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Cronaca

La distruzione di San Biagio e degli affreschi del Melozzo fu un errore

Quella domenica del 10 dicembre 1944 Forlì era libera da un mese e un giorno e nessuno avrebbe mai ipotizzato lo scenario di distruzione e morte che stava per colpirla

Il 10 dicembre 1944, un bombardamento tedesco cancella per sempre la basilica di San Biagio in San Girolamo. A 72 anni di distanza, la perdita della chiesa quattrocentesca e della cappella Feo, rimane una ferita insanabile. Quella domenica Forlì era libera da un mese e un giorno e nessuno avrebbe mai ipotizzato lo scenario di distruzione e morte che stava per colpirla. “Alle 17,15 precise – scrive Antonio Mambelli nei suoi Diari - alcuni aerei tedeschi compaiono improvvisamente sui cieli”. La squadriglia era partita da Verona ed aveva viaggiato quasi a volo radente per non farsi scoprire dai radar inglesi. Giunti su Forlì, gli aerei sganciano il loro carico su San Biagio, in Corso Diaz e nell’immediata periferia cittadina.

L’esplosione cancella la basilica quattrocentesca e l’annessa Cappella Feo dedicata a San Giacomo Maggiore, con i magnifici affreschi di Marco Palmezzano realizzati su cartoni di Melozzo da Forlì. La cappella era stata aggiunta nel 1498 all’impianto originario della basilica, eretta nel 1433, per volere di Caterina Sforza, signora della città, che aveva inteso onorare nel migliore dei modi l’amante Giacomo Feo, (sposato in segreto), ucciso in una congiura nel 1495 e lì sepolto. Il bombardamento annienta anche 20 povere vite che si erano trattenute al termine della messa, fra cui tre bimbi, il sacerdote salesiano don Agostino Desirello e una monaca clarissa, suor Giovanna. Alla distruzione della chiesa scampa giusto un pugno di opere d’arte: il Trittico di Marco Palmezzano con la Madonna in Trono e Santi, l’Immacolata Concezione di Guido Reni, una preziosa acquasantiera in marmo bianco e il sepolcro funebre di Barbara Manfredi, oggi custodito in San Mercuriale.

“Quasi tutti i fedeli – scrive l’allora direttore dell’oratorio salesiano, don Marco Perego – erano usciti dalla chiesa. Si era a cento passi dal portone quando si sentì la contraerea e si vide un aereo nemico sganciare. Ci buttammo sotto il portico fra i camion inglesi. Fu un attimo: un colpo non tanto forte, un cascare di macerie, un polverone che ci soffocava, dissolto il quale San Biagio non c’era più. Il muro più alto rimasto in piedi, in corrispondenza dell’abside, non superava i due metri: tutto amputato e dissolto”.

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