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Cronaca Dovadola

Centinaia di fedeli a Dovadola per Benedetta: “La strada della santità è aperta”

Il cardinale Comastri, uno dei più convinti sostenitori della santità di Benedetta, ha conosciuto il profilo della giovane negli anni '80, quando era parroco di Porto Santo Stefano

Badia di Sant’Andrea gremita, sabato mattina a Dovadola, per la messa solenne dei 50 anni della salita al cielo di Benedetta Bianchi Porro. Presieduta dal cardinale Angelo Comastri, uno dei più convinti sostenitori della santità della venerabile, la liturgia eucaristica ha coinvolto circa quaranta celebranti, fra cui il vescovo di Forlì-Bertinoro monsignor Lino Pizzi, il parroco di Dovadola don Alfeo Costa, monsignor Walter Amaducci autore di numerosi testi su Benedetta, il saveriano padre Guglielmo Camera nuovo postulatore della causa di beatificazione, monsignor Evelino Dal Bon, parroco di Sirmione del Garda ultima dimora terrena della giovane e infine il biografo ufficiale e parroco di Bibiena don Andrea Vena.

Era presente anche gran parte dei sindaci del comprensorio forlivese. Per le decine di fedeli che non sono riusciti ad entrare in chiesa, il servizio d’ordine coordinato dalla Protezione Civile, ha allestito un maxi schermo sul sagrato della badia. Nella sua vibrante omelia, il principe della chiesa Angelo Comastri ha additato Benedetta come esempio per la vera felicità. “Viviamo in un mondo – dichiara il porporato – in cui si confonde tragicamente il piacere con la gioia: se il primo dura poco ed è epidermico, la felicità entra nel profondo dell’anima e ti fa amare perdutamente la vita”.

Benedetta Bianchi Porro: la messa (foto di Alessandra Salieri)

Madre Teresa di Calcutta sosteneva la necessità di cambiare la segnaletica della verità. “Benedetta è passata dalla disperazione estrema alla felicità, nel momento in cui ha capito che doveva fidarsi ciecamente di Dio”. La santità inizia con un atto di umiltà, inizialmente Benedetta brancola nel buio: “Solo chi ha vinto il muro dell’orgoglio ha lo spazio interiore per accogliere Dio”. Più la giovane dovadolese si inoltra nel dolore verso l’apice del calvario, e più si accorge che la vita è solo un ponte, un attraversamento: “La mia casa è di là”. “Abitare negli altri”, questo è il suo motto. Scopre di essere felice e decide di aiutare anche gli altri nella grande rivelazione. Nel 1986, la madre di un giovane di Genova rimasto gravemente ferito in un incidente stradale, chiese agli amici di pregare Benedetta e il ragazzo inspiegabilmente guarì. “La commissione medica incaricata di ristudiare i referti sta per pronunciarsi, io sono fiducioso”.

La presentazione del video di Benedetta (foto di Alessandra Salieri)

Il nuovo postulatore della causa di beatificazione della Venerabile, il saveriano padre Guglielmo Camera, apre più di uno spiraglio alla beatificazione. “Lei mi chiede il motivo per cui si è deciso di ritornare su un prodigio di 30 anni fa? Semplice, l’arcivescovo di Genova cardinale Angelo Bagnasco, ci sta dando un grande aiuto”. Padre Camera attende la nuova pronuncia dei periti sul miracolo e poi inoltrerà tutto alla Congregazione Vaticana per le cause dei santi. Il processo diocesano genovese sta per concludersi con esito positivo. Dovessero ascrivere a Benedetta la guarigione del giovane, occorrerà un ulteriore miracolo per la santità definitiva. Ma sono tutte formalità: Benedetta è già santa nel cuore dei forlivesi e dei tanti italiani che la venerano già come tale.

Nel maggio 1963, la giovane ormai cieca e sorda, detta questo scritto ad Anna, l’amica conosciuta dieci anni prima al ginnasio: “Sono cambiata, ora con me c’è Dio e sto bene”. “Quanta gente – precisa Comastri – pur nel pieno della salute e del successo, non è felice e si sente sola”. Benedetta, in totale sfacelo fisico, era serena, perché aveva scoperto che Dio esiste ed è amore. “Benedetta, prega per noi: nelle mani di Dio anche le cose più insopportabili possono diventare una cometa”. Al termine della messa, il corteo dei sacerdoti si è incamminato verso il fondo della chiesa, soffermandosi con atto di devozione sul sarcofago che dal 22 marzo 1969 accoglie le spoglie mortali della Venerabile. “Padre nostro – recita l’invocazione finale per la beatificazione di Benedetta – noi ti ringraziamo per averci donato in lei una cara sorella. Fa che la sua testimonianza così radicale della potenza salvifica della croce, c’insegni che dolore è grazia e che la tua volontà è gioia. Concedi che la luce del tuo spirito alla chiesa possa riconoscere Benedetta fra i testimoni esemplari del tuo amore”. La strada della santità è aperta.

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