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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Disastro ambientale in tre chilometri del fiume Savio, indagato anche un forlivese

Due degli indagati si sono impegnati a ripristinare i problemi causati da quello che la Procura della Repubblica di Ravenna considera un disastro ambientale ai danni del fiume Savio

Due degli indagati si sono impegnati a ripristinare i problemi causati da quello che la Procura della Repubblica di Ravenna considera un disastro ambientale ai danni del fiume Savio. E per questo è stato sospeso l'iter processuale, come prevede una precisa norma del codice penale in materia di ambiente: il ravvedimento operoso di chi, prima dell'avvio del processo, provvede concretamente alla messa in sicurezza, alla bonifica e, dove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi, operazione che sul fronte giudiziario consente, in caso di condanna, uno sconto fino a due terzi delle pena.

C'è quindi già un vincitore, ed è l'ambiente fluviale del fiume Savio, nell'inchiesta su frane e smottamenti che riguardano la parte finale del corso d'acqua a Mensa Matellica. La vicenda è al centro di un'inchiesta conclusa dalla Procura (pm Lucrezia Ciriello) ed ora al vaglio del Gip. Sono 8 gli indagati, difesi dagli avvocati Lorenzo Valgimigli, Max Starni, Alessandro Melchionda, Luca Orsini, Marco Riponi, Daniele Vicoli, Niccolò Bartolini Clerici, Andrea Sticchi Damiani e Giulia Bongiorno. Tra di loro c'è un forlivese di 61 anni e due ravennate di 63 e 67 anni.

Il forlivese, in particolare, è stato il legale rappresentante fino al 2017 della società proprietaria della centrale idroelettrica realizzata sul fiume Savio a Mensa Matellica, nel comune di Cervia, nel punto di confine tra i territori di Ravenna, Cesena e Forlì, mentre i due ravennati erano all'epoca dei fatti il geologo-dirigente e il funzionario all'ex Servizio tecnico di bacino che hanno gestito la pratica amministrativa dell'impianto. Vengono accusati di aver causato plurime e progressive frane  su entrambe le sponde su ben tre chilometri a monte della centrale. Il funzionario 63enne è anche accusato di abuso d'ufficio e rivelazione di segreti d'ufficio.

L'infrastruttura venne approvata nel 2012 come compatibile dal punto di vista ambientale, eppure già due anni prima c'era una relazione di un funzionario dello stesso servizio tecnico di bacino che evidenziava il rischio di erosione e instabilità delle scarpate a monte dello sbarramento. Per la Procura, in particolare, ci  sarebbero state “gravi violazioni della normativa di riferimento” nella concessione  e nelle valutazioni ambientali dell'opera, poi realizzata nel 2016. La sua entrata in esercizio, sempre secondo le accuse, causò quindi un'alterazione dell'ecosistema fluviale, a causa di frane, smottamenti, caduta di alberi ad alto fusto. Il tutto nonostante lo stesso Servizio tecnico di bacino dal 2016 al 2018 corse ai ripari, con una serie di sopralluoghi e diffide, secondo le accuse quasi tutte disattese. Ad oggi la parziale opera di sistemazione risulta collassata nel fiume Savio. 

Due degli accusati, in particolare gli ultimi due rappresentanti legali della società proprietaria della centrale idroelettrica (una donna di 31 anni di Roma e un uomo di 53 anni della provincia di Rieti), entrambi difesi dall'avvocato Giulia Bongiorno, nel corso dell'udienza davanti al gup Corrado Schiaretti di giovedì, hanno chiesto più tempo per redigere e discutere con gli enti preposti l'approvazione di un piano di ripristino delle sponde che potrebbe aggirarsi intorno ai 500mila euro di valore. Per effetto di questo iter i due hanno ottenuto la sospensione del procedimento per risolvere le problematiche ambientali rilevate e lo stralcio. Nel procedimento sono presenti anche alcuni cittadini di Mensa Matellica e Cannuzzo come parti civili.

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