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Cronaca

Gli ambientalisti in Consiglio: "Inceneritore peggio di una centrale a petrolio, va spento entro il 2026"

Da Natale Belosi esperto della 'Rete rifiuti zero', arrivano dati impietosi sull'inceneritore di Hera e l'inquinamento prodotto. “L'inceneritore è una centrale elettrica meno efficiente, seconda solo al carbone”

L'inceneritore di via Grigioni a Forlì è da chiudere quanto prima perché tra i sistemi di produzione di energia gli inceneritori “sono i più inquinanti dopo le centrali a carbone e quello di Forlì ha un funzionamento ed emissioni inquinanti peggiori rispetto alla media degli altri inceneritori come rilevato dall'Ispra”, come sostiene Natale Belosi, l'esperto di rifiuti che è stato sentito in audizione in seconda commissione consigliare giovedì pomeriggio in Comune. La commissione del Consiglio comunale, infatti, ha aperto le porte al Taaf, il Tavolo delle associazioni ambientaliste di Forlì.

Più di un'ora e mezza fitta di dati sull'inceneritore di Hera, entrato in funzione alla fine del 2008, dopo un iter amministrativo partito nel 2004, “un iter raffazzonato, dove le amministrazione dell'epoca sono andate avanti come un treno nonostante le motivate critiche degli ambientalisti”, sintetizza il presidente del Taaf Alberto Conti. Forlì ha scelto la strada dell'incenerimento dei rifiuti con una prima delibera del 1972, va indietro nel tempo Conti. Ma la nuova struttura di Hera sarebbe sorta fuori tempo massimo perché già “nel 2015, con l'elaborazione della legge regionale sull'economia circolare si è potuto avviare la creazione di Alea Ambiente, con lo scorporo del comparto rifiuti da Hera ad una società in house, che secondo noi rappresenta un grande miglioramento per quanto riguarda la differenziazione e la quantità di rifiuto residuo conferito all'inceneritore”.

“Spegnere l'inceneritore entro il 2026”

Per il Taaf, però, si può arrivare entro il 2026 alla dismissione dell'impianto, grazie ad una progressiva riduzione dei rifiuti, “con una chiusura dell'inceneritore di Forlì entro la scadenza del prossimo Piano regionale dei rifiuti”, sempre Conti. Gli ambientalisti lodano anche la scelta di dare la disdetta dell'accordo Comune-Regione-Hera sull'impianto di Hera, accordo scaduto il 7 gennaio 2021, “altrimenti avrebbe continuato la sua vigenza alle stesse condizioni fino al 2026”. Per Conti arrivare alla chiusura è un obiettivo raggiungibile per la politica locale: “Nel 2020 sono state indebitamente bruciate 15mila tonnellate in più di rifiuti, arrivando a 135mila tonnellate. I rifiuti sono stati importati da fuori Forlì nel 2020 visto che sono calati nel nostro territorio. Nel 2021 quindi vengano scorporate le 15mila tonnellate in eccesso, portando la portata a 105mila tonnellate, una dato coerente con la previsione di 108mila tonnellate di flusso di rifiuti previsto dalla Regione dalle province di Ravenna e Forlì-Cesena”. 

Da quella base, quindi, procedere con una riduzione del 10% annuo per 5 anni, è la proposta del Taaf. In che modo? “Nel 2020 il bacino di Forlì-Alea ha conferito all'inceneritore 13mila tonnellate, quello di Cesena gestito da Hera 60-65mila tonnellate, una differenza abissale”. Per questo viene chiesto di “porre la condizione che tutti i territori che vogliono servirsi dell'impianto di Forlì applichino un metodo di raccolta dei rifiuti sul modello di Alea, vale a dire porta a porta integrale con tariffa puntuale”, e nessun altra forma di raccolta alternativa, in primis quella a calotta, vale a dire il cassonetto con la chiave personalizzata, accusata di produrre una scarsa qualità della raccolta differenziata e poca diminuzione del secco. Per Conti, però, non sarà facile, dato che “la Regione è un osso duro, fa fatica ad avanzare nella transizione al post-incenerimento, è stata faticosa anche la costituzione di Alea, ma ci siamo riusciti”.

