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Cronaca

Tra un mese don Erio Castellucci sarà vescovo di Modena : “Non abbandonerò Forlì”

Ad un mese esatto dalla solenne consacrazione a vescovo prevista per sabato 12 settembre, alle 16.30, nel PalaCredito di Romagna (ex Palafiera), don Erio Castellucci sta percorrendo in lungo e in largo la Diocesi

Ad un mese esatto dalla solenne consacrazione a vescovo prevista per sabato 12 settembre, alle 16.30, nel PalaCredito di Romagna (ex Palafiera), don Erio Castellucci sta percorrendo in lungo e in largo la Diocesi di Forlì-Bertinoro per salutare le tante persone conosciute e servite nei primi 31 anni di sacerdozio. Sabato, giorno di Ferragosto ma anche Festa liturgica di Maria Assunta in cielo, il parroco-teologo presiederà alle 10.30 la messa solenne a Castelnuovo, sopra Meldola, mentre alle 20.45 sarà a Filetto, al santuario della Madonna di Sulo, per guidare la processione triennale con partenza dalla chiesa di San Lorenzo.

Intanto è partita la macchina organizzativa diocesana incaricata di gestire il grande evento del 12 settembre: si prevedono almeno cinquemila persone, fra cui 40 vescovi e 300 preti da tutta la regione e da Roma. L’ingresso ufficiale nel Duomo di Modena del nuovo vescovo Erio Castellucci, è previsto per le 17 di domenica 13 settembre.

Don Erio, come si sta preparando a diventare vescovo?
Facendo prevalentemente il parroco. Dal primo di luglio San Giovanni Evangelista ha come amministratore parrocchiale don Emanuele Lorusso, vicario foraneo, e come collaboratore quotidiano don Gino Gentili, che già da un anno opera in parrocchia con grande generosità. Poi arriverà don Mauro Dall’Agata. Nel frattempo continuo ad essere presente in comunità per alcuni servizi di “normale” vita quotidiana, come i funerali, gli incontri e le visite alle famiglie. In più vado a Modena per alcuni contatti.
 

Era mai stato a Modena prima della nomina? Si reca spesso nella sua nuova città?
Mi sono recato diverse volte al Centro Famiglia di Nazareth e al Seminario, mai però in Cattedrale. Quando ci sono stato il giorno dopo che la nomina è stata resa pubblica, ho dovuto chiedere in un bar dov’era “la casa del vescovo”, sentendomi rispondere che il vescovo era morto e che ora non c'era nessuno. Adesso ci vado due, tre giorni la settimana. Avviando il mio nuovo servizio a metà settembre, quindi all'inizio dell'anno pastorale, ho pensato fosse bene iniziare ad orientarmi su alcune decisioni per partire con serenità in autunno.

Don Erio, facciamo un passo indietro: come ha reagito alla comunicazione del Nunzio nel momento in cui, il 25 maggio scorso a Roma, le ha formalizzato la nomina a vescovo?
Non me l’aspettavo. Quando mi è stata comunicata la decisione ho avanzato parecchie obiezioni. Il Nunzio ha risposto con calma a tutte, ma senza convincermi. Allora ho chiesto del tempo per pensarci. Una quindicina di anni fa, un mio amico prete che era stato nominato vescovo mi aveva detto che a lui avevano lasciato tre giorni per rispondere. Nel mio caso no: ho dovuto decidere praticamente in un pomeriggio e una notte. Alla fine ha prevalso il “caldo” consiglio dello stesso Nunzio e del nostro Vescovo di non disobbedire al Papa, di essere generoso, di non farmi il nido comodo. Ho deciso di affidarmi!

La sua amata parrocchia di San Giovanni Evangelista: le mancheranno quei volti, quei fedeli? Dopo sei anni posso dire di conoscere tutte le persone e le famiglie che frequentano la parrocchia, ed anche molte di quelle che non partecipano alla vita comunitaria. In queste domeniche, quando riesco a celebrare a San Giovanni guardo le persone presenti: dietro ai volti ci sono situazioni condivise, confidenze, gioie, fatiche, lutti. Però sono sempre più sereno, perché vedo che don Mauro Dall’Agata, il mio sostituto, si sta inserendo bene.
 

Guardiamo avanti: quali sono i capisaldi del suo progetto pastorale per Modena?
Fu ancora Giovanni Paolo II, nel documento di inizio del nuovo millennio, a dire che l'unico grande progetto pastorale è Gesù Cristo. E siccome il Signore prima di parlare delle cose divine, nei tre anni della vita pubblica aveva ascoltato le cose umane a Nazareth per trent'anni, penso e spero di ascoltare almeno per un anno le persone, leggere le situazioni, considerare i problemi e le risorse, e poi iniziare a prendere delle decisioni; mai da solo, però, perché a differenza di Gesù io non ho la scienza infusa e un rapporto speciale con Dio. Sarà quindi essenziale studiare insieme ai preti, ai religiosi e ai laici le vie più adatte per annunciare il Vangelo a Modena.
 

La crisi di vocazioni, a Forlì come a Modena: cosa pesa nei giovani d’oggi che hanno paura di scegliere il sacerdozio?
Sicuramente il celibato è una scelta che frena molti e la solitudine spaventa. Vorrei però dire che oggi se un prete è solo è perché vuole essere solo. Quando, in questi anni, sentivo parlare di solitudine del prete, pensavo: “Magari ce ne fosse un po’!”. Il problema è che a volte la solitudine è interiore, coperta magari da tanta confusione e continue richieste. Occorre educare anche i laici “impegnati” a prendere le loro responsabilità e non interpellare continuamente il prete per ogni minima cosa. Può darsi che questa crisi numerica – anche se noi parliamo di “crisi” in riferimento a delle strutture che abbiamo costruito noi stessi in rapporto ad un clero numeroso – sia un'occasione di purificazione e di rilancio della figura e del ministero del prete.

A parte i suoi familiari e i suoi parrocchiani, cosa lascia di prezioso a Forlì andando a Modena?
I miei parrocchiani non li lascio completamente, perché prima di tutto verrò alcune volte a Forlì e li ho già invitati a Modena. Comunque di prezioso a Forlì lascio 55 anni di vita e 31 di sacerdozio. Spero di portarmi dentro tutte le relazioni significative che qui ho vissuto. Ma poi non vado mica a migliaia di chilometri!

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