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Elena, un 'vulcano' da 100 e lode con tanta voglia di sapere: "Il covid mi ha insegnato l’inutilità della lamentela"

Parlando di sè, propone l'immagine che le ha suggerito una sua amica, "che mi ha sempre paragonato ad un vulcano attivo"

"Determinata, perfezionista e curiosa". Così si descrive Elena Pagliai, centista con lode al Classico. Parlando di sè, propone l'immagine che le ha suggerito una sua amica, "che mi ha sempre paragonato ad un vulcano attivo, energico e sempre in movimento, anche quando sembra assopito. Questo mi porta ad avere molti hobbies e a non stare mai ferma, a vivere la vita un po’ per estremi. Alcuni di questi sono lo scoutismo, il volontariato, la scrittura, ma probabilmente la più grande è viaggiare, conoscere nuove culture e soprattutto nuove persone e i relativi modi di pensare: sono molto esterofila". 

Il Classico l'ha accompagnata in un capitolo della sua vita lungo 5 anni. Che titolo gli darebbe e perchè?
Il titolo probabilmente sarebbe “Dialoghi”, perché è quello che meglio riassume questi cinque anni, un dialogo continuo, e non sempre semplice, con compagni, professori ed autori. Il classico mi ha proprio insegnato il metodo del dubbio che cerco sempre di applicare in ogni ambito della mia vita, per poter sempre confermare ed interiorizzare quello che vivo, ma che talvolta mi porta ad avere quasi un atteggiamento bulimico nei confronti della vita essa, come se dovessi addentarla e strafogarmene, vivendo con la paura di star perdendo tempo. Ma il dialogo più importante stimolato da questi studi è sicuramente quello che ho instaurato con me stessa, nei momenti di difficolta come in quelli di soddisfazione sia in ambito scolastico che non.

Quale è stato l'insegnamento più importante che ha ricevuto?
L’insegnamento più importante che ho ricevuto è probabilmente la consapevolezza che bisogna sempre guardare “the bigger picture”, che anche quello che ci sembra il più grande dei mali, alla fine è passeggero e che spesso è piu logorante la preoccupazione per quello che verrà di quello che in realtà affroneremo. Io tendo a voler organizzare sempre tutto nei minimi dettagli e ad avere tutto sotto controllo, ma al classico ho proprio imparato che sono molte di più le cose che non dipendono da me e che non posso controllare, e quindi prepararsi è fondamentale, ma la creatività e la capacità di giocarsi le proprie carte sul momento sono talvolta ancora più determinanti. Il Classico ha proprio acuito la grande curiosità che provo verso tutto il reale, in particolare le persone e i loro comportamenti: l’imprevedibilità dell’essere umano mi ha sempre rilanciato nella sfida di non dare nulla per scontato.

Un ciclo che si è chiuso con tanto di lode. Che importanza ha questo voto?
Questo voto è importante per me perché per anni mi sono sentita sempre “non abbastanza” e anche scolasticamente mi sentivo sempre affamata di qualcosa di più. È bello pensare che questo voto però non sia frutto di un accanimento ma davvero di una passione che ho visto crescere negli anni per quello che studio, con la quinta come acme: quest’anno ho vissuto tutto come un grande regalo cucito su misura per me, a partire dall’ Erasmus in Francia di un mese a ottobre, una delle sperienze più belle e formative che io abbia mai vissuto, alla grande conferma di aver scelto la scuola per me. Non voglio vedere questo voto come la moneta di scambio di sacrifici e difficoltà, ma come il coronamento di cinque anni dove sono cresciuta e cambiata e dove ogni giorno, nelle piccole cose, mi sono avvinata sempre più alla persona che voglio essere.

Gli ultimi due anni sono stati estremamente difficili. Che rimpianti ha?
Sicuramente il covid ha inciso sul mio percorso scolastico ma è stato un periodo che, per quanto pesante, ho sentito come l’occasione per mettere alla prova quel senso civico che avevamo studiato in teoria sui libri: ho sempre pensato che in fondo, di fronte a quello che si stava vivendo, a noi studenti fosse richiesto di essere davvero cittadini e di mettere in pratica quella capacità di adattamento alle situazioni, le “soft skills” spesso citate a sproposito. Quel periodo mi ha insegnato l’inutilità della lamentela fine a sé stessa, senza scopo di cambiare le cose: spesso, per un senso di giustuzia bruciante che sento, tendo a essere polemica ma da quando c’è stato il Covid, sto lavorando proprio sul decidere quando il mio intervento è costruttivo e quando no. Gli unici rimpianti che mi sento di esprimere sono la lontananza dai compagni e l’impossibilità delle gite scolastiche, che ho sempre visto come un momento talvolta più formativo e stimolante delle lezioni frontali alle quali siamo abituati, e che contribuiscono anche al rinforzare i rapporti fra compagni.

Il futuro la spaventa? Cosa farà?
Verso il futuro nutro grande curiosita, ma devo ammettere che un pochino mi spaventa l’idea da di non essere mai soddisfatta, di ritrovarmi fra 20 anni incastrata in una vita che non mi appaga totalmente, e di andare a letto la sera senza stimoli, annoiata. Per ora vorrei approfondire le lingue, mia grande passione, e magari rimandare al futuro la decisione della speciliazzazione in un ambito preciso. Nutro un grande fervore per la storia dell’arte, la filosofia, la letteratura, la scrittura, e scegliere ora lo trovo difficile, ma una grande certezza che ho è che amo stare in mezzo alle persone e che l’ambito internazionale sia sicuramente il mio posto, devo solo scoprire il quale veste io sia chiamata a spendermi. Mi intrigano sicuramente professioni come l’insegnante di lingua italiana all’estero. ma ancora di più la curatrice di mostre o l’organizzatrice di eventi culturali, anche se la massima asprizione sarebbe lavorare per l’Unesco. Il non essere ancora sicur di quello che farò e non mi spaventa:credo che giorno dopo giorno, tassello dopo tassello, troverò il mio posto. Per ora ringrazio solo di essere in difficoltà nella mia scelta perché sono così onnivora piuttosto che per mancanza di interesse nella realtà.

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