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Cronaca

Il cardinal Comastri incentra su Benedetta l'omelia della messa nella basilica di San Pietro

Da sempre grande sostenitore della santità di Benedetta, il card. Angelo Comastri, in diretta su Tv2000, ha ripercorso la difficile esistenza della beata dovadolese, fino all’autodiagnosi della malattia che la condusse alla morte il 23 gennaio 1964

Il cardinal Comastri incentra su Benedetta Bianchi Porro l’omelia della messa di domenica, celebrata nella basilica di San Pietro a Roma e trasmessa su Tv2000. “La vita della giovane dovadolese, divenuta beata il 14 settembre scorso a Forlì, è il miglior commento al Vangelo di oggi, imperniato sulla guarigione del cieco nato”. Da sempre grande sostenitore della santità di Benedetta, Angelo Comastri ha ripercorso la difficile esistenza della beata, fino all’autodiagnosi della terribile malattia, neurofibromatosi, che la condusse alla morte ad appena 27 anni, il 23 gennaio 1964.

“All’età di 26 anni – continua il celebrante – Benedetta viene operata per la seconda volta alla testa, per asportare una significativa presenza tumorale. Il 28 gennaio 1963, il giorno dopo l’intervento, mentre viene celebrata la messa nella sua camera, i suoi occhi si arrossano e diventa cieca per sempre”. Si era preparata a questo drammatico momento imparando in tempo l’alfabeto muto ,usando le mani e parlando con la madre. “Nel giorno della cecità permanente, sul suo volto tutti notarono i segni di una lotta interiore. Poi si rasserenò e lo rimarrà fino all’ultimo giorno”. L’ultima sua parola è stato un grazie per la vita, per quella vita. “Nella tristezza della mia sordità e nel buio della mia cecità – scrive Benedetta alla compagna di studi Franci – cerco di essere serena e di far fiorire il mio dolore in opere di carità. Mi preoccupo degli altri e trovo la pace: ho deciso di abitare negli altri”.

In un’altra lettera: “Natalino, la vita è una passerella: non costruire la casa su una passerella”. Ad Anna: “Sono cambiata, ho Dio con me, come sto bene”. “Benedetta era cieca negli occhi di carne – continua il card. Comastri - ma aveva una vista profonda nel cuore”. E’ il messaggio del vangelo di oggi: non si può comprendere il linguaggio di Cristo, se prima non si rinuncia al proprio orgoglio. L’uomo vede e giudica i fatti e le persone condizionato dall’orientamento del proprio cuore. Se un orgoglioso vede ovunque occasioni di polemica, un umile nella stessa situazione si atteggia con pazienza.

“L’orientamento del cuore ci condiziona anche nei confronti di Dio: se agiamo con orgoglio saremo sempre in polemica con lui”. Comastri ricorda l’aneddoto occorso nel 1892 al grande scrittore francese Emile Zola, che pur avendo assistito ad una guarigione prodigiosa mentre era al santuario di Lourdes, offre del denaro alla miracolata perché dicesse che non era malata. “Anche nel Vangelo di oggi, l’orgoglio dei farisei non consente di vedere la verità. E il cieco guarito, la prima cosa che vede è la cattiveria degli uomini. Signore – conclude Comastri - dona anche a noi questa fede umile e vera e aiutaci a riconoscerti in tutte le situazioni attraverso le quali tu ci parli e ci educhi ogni giorno, anche attraverso l’epidemia da Coronavirus, che è stata scatenata dalla nostra stoltezza. Aprici gli occhi, Signore, affinché capiamo la lezione”. 

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