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Cronaca

Il Carmine ripristina la festa di Sant’Antonio Abate

“Faremo questo – dichiara lo stesso don Enrico - nello spirito dell’Enciclica ‘Laudato sì’ di Papa Francesco sulla cura del Creato, per cui ci sentiamo solidali con tutte le creature”.

La Chiesa del Carmine rispolvera la festa di Sant’Antonio Abate. Domenica alle 10.45 circa, al termine della santa messa delle 10 presieduta da don Enrico Casadio, parroco-abate di San Mercuriale ma anche rettore dell’antichissimo centro di culto di corso Mazzini, si riprende la consuetudine di benedire il pane e gli animali per intercessione di Sant’Antonio Abate, secondo la trazione consolidata della gente di Romagna. “Faremo questo – dichiara lo stesso don Enrico - nello spirito dell’Enciclica ‘Laudato sì’ di Papa Francesco sulla cura del Creato, per cui ci sentiamo solidali con tutte le creature”.

Se il pane, archetipo alimentare dell’umanità, sarà benedetto all’interno della chiesa, per l’aspersione degli animali verrà utilizzato il sagrato esterno su corso Mazzini, in grande spolvero dopo la pulizia radicale delle aiuole laterali disposta l’estate scorsa dallo stesso don Enrico, grazie anche al contributo di due coppie di sposi. A Forlì l’epicentro del culto di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali domestici, la cui festa di celebra il 17 gennaio, rimane la chiesa omonima di corso Diaz. E’ una devozione ancora molto sentita in Romagna e ha lasciato dei segni anche nelle tradizioni popolari. In molte parrocchie, soprattutto quelle di campagna, anche se sono vuote le stalle, che una volta venivano benedette proprio in questa occasione, si continua a celebrare la festa del patrono degli animali e a distribuire il pane benedetto. Il Santo è raffigurato solitamente con a fianco un maialino.

L’origine storica di questa immagine ha più ragioni: il maiale starebbe ad indicare il demonio tentatore vinto dalla fede del Santo, ma anche la cura dell’herpes zoster (detto anche fuoco di Sant’Antonio) con il grasso di maiale. Per questo, in alcune zone d’Italia la sera del 17 gennaio si accendono fuochi, come si usa a Forlì per la festa della Madonna del Fuoco e di San Giuseppe. Durante la festa si benedice il pane che viene mangiato sia dalle persone che dagli animali, che vengono anch’essi benedetti. Una tradizione popolare afferma che il 17 gennaio gli animali acquistano la capacità di parlare e le persone devono tenersi lontano da loro, perché è considerato di cattivo auspicio sentirli conversare. Vi sono anche proverbi e detti legati alla festa del patrono degli animali come “Sant’Antonio dalla barba bianca se la neve non c’è poco ci manca” e anche “San Lorenzo gran calura Sant’Antonio gran freddura”.

Antonio nacque verso il 250 in Egitto e verso i 20 anni rimase orfano dei genitori. Sentì sua la chiamata di Gesù al giovane ricco “Va’, vendi ciò che hai, poi vieni e seguimi” e scelse di vivere, sull’esempio di alcuni anacoreti che dimoravano nei dintorni dei villaggi egiziani, prima in una tomba poi in una fortezza abbandonata sul monte Pispir. Si formò presto attorno a lui una comunità di monaci e nel 311 Antonio non esitò a lasciare il suo eremo per combattere l’eresia ariana e sostenere i cristiani perseguitati dagli imperatori romani. Visse nella Tebaide egiziana fino all’ultimo dei suoi giorni e morì a 106 anni, il 17 gennaio del 356.

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