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Cronaca

Pronto soccorso, le problematiche emerse col covid: "Sono necessari medici specializzati in emergenza-urgenza"

Evidenzia Fabbri: "I Pronto Soccorso sono l’unica struttura sanitaria che non chiude mai e i professionisti dell’emergenza-urgenza sono sempre presenti, per prendersi cura dei pazienti"

Anche quest’anno viene celebrata, il 27 maggio, la giornata Internazionale della Medicina di Emergenza e Urgenza. Per l’occasione è stato realizzato un un video, tradotto in 14 lingue: un tributo alla medicina di emergenza-urgenza e al lavoro dei suoi professionisti. "L’iniziativa, nata dalla Società Europea in Medicina di Emergenza (Eusem) e promossa in Italia da Simeu, vuole sostenere la conoscenza e la cultura della Medicina di Emergenza-Urgenza, diffondere la consapevolezza nei cittadini e nelle Istituzioni, sull’importanza di avere servizi di Pronto Soccorso efficienti, competenti e ben organizzati, per il grande valore che essi hanno, sulla riduzione della morbilità e mortalità, in situazioni sanitarie di emergenza", spiega Andrea Fabbri, direttore del centro Studi e Ricerche Società Italiana di Emergenza Urgenza (Simeu) e direttore del Pronto Soccorso, Medicina d'Urgenza e 118 di Forlì.

"Soprattutto in questo ultimo anno, con l’emergenza Covid19, è risultato chiaro quanto l’attività di prima linea, rispetto gli ospedali, operata in tutti i Pronto Soccorso d’Italia (650), abbia fatto da argine a un fiume in piena, pur con le note e croniche difficoltà di carenze strutturali e di personale - chiarisce Fabbri -. I Pronto Soccorso sono l’unica struttura sanitaria che non chiude mai e i professionisti dell’emergenza-urgenza sono sempre presenti, per prendersi cura dei pazienti, in ogni giorno e in ogni momento dell’anno, 24 ore al giorno, in qualunque situazione, affrontando qualunque problema, anche sociale". Durante la pandemia, prosegue Fabbri, "il 100% degli ospedalizzati Covid-19 sono passati dal pronto soccorso".

Per quanto riguarda la degenza, "i casi identificati dalla letteratura come urgenti dovrebbero restare in pronto soccorso meno di 6 ore. Da un’ analisi campione su 100 pronto soccorso si nota che 4 pazienti su 10 affetti da Covid restano in PS oltre le 24 ore: questo significa che i pazienti vengono accolti, assistiti e trattati in Pronto Soccorso; mentre 3 pazienti su 10 affetti da Covid restano in Pronto Soccorso tra le 12 e le 24 ore. Questo - chiarisce Fabbri - evidenzia un problema organizzativo degli ospedali o di carenze di posti letto nei reparti, perché non riescono ad accogliere i pazienti con necessità di ricovero urgente in tempi “normali""

Tre pazienti su 10 restano in pronto soccorso fino a 6 ore: "significa che orientativamente solo il 30% dei pazienti restano meno di 6 ore in PS (che sarebbe il “giusto” tempo per il primo soccorso del paziente acuto) - fotografa Fabbri -. Dunque la realtà del recente passato è stata che i due terzi dei pazienti Covid positivi permangono in carico ai PS oltre le “previste” 6 ore aggravandone quindi enormemente il peso delle attività. Significa che per varie ragioni, esterne rispetto ai reparti di medicina di emergenza-urgenza, i pazienti restano di fatto in carico al Pronto Soccorso troppo a lungo".

In altri termini, riassume il direttore del centro Studi e Ricerche Società Italiana di Emergenza Urgenza (Simeu) e direttore del Pronto Soccorso, Medicina d'Urgenza e 118 di Forlì, "durante la pandemia circa il 70% dei pazienti ha subito un prolungamento del percorso in pronto soccorso prima di poter accedere al ricovero nei reparti specialistici. Ai pazienti ospedalizzati per covid-19 si sono aggiunti la valutazione, osservazione e trattamento in acuto dei molti pazienti Covid positivi poi dimessi e gestiti a domicilio. Questo ha determinato nel passato pre covid, complice anche il sovraffollamento - il fenomeno-problema "delle barelle" o meglio del “boarding” che, si afferma essere “il risultato di modelli assistenziali che lavorano per compartimenti stagni". I pazienti aspettano in pronto soccorso perché l’ospedale non è in grado di accoglierli in reparto, oppure perché il numero di accessi al pronto sccorso è molto elevato rispetto la possibilità reale di risposta dell’intero sistema. I Pronto Soccorso sono e sono stati luoghi di accoglienza, degenza e cura in supporto a quanto non gestito nell’extra e intraospedaliero".

"L’attività si è infatti estesa a vere e proprie degenze semintensive con trattamenti regolarmente eseguiti, anche se, per necessità, allestiti in stanze e corridoi sovraffollati o in strutture architettonicamente non adatte e non predisposte al carico assistenziale richiesto, con l’aggravante dell’impegno di dover strutturare e gestire doppi percorsi per la sicurezza dei pazienti (sporco/pulito) e riorganizzare su di essi lo scarso personale - conclude Fabbri -. È necessario che si capisca che per garantire un adeguato servizio ai cittadini sono necessarie formazione, conoscenze e competenze specifiche che non si possono improvvisare. Sono necessari medici specializzati in emergenza-urgenza. La Scuola di specializzazione Medicina di Emergenza-Urgenza è la più giovane delle discipline mediche: è nata solo nel 2009 Nell’ultimo anno accademico ci sono stati ca 1000 specializzati. La stima del fabbisogno reale: tra 1500 e 2000 medici"

Su Youtube è stato diffuso un video (www.youtube.com/watch?v=zbQ0NTAlyAM), chiosa Fabbri, "con l'obiettivo di diffondere cultura a favore di una disciplina medica ancora poco compresa dall’opinione pubblica, e soprattutto per offrire un tributo importante a tutti coloro che hanno lavorato così duramente nei Pronto soccorso negli ultimi due anni".

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