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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Fu la prima volontaria dello Ior: addio a Graziella Salaroli, aveva 91 anni

La voce del professore Dino Amadori, Presidente IOR, è rotta dalla commozione mentre parla del rapporto che lo legava a quella che può a buon diritto essere considerata la prima volontaria

"È con il cuore spezzato che apprendiamo la notizia che lunedì è venuta a mancare a 91 anni Graziella Salaroli, una delle figure fondamentali dell’Istituto Oncologico Romagnolo". La voce del professore Dino Amadori, Presidente IOR, è rotta dalla commozione mentre parla del rapporto che lo legava a quella che può a buon diritto essere considerata la prima volontaria IOR. "Conobbi Graziella proprio a causa della malattia: era una mia paziente. Insieme decidemmo che si sarebbe fatta carico dell’anima assistenziale della nostra Cooperativa: a lei affidammo il compito di gestire la creazione, la formazione e lo sviluppo del primo gruppo di volontari dello Ior, nato a Forlì. Graziella incarnava nella maniera più completa la prima parte del nostro motto, vicino a chi soffre, avendo assistito personalmente centinaia e centinaia di malati nelle loro necessità quotidiane, dalla diagnosi al fine vita. È a lei che si deve la nascita del nostro servizio d’assistenza domiciliare gratuita, che in questo periodo lo Ior ha ripreso in mano su quasi tutto il territorio della Romagna riadattandolo alle nuove esigenze del malato oncologico. A questo proposito mi piacerebbe citare le sue medesime parole, così come sono state riprese all’interno della mia autobiografia professionale, “Anima e Coraggio”", ha detto Amadori

Il Consiglio d’Amministrazione dello IOR mi aveva mandato a Milano per una settimana a casa della signora Simonetta Lagorio, amica del dott. Amadori, che era impegnata in un programma di assistenza domiciliare in quella città. Uscivamo ogni mattina e per tutto il giorno andavamo a casa dei suoi pazienti. Ma quanti ne abbiamo trovati, che erano morti in casa, che non avevano nessuno! Perché la moglie, i figli o il marito andavano a lavorare e, certo, li lasciavano ben curati e lavati ma soli; gente che faceva della morfina, che moriva e non c’era nessuno con loro. Quando abbiamo cominciato anche noi, dopo l’approvazione del Consiglio, ero felicissima. Così, abbiamo iniziato a reclutare volontari proprio per l’assistenza domiciliare, chiedendo chi volesse fare il corso di preparazione. Già quel primo passaggio era difficile, perché chi passava da me e chiedeva come sarebbe stato il lavoro spesso rimaneva scioccato e se ne andava subito. Ancora meno erano quelli che rimanevano dopo il colloquio con la psicologa ed erano giudicati idonei a quel tipo di assistenza. Insomma, se all’inizio ne incontravi cinquanta, alla fine ne rimanevano dieci al massimo; anche perché è buona regola evitare al volontario di fare assistenza in un tempo troppo vicino al lutto famigliare.

Si trattava di pazienti terminali, tutti. I volontari facevano compagnia al paziente, all’assistenza medica invece provvedevano gli infermieri e il medico. Il responsabile era il dott. Maltoni, che sin da allora si è dedicato alle cure palliative ed oggi dirige l’Hospice di Forlimpopoli. Con lui lavoravano anche due delle sue infermiere di allora. Ed erano tutti pagati dallo IOR, almeno all’inizio. Mi ricordo, di quei primi tempi, una signora di Roncadello, malata di tumore in stato terminale, che aveva sei figlie ma chiedeva che stessi io con lei perché non voleva, diceva con me, farle soffrire con la sua sofferenza; e io stavo lì e le tenevo la mano. Poi, una notte, una delle figlie, alle 11-11.30, mi chiamò e io mi infilai sopra il pigiama una maglia e via, in ciabatte. Arrivai che stava morendo. Quanti malati ho vestito, e non l’ho mai detto a nessuno; perché in casa non c’era qualcuno che ci riusciva e perché altrimenti avrebbero dovuto chiamare le pompe funebri e sarebbero state delle spese in più, magari non avevano tanti mezzi. Così, ad esempio, il marito anziano mi diceva: “Adesso come facciamo?”. E io rispondevo: “Non si preoccupi, piano piano lo facciamo”. E io li aiutavo.

"Graziella è stata un’eroina, e non solo per l’attività che svolgeva. La sua forza di volontà le ha permesso di sconfiggere ben 6 tumori: l’ultimo pochi mesi fa, una metastasi alla tiroide, da cui si era una volta ancora perfettamente rimessa. Proprio in virtù di questa ennesima esperienza positiva le avevo pronosticato che si sarebbe avviata a diventare una centenaria di lusso. Purtroppo non è stata la malattia a portarla via, ma uno di quegli eventi imprevedibili per cui da sempre ci interroghiamo e che non riusciamo a comprendere. Forse qualcuno, lassù, l’ha voluta con sé prima del tempo, lasciando quaggiù un vuoto incolmabile. Grazie ancora per tutto quello che hai fatto, cara Graziella: per noi dello Ior, ma soprattutto per tutti i malati romagnoli in questi tanti anni di attività di volontariato. Resterai per sempre la luce che illumina il cammino" ha concluso Amadori Salvo variazioni il feretro lascerà la camera mortuaria dell’Ospedale Pierantoni-Morgagni di Forlì alle 10 di mercoledì alla volta della Chiesa Cattolica Parrocchiale San Giovanni Battista in Ronco, dove si terranno le esequie.

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