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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Ex cava di Magliano, avanti tutta del Comune: "I contratti si rispettano, e i patti li aveva siglati il centro-sinistra"

Sulla ex cava di Magliano e l'impianto di triturazione di inerti destinato a rimanere lì fino a 9 anni ancora, “il Comune di Forlì rispetta i contratti "

Sulla ex cava di Magliano e l'impianto di triturazione di inerti destinato a rimanere lì fino a 9 anni ancora, “il Comune di Forlì rispetta i contratti con senso di responsabilità” e tali contratti – la convenzione stipulata tra Comune e società dei cavatori nel 2014-2015 – sono “patti stipulati dalla precedente amministrazione di centro-sinistra”, spiega l'assessore all'Ambiente Giuseppe Petetta.  “E' quindi quanto meno sorpendente che le forze politiche delle precedenti amministrazioni, dopo aver redatto la convenzione, averla approvata e riapprovata due volte, trovatesi all'opposizione non ritengano più congrua e valida la convenzione da loro partorita”. L'attacco è al Pd e a Europa Verde, che in Regione hanno proposto interrogazioni, forze politiche che però sostenevano la precedente amministrazione di Davide Drei, che adottò il Piano delle Attività Estrattive che acquisisce l'accordo. “Un accordo faticoso, che nasceva da un rischio di contenzioso legale, siglato dopo 36 bozze diverse”, sempre Petetta.
 
Quella di Magliano, spiega in premessa Petetta, “non è una nuova cava, ma il completamento dell'estrazione di una vecchia cava, una 'fine lavori' in sospeso da vent'anni, autorizzata nel 1998 dal Comune di Forlì. Non fu possibile però portarla a termine in quanto sull'ultimo settore di scavo erano presenti gli impianti di lavorazione, che sono prima da spostare. L'ultimo settore di scavo, di circa 12mila metricubi estraibili, è da considerarsi un diritto acquisito del cavatore, a cui segue un dovere pattuito per il cavatore di ripristinare l'area”. Questi 12mila metricubi rappresentano una nuova cava, essendo una ripresa dell'attività estrattiva dopo anni? No per l'assessore Petetta che spiega che si tratta di una modesta estrazione residuale: “Parliamo di un lavoro esauribile in due o tre mesi, circa un centinaio di camion pieni. Parliamo di un'area che rappresenta lo 0,03% dell'oasi protetta di Magliano e il completamento dell'estrazione darebbe il via alla rinaturalizzazione dell'area, come è avvenuto per il lago Foma, e l'ampliamento del sito ambientale di Magliano”, sempre Petetta. Eppure su quest'attività estrattiva a Magliano si è mossa in forze Legambiente. Verrebbe da dire una tempesta in un bicchiere, ma in realtà non è così, dato che nella stessa area si trova un frantoio di inerti che potrà restare attivo fino a 9 anni, impedendo quindi il ripristino ambientale veloce della zona. “Il tempo di sei anni più tre è stato stabilito nella convenzione del 2014-2015 – spiega sempre Petetta -, mentre nella convenzione precedente dei primi anni duemila il tempo per il trasloco dell'impianto era di 9 mesi”. 

Cava di Vecchiazzano: in arrivo l'autorizzazione

La situazione si protrae ormai da decenni. La cava di Magliano nasce nel 1986 con gli ultimi 12mila metricubi che residuavano già nel 2001 non estraibili in quanto posti sotto gli impianti di lavorazione, che dovevano essere trasferiti altrove. Un 'altrove' che però non si è mai trovato. Questo avrebbe creato le condizioni per portare a termine la cava di Magliano. Nel 2001 il Consiglio comunale approvò le modalità di trasferimento degli impianti in un nuovo polo estrattivo di Vecchiazzano, condizionati dalla realizzazione dell’asse viario di collegamento con la via del Partigiano, onde evitare interferenze delle attività estrattive con il Quartiere di Vecchiazzano. Tuttavia quella strada il Comune non l'ha mai costruita “ed anzi con una delibera del Consiglio comunale del 2014 la dichiarava non prioritaria, approvando invece una nuova convenzione che prevedeva tempistiche di permanenza degli impianti a Magliano per 6 anni, prorogabili di altri tre anni a partire dal rilascio dell'autorizzazione della nuova cava di Vecchiazzano, in un'altra area non meglio definita e mai individuata dalla precedenti amministrazioni”, sempre Petetta. Insomma, il contestato frantoio rimarrà lì per 9 anni perché – a dire dell'attuale amministrazione-  per 20 anni non si è costruita una strada a Vecchiazzano, “i cui lavori sono stati affidati solo ora – sempre Petetta – mentre sulla destinazione dell'impianto è aperta un'interlocuzione con le società dei cavatori”. In tutto queto tempo, da parte delle società di escavazione, non sono mancate le diffide legali con richieste di risarcimento per 14 milioni di euro, proprio per il mancato adempimento sulla strada promessa. 

Per cui l'intenzione di Petetta è quella di andare avanti sugli accordi presi, senza tentennamenti. Anche perchè “rispetto al Piano delle Attività Estrattive adottato dalla precedente ammininistrazione i quantitativi estraibili sono passati da 2,5 milioni della precedente previsione a 1,9 milioni, con una diminuzione del 24%”, sventola il risultato ambientale sempre Petetta. E non manca di togliersi qualche sassolino dalla scarpe. Gli accordi precedenti che il Comune ora esegue, infatti, sono avvenuti con l'assenso della Regione Emilia-Romagna: “L'atto di assenso della Regione è stato firmato dal dottor Enzo Valbonesi, dirigente del servizio Parchi e foreste della Regione Emilia-Romagna. Lo stesso Enzo Valbonesi esponente di spicco di Legambiente che oggi ha aperto una battaglia contro per la chiusura della cava su cui lui stesso ha indicato un periodo di 5 anni, senza indicare la decorrenza dei termini, per il trasferimento degli impianti”. Un'azione che l'assessore all'Ambiente definisce “strumentale”.

Ed ancora, contro il Pd, sia a Lia Montalti, la consigliera regionale che ha chiesto l'apertura di un tavolo di confronto coi cittadini: “Sarebbe stato compito dell'amministrazione che ha adottato il Pae nel 2018 a prevedere una fase di concertazione”. E contro la consigliera Valentina Ancarani: “Meno ancora si capisce la presa di posizione di alcuni consiglieri provinciali del Pd che hanno votato una mozione in contrasto con la recente approvazione del Pae, fra i quali la consigliera Ancarani che il 26 giugno 2018 aveva votato a favore del medesimo piano”.

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