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Cronaca

Crisi di vocazione, aumentano i religiosi stranieri a Forlì

L'origine esotica degli ultimi religiosi approdati a Forlì, dimostra che anche la chiesa locale, per far fronte alla grave crisi di vocazioni, attinge sempre più fuori dei propri confini

L'origine esotica degli ultimi religiosi approdati a Forlì, dimostra che anche la chiesa locale, per far fronte alla grave crisi di vocazioni, attinge sempre più fuori dei propri confini. Se i tre Servi di Maria provenienti dalle Filippine, che dal 2008 officiano la basilica di San Pellegrino, sono stati chiamati in Italia appositamente per offrire un servizio alla collettività forlivese, per suor Elisabet Bona Koten, l'ultima arrivata, si tratta di una conferma.

Il 16 giugno scorso, a Lugo di Romagna, la religiosa ha fatto la professione solenne nella congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante. La suora è stata consacrata dal vescovo di Carpi monsignor Francesco Cassina, assieme ad altre tre giovani donne, tutte straniere: Rosine, Adriana e Serafina. Dopo l'ordinazione, la religiosa è rientrata nel convento di Santa Maria del Fiore, in via Ravegnana, dove risiede sin dal 2006 a servizio della locale scuola paritaria. Anche suor Elisabet, come i tre frati dimoranti a San Pellegrino, proviene dal sudest asiatico, per la precisione dall'Indonesia.

Nata nel 1977 a Muteng, poverissimo villaggio di contadini dell'isola di Flores, e cresciuta in un ambiente cristiano, ha maturato la scelta religiosa nella sua Muteng, durante un campo vocazionale tenuto da suor Dolores, Ancella del Sacro Cuore impegnata nella missione filippina di Waibalun. La congregazione delle Ancelle conta 190 religiose in 28 case diffuse in tutto il mondo: Italia, Brasile, Filippine, Togo e Colombia. L'origine è però romagnolissima, essendo stata fondata a Lugo da monsignor Marco Morelli e madre Margherita Ricci Curbastro nel 1888. E' un carisma che si esplica in opere educative, case di accoglienza, attività parrocchiali e didattiche, dalle scuole materne alle superiori. A Forlì sono approdate nel 1943, in pieno conflitto mondiale, con suor Pierina e suor Bartolomea, le stesse che nel 1947 fondarono la scuola di via Ravegnana. Suor Elisabet è raggiante della sua scelta di vita. “Per verificare la nostra chiamata - racconta - da Muteng partimmo in sei. In cinque abbiano deciso di continuare, e nel 2005 siamo arrivate a Roma, nella casa generalizia dell'ordine, per imparare l'italiano e fare discernimento”.

A Forlì, suor Elisabetta coadiuva il corpo insegnante di Santa Maria del Fiore, interamente laico, nella cura dei circa 190 alunni dell'istituto, fra materna ed elementari. L'unico rammarico? Alla sua professione solenne erano presenti anche molti forlivesi. Peccato che mancassero proprio i suoi genitori: troppo poveri per volare in Italia dall'Indonesia, nemmeno nel giorno più bello della loro figlia. Conteggiando la stessa suor Elisabet di Santa Maria del Fiore e i tre frati di San Pellegrino, capitanati da padre Jesus Diaz, ammonta a 12 elementi lo stuolo di religiosi e preti stranieri dimoranti nella diocesi di Forlì-Bertinoro. A cominciare dal cappellano nigeriano di Predappio don Martin Umelo, per continuare con don Pawel Szymusiac, polacco, parroco di San Pietro in Trento, primo curato straniero nella storia locale.

A Santa Caterina e al Ronco operano i sacerdoti togolesi don Augustin Abamy e don Antoine Dossou, a San Paolo e a San Mercuriale rispettivamente don Charles Aka N'Guetta e Asseu don Serge Evariste, ivoriani, a Santa Sofia c'è il camerunense don Jacques Bidjeck, a Regina Pacis opera l'indiano Christafer Yasaya, mentre un altro prete nigeriano, don Joseph Etim, lavora a San Rufillo di Forlimpopoli. Rimangono da citare le due religiose indiane incardinate nelle Sorelle Minori di Maria Immacolata, ordine francescano giunto negli anni '90 a Montepaolo di Dovadola per iniziativa del compianto padre Ernesto Caroli. Al grande uomo di cultura e fede scomparso nel 2009, si deve la fondazione del Coro dell'Antoniano di Bologna, oltre al rilancio dello stesso eremo dovadolese in cui, fra il 1221 e il 1222, dimorò per 15 mesi uno dei più grandi santi della cristianità: Antonio da Padova.

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