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Cronaca

Il bombardamento tedesco: 77 anni fa la distruzione di San Biagio e degli affreschi del Melozzo

Alle 17.15 del 10 dicembre 1944, una bomba ad altissimo potenziale sganciata da un aereo tedesco, cancella per sempre la basilica quattrocentesca di San Biagio in San Girolamo e 19 povere vite

Il 10 dicembre 1944, un bombardamento tedesco cancella per sempre la basilica di San Biagio in San Girolamo. A 77 anni di distanza, la scomparsa della chiesa quattrocentesca e della cappella Feo rimane una ferita insanabile. “Alle 17,15 precise – scrive Antonio Mambelli nei suoi Diari - alcuni aerei tedeschi compaiono improvvisamente sui cieli”. Si appurerà poi trattarsi di quattro “Focke-Wulf 190 F8”, dotati ognuno di una bomba “Grossladungsbombe SB 1000” ad altissimo potenziale, munita di spoletta “AZ 55 A” con sviluppo esplosivo orizzontale anziché “ad imbuto” (mancanza del cratere) per farla esplodere prima dell'impatto al suolo.

La squadriglia era partita dall’aeroporto militare di Verona ed aveva viaggiato quasi a volo radente per non farsi scoprire dai radar inglesi (Forlì era stata liberata il 9 novembre di quell’anno). Giunti sulla città, gli aerei sganciano il loro carico da 2.200 kg su San Biagio e in corso Diaz (nel punto in cui attualmente sorge il teatro Diego Fabbri). Le altre due bombe lanciate sul centro non scoppiano. Purtroppo funziona benissimo l’ordigno piovuto sull’area della ghiacciaia Monti, già monastero di Santa Chiara, appena divenuto deposito logistico dell’Esercito Britannico e dunque il vero obiettivo dell’attacco.

Un errore balistico di poche decine di metri provoca un danno irreparabile: l’esplosione “resetta” la basilica quattrocentesca e con quella la Cappella Feo dedicata a San Giacomo Maggiore e i magnifici affreschi di Marco Palmezzano realizzati su cartoni di Melozzo da Forlì. La cappella era stata aggiunta nel 1498 all’impianto originario della chiesa, per volere di Caterina Sforza, signora della città, che aveva inteso così onorare l’amante Giacomo Feo (sposato in segreto), ucciso in una congiura nel 1495 e lì sepolto. La bomba spazza via anche le tombe di forlivesi illustri, come il naturalista padre Majoli o il nobile Cesare Hercolani. In pezzi pure il monumento a Giovanni Battista Morgagni, “il principe degli anatomisti”.

All’appello verranno a mancare anche 19 povere vite, fra cui tre bimbi, il sacerdote salesiano don Agostino Desirello e una monaca clarissa, suor Giovanna. L’anziano presbitero aveva appena celebrato messa: il cadavere riaffiorerà solo cinque giorni dopo. Si salva miracolosamente la signora Ghini, “perché la sua voce chiamava insistentemente, l’ unica che si sentisse sotto quell’ immane mucchio di rovine”. A detta dei primi testimoni giunti sul luogo del disastro, i muri più alti sopravvissuti all’esplosione non superano i due metri: sarà tutto spianato nei giorni successivi dai bulldozer di sua Maestà Britannica.

Un'altra fedele ricostruzione di quella terribile giornata di devastazione, emerge dalla cronaca scritta delle Clarisse dell’attiguo monastero: “Uno scoppio cupo seguito dall’impressione incomunicabile di rovina tremenda ha scosso il nostro convento, immergendolo improvvisamente in una cupa notte di polvere. Quando abbiamo guardato intorno, quale disastro è apparso ai nostri occhi! La Chiesa, il campanile, la canonica, una parte del convento non c’ erano più! Tutto era ormai irreparabilmente ridotto ad un mucchio di macerie, da cui si udivano le grida e i lamenti dei superstiti in cerca dei loro cari rimasti sotto metri e metri di materiale. Quando è scoppiata la bomba, la Chiesa si era appena sfollata degli innumerevoli intervenuti all’ annuale festa dell’Immacolata che si solennizzava. La maggior parte si trovava ancora nelle adiacenze della Chiesa; la strada nuova che sboccava proprio di fronte alla Casa del Signore, era gremita di persone dirette verso casa. Se lo scoppio fosse avvenuto qualche minuto prima, le vittime, invece di diciannove, sarebbero state centinaia”.

Alla distruzione scampa giusto un pugno di opere d’arte: il Trittico di Marco Palmezzano con la Madonna in Trono e Santi, l’Immacolata Concezione di Guido Reni, una preziosa acquasantiera in marmo bianco e il sepolcro di Barbara Manfredi, oggi custodito in San Mercuriale. 

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