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Cronaca

Covid, promosso il carcere di Forlì: "Rapporto con l'Ausl efficace, salvaguardate le 'celle aperte'"

“In alcuni istituti  si appare orientata a una radicale messa in discussione del regime e celle aperte e degli assetti della sorveglianza dinamica, riproponendo lo spettro di una quotidianità detentiva da trascorrere tra le mura delle celle"

“Un lungo anno è trascorso dall’ondata di proteste e rivolte che ha sottoposto a estrema tensione il comparto penitenziario nazionale, dopo decenni di pace apparente rispetto alle forme di conflittualità più appariscenti. Mentre la conflittualità ha registrato un anno fa picchi significativi nelle case circondariali di Modena e Bologna, tutte le prigioni della regione sono state interessate dalle conseguenze in termini di misure disciplinari e trasferimenti della popolazione detenuta, con particolare riferimento ai presunti protagonisti delle rivolte”: Antigone Emilia-Romagna si esprime così sulla situazione delle carceri in regione, con riferimento sia alla situazione complessiva che agli istituti al livello locale.

“L’amministrazione penitenziaria ha nel frattempo dovuto fronteggiare il rischio sostanziale della diffusione del Covid-19 all’interno delle strutture, che si è manifestata con incidenza significativa - solo in alcune di esse – nel corso della cosiddetta seconda ondata. La configurazione complessiva – al ribasso - delle attività di trattamento e dei contatti con l’esterno è coincisa con l’uso diffuso di dispositivi di comunicazione a distanza. In termini generali, le attività di monitoraggio realizzate dall’articolazione locale di Antigone e le visite effettuate dai componenti dell’osservatorio regionale sulle condizioni di detenzione in questi 12 mesi registrano una considerevole tensione interna nelle prassi di governo del sistema penitenziario della Regione”, sempre Antigone. 

“In alcuni istituti  si appare orientata a una radicale messa in discussione del regime e celle aperte e degli assetti della sorveglianza dinamica, riproponendo lo spettro di una quotidianità detentiva da trascorrere prevalentemente tra le mura delle celle. In altri, si manifesta un orientamento al mantenimento dell’aperura delle celle per almeno 8 ore al giorno. Riscontrare questa differenza implica la necessità di prendere posizione, soprattutto in prospettiva, contro i meccanismi regressivi e iniqui di una politica della chiusura – peraltro debolmente formalizzata – che già si traduce in un aumento dell’afflittività carceraria”, sempre Antigone. 

Duramente criticati alcuni istituti penitenziari dell'Emilia, secondo i sopralluoghi di Antigone vengono però promossi i carceri della Romagna (Rimini, Ravenna e Forlì): “Si effettuano screening periodici sia al personale che alle persone detenute, secondo le linee guida stipulate dall’Ausl Romagna. Le misure di prevenzione dei contagi adottate nei tre istituti sono uniformi e hanno permesso di tenere sotto controllo l’emergenza sanitaria in maniera efficace. Il regime a celle aperte ha continuato ad essere in vigore regolarmente, anche se, nella strutturale ristrettezza degli spazi, la sospensione delle attività sicuramente ha avuto un forte impatto sulla quotidianità detentiva, anche perché in tutti e tre i casi si tratta di carceri in cui l’offerta di trattamenti (reinserimento sociale, mdr) prima della pandemia era piuttosto ampia. A Forlì abbiamo registrato un accento molto forte della direzione e del comando di polizia penitenziaria sulla prontezza che hanno avuto nell’anticipare le necessità dei detenuti allo scoppio della pandemia, rendendo possibile effettuare frequenti colloqui a distanza e diffondendo informazioni sul virus fin da subito. L’efficacia delle misure adottate è stato frutto di una positiva collaborazione con il comparto sanitario. Sono stati anche mantenuti regolarmente i permessi di uscita assicurando alle persone interessate il pernottamento in celle singole”.

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