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Cronaca

"Saldi finti", la Finanza scopre prezzi gonfiati prima degli sconti: stanati 12 furbetti

La condotta più riprovevole e scorretta rilevata dalle Fiamme Gialle è stata senza dubbio quella di alcuni commercianti che dal primo giorno di saldi hanno aumentato i prezzi base sui quali applicare lo sconto

Con l'avvio sabato scorso dei tanto attesi saldi invernali, con la "caccia all'affare" per tutti quei consumatori che, complice il periodo di crisi, hanno deciso di posticipare l’acquisto natalizio per accaparrarsi l’oggetto tanto desiderato e visto in vetrina qualche giorno prima, finalmente ad un prezzo ribassato, c'è chi approfitta della buona fede dei cittadini. La Guardia di Finanza hanno avviato una specifica attività a tutela dei consumatori e del mercato, nell’ambito della continua azione di controllo del territorio, predisponendo mirati controlli nel settore della disciplina del commercio dei beni e servizi e in particolare dei prezzi.

I CONTROLLI - Gli interventi specifici sono iniziati qualche settimana prima dell’avvio dei saldi di fine stagione, attraverso mirati controlli dei prezzi normali di vendita dei beni di largo consumo, due effettuati nel corso della normale attività di servizio, che hanno consentito di accertare i prezzi normalmente riportati sia sui prodotti esposti in vetrina sia su quelli all’interno dei locali. Sono stati complessivamente oltre 40 gli esercizi commerciali controllati nei comuni di Forlì, Cesena, Forlimpopoli e Meldola. Tra questi 12 sono stati verbalizzati per irregolarità e violazioni al Decreto Legislativo 114/1998 che disciplina il settore del commercio e delle vendite: precisamente sette a Forlì, tre a Meldola, uno a Cesena e Forlimpopoli.

L'INGANNO E PREZZI GONFIATI - La condotta più riprovevole e scorretta rilevata dalle Fiamme Gialle è stata senza dubbio quella di alcuni commercianti che dal primo giorno di saldi hanno aumentato i prezzi base sui quali applicare lo sconto, di fatto raggirando gli ignari clienti che acquistavano in buona fede, ritenendo di concludere un buon affare, ma che venivano in realtà tratti in inganno in maniera subdola.

"I FURBETTI" - Tra questi un negozio di calzature di Forlì, una boutique di accessori in pelletteria di Cesena e un negozio di abbigliamento di Meldola. Alcuni negozianti addirittura hanno gonfiato i prezzi al punto tale da renderli, dopo aver applicato la percentuale di sconto, identici a quelli praticati nei giorni precedenti i saldi. Numerosi poi gli esercizi commerciali sanzionati per mancata esposizione dei prezzi.

ALTRI VIOLAZIONI - Ulteriori violazioni sono state contestate per omessa indicazione della percentuale di sconto. In pratica il ribasso veniva rappresentato a voce al cliente senza alcuna indicazione scritta non consentendo al potenziale acquirente, anche in questa circostanza, di avere la certezza del prezzo in saldo e senza garantire che la percentuale di sconto applicata non variasse a seconda della clientela.

LE MULTE - Per le irregolarità e le violazioni contestate, i trasgressori dovranno ora pagare una sanzione amministrativa da un minimo di 516 fino ad un massimo di 3.098 euro, somma che verrà versata nelle casse del Comune ove ha sede l’attività commerciale. Inoltre, nel caso in cui qualche consumatore dovesse rendersi conto di essere stato raggirato o tratto in inganno, presentando apposita denuncia/querela per truffa, consentirà, laddove ne ricorrano i presupposti, l’apertura di un procedimento presso l’Autorità Giudiziaria per eventuali profili di responsabilità penale in capo ai commercianti.

SCONTRINI - Oltre al controllo sui prezzi a tutela del consumatore, sono stati eseguiti anche i consueti controlli a contrasto dell’evasione fiscale sul corretto rilascio di scontrini e ricevute fiscali: sono stati verbalizzati 8 esercizi per mancata emissione del documento fiscale (5 a Forlì e 3 a Cesena), con una percentuale del 35% sui controlli effettuati. I controlli proseguiranno per tutto il periodo dei saldi. "Questa condotta, poco leale soprattutto se messa in atto nel periodo antecedente i saldi, impedisce al consumatore di potersi rendere conto del prezzo base di listino del prodotto e verificare quindi la genuinità del successivo ribasso - osserva la Finanza -. Inoltre pregiudica il diritto del cliente di conoscere con certezza il costo della merce esposta in vendita al fine di valutarne o meno l’acquisto".

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