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Cronaca

Ddl Zan, ne discutono i cattolici forlivesi: "Si modifica l'architrave sociale binario “uomo-donna”

"La Cei – esordisce il vescovo di Forlì-Bertinoro mons. Livio Corazza nel suo saluto ai relatori e alla platea – è già intervenuta su questa proposta di legge, esprimendo la necessità che un testo così importante cresca con il dialogo"

Grande partecipazione di pubblico, sia in presenza che online, all’incontro proposto dal MLAC della Diocesi di Forlì-Bertinoro, in collaborazione con l’Ufficio per la Pastorale Sociale e del Lavoro, tenutosi giovedì sera nel salone polivalente della parrocchia di Vecchiazzano, sul tema: “DDL Zan: nuove tutele e diritti civili? Bavaglio alle opinioni? Limite alle scelte educative? Approfondiamolo insieme”. Moderati da Luciano Ravaioli, direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro, sono intervenuti Annalisa Chiodoni, avvocato penalista membro della Comunità Papa Giovanni XXIII, e Francesco Ognibene, giornalista del quotidiano della Cei, Avvenire. L’incontro, trasmesso in diretta sul canale youtube della Diocesi, ha consentito di approfondire il disegno di legge, tenendo conto anche delle diverse posizioni emerse nei media e nell’opinione pubblica, anche nel corso della serata.

“La Cei – esordisce il vescovo di Forlì-Bertinoro mons. Livio Corazza nel suo saluto ai relatori e alla platea – è già intervenuta su questa proposta di legge, esprimendo la necessità che un testo così importante cresca con il dialogo e non sia uno strumento che fornisce ambiguità interpretative”. Mentalità e cultura rispetto a chi vive scelte diverse, meritano un’attenzione particolare. “Il pensiero – il vescovo riporta la nota del presidente della Cei, cardinal Bassetti – va ai nostri fratelli, sorelle e figli che sappiamo esposti anche in questo tempo a discriminazioni e violenze”. Ci sono già leggi che difendono chi è discriminato, però probabilmente c’è chi ritiene opportuno intervenire ulteriormente per sottolineare la gravità di alcune discriminazioni e violenze occorse, anche nella mentalità. “Se si ritiene utile una legge specifica contro l’omofobia, va bene – continua la nota della presidenza Cei - ma occorre «la chiarezza»: perché «così com’è ora è un testo che si presta a essere interpretato in varie maniere e può sfociare in altre tematiche che nulla hanno a che vedere con l’omofobia, gli insulti o le violenze».

Mons. Corazza ribadisce: “La voce dei cattolici possa contribuire alla creazione di una società più giusta e solidale. Ognuno tirerà le sue conclusioni, tenendo conto anche delle indicazioni del magistero nel suo discernimento personale”. Annalisa Chiodoni focalizza il suo intervento sulla lettura tecnico-formale del disegno di legge, sollecitando la platea a pensare al dramma umano a cui vanno incontro le persone che percepiscono la propria identità in modo diverso dal proprio sesso biologico. “Perché una legge contro le violenze e discriminazioni sessuali – si chiede la relatrice – quando molte fattispecie sono già disciplinate?”. Annalisa rievoca con passione le innumerevoli battaglie sostenute a fianco di don Oreste Benzi, per tentare di tutelare le tante donne obbligate a prostituirsi sulla strada, mettendo in risalto la necessità di difendere l’integrità specifica di queste povere persone costrette ad una simile violenza e disintegrazione. Nel nostro ordinamento abbiamo la depenalizzazione dell’omosessualità nel codice Zanardelli del 1889. L’omosessualità esce dall’elenco delle patologie nel 1990. La Costituzione difende dalle discriminazioni anche di sesso, ma la materia non ha più avuto risonanza sociale. Si arriva alla legge Cirinnà del 2016, che ha disciplinato le Unioni civili fra persone dello stesso sesso. Il DDl Zan nasce dalla raccomandazione a livello europeo di prestare attenzione alla questione, dopo che la corte costituzionale ha riconosciuto l’identità di genere come diritto fondamentale dell’uomo e sul presupposto che i dati Istat e i dati sociali evidenziano che sono in aumento i crimini d’odio, verso le persone che manifestano una sessualità diversa da quelle che per cultura siamo abituati a considerare.

“Composto inizialmente da due soli articoli – interviene il giornalista Francesco Ognibene - il disegno intendeva specificare ed incrementare la lotta contro la discriminazione a causa dell'orientamento sessuale”. Con l’attuale stesura già approvata dalla Camera dei Deputati, il punto cruciale si è spostato verso l’identità di genere, ovvero la possibilità di affermare che la propria identità sia frutto esclusivo della percezione soggettiva di sé. L’articolo 1 porta ad una riscrittura culturale. La legge, allora, non è più centrata sulla difesa di una parte debole della società, ma rivela un ulteriore e preponderante intento: modificare l'architrave sociale binario “uomo/donna” prevedendo anche una precisa attività culturale nelle scuole. Il principio nuovo che si vuole affermare è l’identità di genere, che “dipende unicamente dalla mia libertà di scelta”. L'aspetto culturale mette in allerta genitori e insegnanti, perché prevede interventi precisi per legge, rischiando di far diventare ‘omofobo’ chi non intende proporlo perché ha idee diverse. Fa specie notare che la negazione del codice biologico originario uomo-donna trovi a fianco dei cattolici, femministe e associazioni lesbo, da anni impegnate a far emergere il valore del femminile proprio a partire dalla corporeità. Si prospetta, in questo senso, tutta la problematica che sta nascendo nello sport negli Stati Uniti, che sono sempre più “avanti”, dove uomini che hanno completato la transizione e si percepiscono donna hanno iniziato a gareggiare in squadre femminili, vincendo naturalmente le competizioni: la testa e il cuore vanno dove vuoi, ma il corpo esprime comunque la forza e il vigore maschile.

“La nostra coscienza di credenti, ispirata dall’antropologia cristiana, che è un punto di riferimento chiaro, non sarebbe più spendibile sulla piazza, perché confligge con questo nuovo dogma”. Ognibene sente la necessità di un confronto più ampio e prolungato a tutti i livelli della società, perché la legge porterebbe a ridefinire gli elementi fondanti del vivere sociale. Per questo il giornalista afferma che “una norma come questa profondamente divisiva nel Parlamento e nel Paese, dovrebbe esprimere un consenso vastissimo e non essere ottenuta a colpi di maggioranza”. 

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