrato dalle troppe serrande abbassate nell'ultimo decennio, necessita di un confronto tra politica, parti sociali ed enti locali per un'inversione di tendenza. Bisogna partire dai bisogni e le potenzialità del territorio, contrastare la diminuzione dei residenti e individuare percorsi che siano capaci di essere sintesi fra istanze urbanistiche e sviluppo economico. Per troppi anni abbiamo considerato le nostre città come un nastro di asfalto: ora dobbiamo ridare loro dignità e considerarle come 'luoghi di vita'. Dallo stato di salute delle nostre città dipende quello sociale ed emotivo delle nostre comunità”.

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