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Cronaca

Enrico, 25 anni: da Forlì all'Olanda per lavorare sull'intelligenza artificiale: "Sono europeo"

Uno dei tanti forlivesi che, dopo gli studi sul territorio, ha intrapreso una strada che viene definita classicamente una "fuga di cervelli". Tema sul quale Enrico riflette, parlando di "futuro europeo" per sè stesso

A 25 anni ha scelto di lasciare Forlì, per studiare e ora lavorare all'estero, in Olanda, nel campo dell'intelligenza artificiale. Enrico Liscio ha studiato al liceo scientifico e poi all'Università di Bologna, in Ingegneria dell’Automazione. Uno dei tanti forlivesi che, dopo gli studi sul territorio, ha intrapreso una strada che viene definita classicamente una "fuga di cervelli". Tema sul quale Enrico riflette, parlando di "futuro europeo" per sè stesso. Tra i suoi hobby c'è anche quello di realizzare dei video divulgativi per rendere la sua materia, molto tecnica, più commestibile al grande pubblico. Tante sono le incognite che si celano dietro l'ennesima rivoluzione, quella dell'intelligenza artificiale della robotica, Enrico le spiega con semplicità. Ecco l'esperienza di un figlio di un commerciante di dolciumi ed una disegnatrice di ricami forlivesi, con una sorella minore che studia cinematografia a Bologna.

A che età ha deciso di spostarsi all'estero, che cosa ha dettato questa scelta?
"A 21 anni, all’inizio dell’ultimo anno di triennale, ho cominciato a guardarmi attorno per il proseguimento degli studi. La continuazione naturale dei miei studi a Bologna era troppo orientata verso l’ambito meccanico, che non è mai stato il mio preferito. Quindi, io ed un amico abbiamo iniziato a cercare altre opzioni, partendo da Milano ed arrivando ad Olanda e Danimarca. Ed abbiamo scoperto che l’università tecnica più rinomata d’Olanda e stabile nella top 20 di quelle mondiali, TU Delft, offriva borse di studio all-inclusive ai migliori studenti stranieri, ovvero completo sostegno economico per i due anni di studio. Ho fatto domanda immediatamente, e sono stato accettato prima ancora di fare richiesta ad ogni altra università. Ed era un’offerta che decisamente non si poteva rifiutare".

E' stata una scelta sicuramente difficile rispetto a quella maggioritaria di scegliere studi  vicino a casa, cosa l'ha motivata in particolare?
"La motivazione economica sicuramente ha aiutato: essere indipendente a 22 anni non è male, sia per me che per la famiglia. E poi, come per tanti giovani, la voglia di esplorare, di vedere qualcosa di nuovo. Conoscevo com’era la vita a Forlì e dintorni, perché non provare qualcosa di nuovo? Non un viaggio, non una vacanza: mettersi alla prova con una nuova sfida è più eccitante. Aiuta a conoscere meglio i propri limiti, ad esplorare le proprie potenzialità. Penso che questa curiosità sia stata un’ottima motivazione".

Cosa fa e come si trova oggi in Olanda?
"Dopo la laurea, ho subito iniziato a lavorare in una start-up nel giro dell’università. Sviluppiamo intelligenza artificiale per automatizzare processi industriali in ambito logistico. Dopo pochi mesi ho firmato un contratto a tempo indeterminato, e sinceramente mi trovo davvero bene qua. Ho studiato e vivo a Delft, città deliziosa e poco più piccola di Forlì, ma casa di una grande università. Dell’Olanda e degli olandesi adoro due cose: la schiettezza e la mancanza di gerarchia. In poche parole, tutti sono estremamente diretti e non nascondono mai nulla, agevolando estremamente la vita quotidiana soprattutto nel mondo del lavoro, e allo stesso tempo tutti sono sullo stesso piano: se sono in disaccordo con il mio superiore, posso e anzi devo dirglielo; esternare le proprie idee discordanti è considerato segno di onestà e professionalità".

Cosa ha trovato in Olanda che il sistema Italia, sia come scuola che come lavoro, non era in grado di darle?
"Innanzitutto, il lavoro che faccio oggi. Creiamo tecnologia nuova ed innovativa destinata alle aziende, quindi servono aziende che credano in noi e che vogliano investire. Poi, il sistema universitario che aiuta lo studente, agevolando tutto ciò che è attorno per permettergli di concentrarsi solo sullo studio. E la stessa filosofia è applicata al mondo “adulto”: dalla dichiarazione delle tasse, che viene fatta dallo stato per poi chiederne conferma al cittadino, a tutto il resto della burocrazia, che è estremamente semplificata".