“Inceneritore di Forlì peggio di una centrale a petrolio”

Da Natale Belosi esperto della 'Rete rifiuti zero', arrivano dati impietosi sull'inceneritore di Hera e l'inquinamento prodotto. “L'inceneritore è una centrale elettrica meno efficiente, seconda solo al carbone”. Sempre Belosi: “Le emissioni dell'inceneritore di Forlì contribuiscono eccome all'effetto serra e alle emissioni clima-alteranti, perché nel secco destinato all'incenerimento entra molto materiale fossile, la plastica, che rappresenta il 22% del rifiuto e il 48,3% dell'anidride carbonica emessa”. E dai camini di Hera, per Belosi “ne esce un mucchio”.

Prendendo, infatti, le dichiarazioni ambientali di Hera, dai dati mostrati da Belosi l'inceneritore di Hera produce più di 2 kg di anidride carbonica per kilowattora prodotto, al netto dell'energia impiegata per il funzionamento dello stesso inceneritore (18% del totale), che diventano 1,7 kg se si considera il lordo. Ben diversa la media italiana, per Belosi: “In Italia nel mix energetico nazionale, se si considerano anche le fonti rinnovabili, c'è una produzione di 297 grammi di Co2 per kwh, che diventano 494 grammi se guardiano ai soli combustibili fossili, dato che cresce a 554 grammi per gli inceneritori. Inoltre una centrale al petrolio impiega per il suo funzionamento il 3,5% dell'energia prodotta, gli inceneritori il 17%, quindi vi è un ulteriore peggioramento nel rendimento”. Nel ragionamento di Belosi quindi gli inceneritori sono peggio delle centrali a petrolio come inquinamento in rapporto al rendimento, e quello di Forlì ha performance ambientali peggiori della media degli inceneritori. “Sono impianti del tutto arretrati e inefficienti”, conclude Belosi.

dati inquinamento inceneritore di Hera-2

Ma la frazione residua andrà comunque in qualche modo smaltita? Per Belosi, la conclusione del suo ragionamento, è che si può procedere “alla selezione come alternativa all'incenerimento, dato che nel secco il 21% è carta, il 16% è plastica, 20% pannolini, 18% umido, 2% metallo e il 23% altro: alla fine rimane davvero poco da smaltire e quel poco che resta conviene realizzare una piccola discarica piuttosto che produrre ulteriore effetto serra con l'inceneritore”.

Perché ingombranti e spazzamenti sono finiti all'inceneritore?

“Non si capisce perché certi rifiuti siano stati buttati nell'inceneritore”, chiede conto Belosi, analizzando gli scarti che nel 2019 (anno non interessato all'emergenza pandemica) sono finiti nell'impianto di via Grigioni. Solo 19mila delle 120mila tonnellate bruciate arrivano da Forlì e dai suoi Comuni minori, mentre ben 80mila arrivano dai territori di Cesena, Ravenna e Rimini. Sollevano più perplessità le quasi 13mila tonnellate arrivate da Bologna e Modena, le tremila catalogate come spazzamenti stradali nei territori Hera di Cesena e Rimini e le quasi 5mila tonnellate di rifiuti ingombranti e imballaggi misti prodotti dal bacino Hera di Cesena. “Non ci dovevano finire i rifiuti ingombranti”, protesta Belosi.

provenienza rifiuti inceneritore forlì-2

“Le previsioni di 16 anni fa si sono rivelate esatte”

Forlì viene inaspettatamente promossa dall'oncologa ambientalista Patrizia Gentilini: “Sono orgogliosa della mia città,  i decisori politici hanno ascoltato nel tempo le istanze dei cittadini e dei medici, con le loro previsioni che si sono rivelate esatte, 16 anni dopo che iniziammo a denunciarle”. Analizzando le emissioni di Hera emergono “dati che non sforano i limiti di legge, ma si avvicinano ad essi. Per quanto funzioni entro nei limiti, l'inceneritore porta un supplemento di inquinamento in un territorio già pesantemente contaminato”. E vedendo i dati, per Gentilini, “questo inceneritore non sembra funzionare in modo ottimale”.

L'oncologa ricorda i tanti studi effettuati sull'ambiente di Forlì e dell'area industriale di Coriano dove si trova l'inceneritore, dall'incidenza delle malattie oncologiche nell'area dell'inceneritore agli studi della contaminazione di polli e uova della zona, fino all'ultima analisi dei metalli pesanti nelle unghie dei bambini. E punta il dito sulle diossine: “C'è la necessità di un rilevamento in continuo delle diossine e non come ora che viene fatto pochissime volte all'anno. Nel 2012 venne promesso uno studio sulle diossine, ma non se ne è saputo più niente”.

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