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Cronaca

"Gli uomini fanno notizia, le donne fanno vendere"

Sabato 26 novembre sono stati presentati nel salone comunale di Forlì i risultati dell'interessante e approfondita ricerca “Immagini che”, condotta dal Tavolo delle Associazioni contro la violenza alle donne

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di ForlìToday

Sabato 26 novembre sono stati presentati nel salone comunale di Forlì i risultati dell'interessante e approfondita ricerca “Immagini che”, condotta dal Tavolo delle Associazioni contro la violenza alle donne in collaborazione con l'assessorato Pari Opportunità del Comune di Forlì.
Nell'arco di un anno sono stati monitorati i tre principali quotidiani locali per valutare dal punto di vista quantitativo e qualitativo la presenza di immagini femminili e maschili nelle notizie e nella pubblicità.
L'indagine rivela in termini molto chiari che ancora oggi nel 2011 gli stereotipi di genere sono quanto mai radicati. Riporto pochi numeri dei numerosi dati contenuti nella ricerca per dare l'idea: la presenza complessiva femminile è del 30% contro il 70% di quella maschile. Andando nel dettaglio, la presenza nelle notizie è per il 24% riservata alle donne e il 68% agli uomini, mentre nella pubblicità la presenza femminile supera il 50% e quella maschile scende al 36%.
Se volessimo tradurre in uno slogan: gli uomini fanno notizia, le donne fanno vendere.
 
Per motivi anagrafici non ho partecipato in prima persona alle battaglie femministe degli anni '60-'70, ma ho avuto la fortuna di crescere, studiare e lavorare in una società sicuramente più aperta e paritaria delle generazioni che mi hanno preceduto.
Per questo motivo trovo desolante constatare la regressione che si è verificata negli ultimi anni per quanto riguarda la condizione femminile sia dal punto di vista pratico (in particolare in ambito lavorativo) ma soprattutto da quello culturale.
Non avrei mai creduto di dover riprendere battaglie che si credevano ormai vinte e mettere in guardia mia figlia adolescente dai pericoli di luoghi comuni che trasmettono l'idea che una donna vale solo in base all'aspetto esteriore e che può con grande facilità passare da uno studio televisivo o dentistico ai massimi organismi del nostro Paese in virtù solo della propria avvenenza fisica.
 
Spesso quando mi trovo a parlare di questi argomenti vengo tacciata di essere “bacchettona” o “vetero-femminista” e mi viene contestato che da sempre potere (degli uomini) e bellezza (delle donne) sono un binomio inscindibile.
Ma quello che sfugge ai più è che da alcuni anni stiamo assistendo ad una vera e propria involuzione culturale, che colpisce purtroppo entrambi i sessi, dove la logica esasperata del “vincere facile”, del successo e del denaro “tutto e subito” si affianca ad una enorme fragilità delle persone e delle famiglie.
E la perdita della percezione e della consapevolezza che il valore di una donna e di un uomo va al di là del suo aspetto o del suo denaro porta con sé la perdita del rispetto della dignità della persona con gli effetti devastanti di violenza che purtroppo ogni giorno la cronaca ci riporta.
Il ruolo che giocano in questa partita i mezzi di comunicazione (dalla televisione ai giornali alla pubblicità) è a mio avviso determinante.
Non è questo il luogo di un'analisi sociologica e psicologica approfondita, ma uno dei pregi della  ricerca “Immagini che” è di aver messo nero su bianco, numeri e grafici alla mano, che il problema degli stereotipi di genere esiste ed è diffuso anche in territori come il nostro considerato per molti aspetti emancipato.
Mi auguro che ci siano altre occasioni per diffondere i risultati di questa indagine e per indurre tutti, ma in particolare chi opera nel campo della comunicazione, ad una seria riflessione sugli effetti che un'immagine attraente ma distorta della realtà può avere sulla formazione delle persone e soprattutto  dei più giovani.
 

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