Si ritiene un "cervello in fuga" o è normale che chi voglia raggiungere un'alta specializzazione si debba muovere necessariamente all'estero?
"Secondo me queste due opzioni sono in realtà la stessa: uno stato che non vuole vedere i propri cervelli fuggire, deve offrire loro possibilità di specializzarsi in casa. La fuga dei cervelli è sintomo di uno stato che non ha la giusta offerta per i propri cittadini. Per esempio, qua ci sono molti meno francesi e tedeschi rispetto agli italiani, nonostante la vicinanza geografica. Alti investimenti in ricerca e sviluppo nel campo industriale portano ad innovazione e competitività sul mercato, con conseguente ritorno economico. Penso che questo sia necessario per un paese che voglia trattenere i propri ragazzi, e che l’opposto non possa essere ritenuto normale".

Conta di rientrare in Italia un domani, forte del bagaglio di conoscenze acquisito all'estero o pensa che il suo futuro è e resterà fuori dall'Italia?
"Vedo tra noi giovani emigranti italiani due motivi principali per tornare in Italia: nostalgia e desiderio di aiutare lo stato in difficoltà che ci ha cresciuti. Il primo non fa per me, essendomi ben integrato in Olanda. Riguardo al secondo, spostandomi qua mi sono reso conto di non sentirmi solo italiano, ma europeo: incontrare persone dal Cile alla Corea mi ha fatto rendere conto quanto in comune abbia con tedeschi e spagnoli. Penso che la mia formazione sia europea, non italiana. E non mi sento “in colpa” a non tornare in Italia, così come un forlivese non si dovrebbe sentire in colpa per essersi trasferito a Torino o Milano. In conclusione, credo che il mio futuro sarà europeo. Ed europeo non significa non-italiano".

Cosa le manca di Forlì?
"Le direi la piadina, ma in realtà se ne trovano tre tipi diversi qua al supermercato. Ma a parte questo, direi la vicinanza della famiglia e degli amici di vecchia data, anche se molti sono ormai sparsi in Italia ed Europa. E poi il mare d’estate: qua vivo anche più vicino alla costa, ma l’acqua dell’oceano è un po’ troppo fredda per i miei gusti".

Cosa dicono i suoi genitori e amici a Forlì di questo suo percorso?
"I genitori sono orgogliosi e contenti che abbia trovato la mia strada, che sia felice e tranquillo nella mia vita quotidiana. Anche se mia madre ovviamente soffre a non poter abbraccciare più spesso il suo “bimbo” di 25 anni, e non si è ancora convinta a trasformare la mia cameretta in uno studio. Gli amici sono contenti che io sia felice, e hanno una scusa in più per visitare un altro pezzo di mondo".

Lei produce video divulgativi e li posta su Youtube e sui social per spiegare la sua materia, l'intelligenza artificiale, cosa la spinge in quest'ulteriori impegno?
" Adoro imparare cose nuove, e penso che stimolare le persone con ciò che mi affascina sia una sensazione fantastica. In tanti mi fanno domande sull’intelligenza artificiale, dato che sta diventando qualcosa che molto presto impatterà la vita di tutti noi, ma di cui si conosce poco. E naturalmente, si ha paura di ciò che non si conosce. La mia motivazione per spiegare questa tecnologia è di portarla più vicina alle persone, far capire cosa c’è dietro, rispondere a domande etico-filosofiche, spiegare quali sono vantaggi e potenziali problemi. Di modo che un domani si possa aprire un dibattito dove tutti possano partecipare informati".

Robot e tecnologia sofisticata sono grandi risorse ma fanno anche molta paura ai più. Si dice che distruggeranno il lavoro come lo conosciamo ora. C'è motivo di avere paura oppure bisogna guardare al futuro con speranza?
"Come tutte le grandi questioni, la risposta non è semplice. Innanzitutto, non è la prima volta che una rivoluzione tecnologica stravolge il mondo del lavoro, altrimenti oggi gran parte di noi lavorerebbe ancora nei campi con l’aratro. Per affrontare questa, i lavoratori dovranno avere una mentalità aperta ed essere pronti ad imparare nuove professioni durante la carriera. Ed i governi dovranno assicurare crescita economica per garantire ricchezza diffusa e la creazione di nuovi lavori, corsi per la transizione e l’aggiornamento a nuove attività e supporto economico tra un impiego e l’altro. Non bisogna avere né paura né speranza, ma semplicemente lungimiranza".

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