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Cronaca

Il dramma di Willy, il pensiero di Edoardo Russo: "L’educazione si gioca nei gesti più comuni"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di ForlìToday

"Ci sono mani che accarezzano, sollevano, difendono, abbracciano, sostengono. Ci sono mani che strattonano, giudicano, discriminano, violentano, uccidono. L’episodio drammatico che ha portato alla morte il giovane Willy è questione di mani: le sue, che cercano di salvare, di rappacificare, di risolvere un litigio, e altre, che afferrano e tolgono la vita. Noi siamo le nostre mani: meno si abituano ad aprirsi e a stringere altre mani e più si chiudono a riccio, moltiplicando disumanità e violenza. L’educazione non passa attraverso grandi rivoluzioni o astratti proclami: si gioca nei gesti più comuni, quelli che troppo spesso riteniamo periferici, secondari, come le movenze delle nostre mani, che possono invece salvare o uccidere. Educare è riabilitare le mani a riconoscere la dignità dell’altro, la ricchezza della sua differenza; significa allenarle ad una forza che non sta nell’arroganza, ma nel coraggio di prendersi cura dell’altro.

Sarebbe un fallimento non lasciarsi toccare dalla morte di Willy! Mettiamo anche noi le mani nel dramma terribile che è accaduto, chiedendoci con onestà se abbiamo il coraggio di denunciare a viso aperto, al di là di ogni colore politico, quei piccoli continui atteggiamenti quotidiani che incitano all’odio, alla discriminazione, alla sottomissione, come se tutto questo fosse tremendamente normale. Domandiamoci se le nostre comunità sono davvero luoghi in cui imparare la saggezza dell’abbraccio e non covi solitari in cui cresce l’abitudine all’aggressione e al risentimento.

Noi siamo le nostre mani. In quella rissa c’erano tante mani, tutte uguali, tutte umane, eppure così diverse. La differenza sta in ciò che ha indotto Willy a riattraversare la strada, per andare in soccorso all’amico in difficoltà. Ciascuno chiamerà questa spinta in modo diverso, ma è proprio questa differenza umana che è necessario innescare, animare, dischiudere negli anfratti più difficili e delicati delle giovani generazioni. Lo dobbiamo a Willy, alla sua famiglia. Lo dobbiamo ai giovani che verranno, perché abbiano il coraggio di mani che sappiano curare, generare vita, anche quando tutto questo può dare fastidio, fino a pagare di persona. Noi siamo le nostre mani, in bene o in male, nella speranza che anche chi le ha usate per uccidere possa, un giorno, ritornare sui propri passi, o meglio sui passi di Willy, per riattraversare quella medesima strada. Questa volta, però, come ha fatto lui.

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