Il capo del tradizionalisti cattolici disobbedisce all'ultimo ordine del Papa: a Forlì celebra la messa in latino
Si è svolta domenica mattina la visita del Superiore Generale della Fraternità San Pio X e terzo successore di Mons. Lefebvre, il riminese don Davide Pagliarani, alla Chiesa di Santa Maria Madre di Dio nella frazione di Castellaccio
Si è svolta domenica mattina la visita del Superiore Generale della Fraternità San Pio X e terzo successore di Mons. Lefebvre, il riminese don Davide Pagliarani, alla Chiesa di Santa Maria Madre di Dio nella frazione di Castellaccio. L’omelia pronunciata nel corso della messa in rito tridentino è stata la prima occasione ufficiale nella quale il capo mondiale dei tradizionalisti cattolici ha commentato il Motu Proprio “Traditionis Custodes” che Papa Bergoglio ha emesso appena venerdì scorso e mediante la quale ha revocato le precedenti disposizioni di Ratzinger e di Giovanni Paolo II circa la libertà di celebrazione della messa in latino nella forma anteriore a quella del Concilio Vaticano II. E' così che i tradizionalisti lefebvriani, però, che celebrano la loro messa al Castellaccio, in una chiesa fuori dalla gerarchia della diocesi di Forlì. E così l'hanno celebrata anche domenica mattina.
Il motu proprio del Papa
Proprio venerdì, infatti, è arrivato il giro di vite di Papa Francesco sulle messe celebrate in rito antico. Secondo il Motu Proprio “Traditionis Custodes” saranno i vescovi ad essere responsabili del rispetto delle disposizioni. Il divieto è per le messe in latino e con il sacerdote rivolto verso l'altare, che in ogni caso non si potranno più celebrare nelle chiese parrocchiali. Il Papa scrive che gli approfondimenti sulle concessioni precedenti "hanno rivelato una situazione che mi addolora e mi preoccupa, confermandomi nella necessità di intervenire. Purtroppo l'intento pastorale dei miei Predecessori, i quali avevano inteso 'fare tutti gli sforzi, affinché a tutti quelli che hanno veramente il desiderio dell'unità, sia reso possibile di restare in quest'unità o di ritrovarla nuovamente', è stato spesso gravemente disatteso. Una possibilità offerta da san Giovanni Paolo II e con magnanimità ancora maggiore da Benedetto XVI al fine di ricomporre l'unità del corpo ecclesiale nel rispetto delle varie sensibilità liturgiche è stata usata per aumentare le distanze, indurire le differenze, costruire contrapposizioni che feriscono la Chiesa e ne frenano il cammino, esponendola al rischio di divisioni".
I lefebvriani disobbediscono al Papa
Don Pagliarani che rappresenta il gruppo dei seguaci di Levebvre è stato critico nell'omelia di Forlì: “Non possiamo oggi non spendere due parole su quanto successo due giorni fa quando questa messa, la messa di sempre, la messa di S. Pio V, la messa degli Apostoli di fatto è stata vietata. Ecco noi dobbiamo chiederci: 'Perché questa messa è un pomo di discordia? Perché questa messa divide? '”, spiega il successore di Lefebvre. “Perché questa messa veicola la vita spirituale, il sacerdozio e la Chiesa stessa in modo incompatibile a quello della messa di oggi di Paolo VI. Questa messa è la continuazione nella storia della battaglia di Nostro Signore. Sulla croce e con la passione Egli sconfigge per sempre il Demonio ed il peccato indicandoci quale sia la direzione che dobbiamo seguire. Ed i secoli di vita della Chiesa non sono altro che la continuazione di quella lotta, di quella battaglia. Che continua solo con questa messa mediante la quale Nostro Signore rende presente ed attualizza la Croce, la redenzione, la necessità della espiazione e della riparazione al peccato. E’ Dio che si offre sulla Croce: è un sacrifico infinito che si offre a noi che stiamo entrando in questo momento nella storia e che cozza contro la concezione del cristianesimo per cui siamo tutti salvi e non c’è più bisogno di lottare. Questo è il punto”.
Continua: “E'’ lo stesso discorso di Lutero, di cinque secoli fa, celebrato come il campione della riforma cristiana colui che avrebbe ristabilito l’ordine contro la corruzione della chiesa. Lutero odia la messa. La considera una bestemmia perché impone la lotta, la stessa lotta di nostro signore di duemila anni fa. Questa messa chiede al vero cristiano di portare la sua parte di croce durante la settimana, nella nostra vita quotidiana. Non vi scoraggiate: questa messa non può sparire dalla faccia della Terra, arriverà alla fine dei tempi, fa parte delle promesse di Nostro Signore che non ci potranno mai mancare ai fedeli che lo cercano e vogliono seguirlo per disprezzare il mondo e per partecipare con Lui alla sua Vittoria. L’inganno e l’astuzia del Demonio è stata quella di far credere che possa esserci cristianesimo senza la croce. Ma la Croce è la nostra corda a cui aggrapparci contro il demonio, come Maria che si è aggrappata alla Croce del Figlio. Questa messa è come quella perla preziosa per acquistare la quale un uomo vende tutti i suoi averi. Perché è tanto preziosa? Perché tramite questa messa, la sua comunione ed il suo sacrificio noi riceviamo un annuncio, una primizia del paradiso. In una Chiesa che ha il patema di trovare nuove vie di evangelizzazione noi diciamo che la unica e vera via di evangelizzazione, da due millenni, è solo questa messa”.