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Cronaca

La rinascita dopo il tumore: da Forlì alle Paralimpiadi di Tokyo 2020. La storia di Daniele  

Daniele Nasole ha 35 anni e vuole partecipare alla Paralimpiadi di Tokyo 2020. Lo vuole fare pochi anni dopo avere sconfitto un raro tumore

Una storia di rinascita, coraggio, determinazione. Una di quelle storie che scaldano il cuore. Daniele Nasole ha 35 anni e vuole partecipare alla Paralimpiadi di Tokyo 2020. Lo vuole fare pochi anni dopo avere sconfitto un raro tumore che, in qualche modo, gli ha dato una “consapevolezza diversa della vita”. Daniele è un ex sottufficiale sommergibilista di Marina, originario di Taranto, appassionato da sempre di canoa. Oggi si allena a Forlì, a Cala Foma, con il Canoa Club Ferrara e sogna in grande. Perché dopo avere sconfitto la malattia, cambiano le prospettive e arriva una “nuova occasione di vita da sfruttare al massimo”.  

Daniele da quando abita a Forlì e come ci è arrivato?

"Da ormai due anni, sono arrivato nel febbraio 2017. Ero sottoufficiale infermiere in Marina. Dalla mia città, Taranto, ero stato traferito in Liguria, ma, in seguito alla malattia, ho perso l'idoneità e sono stato transitato all’impiego civile. Ho amici tarantini che vivono qui vicino, così ho chiesto al Ministero il trasferimento in Romagna. Qui vivo con la mia compagna ed i nostri due cani, diventati ‘famosi’ perché sono stati i primi ad entrare in ospedale quando ero ricoverato a Sestri".
 
Come è nata la sua passione per la canoa?

"Sono canoista dal 1996: i miei cugini avevano provato questo sport e, intorno ai 13 anni mi hanno convinto a cimentarmi. Da lì ho cominciato a pagaiare e nel 1997 ho partecipato alla prima gara. Ho interrotto nel 2014 quando mi sono trasferito a Chiavari. Sino al 2002 ho fatto velocità, poi sono passato alla canoa polo, più fattibile per una questione di tempo e clima, quando sono entrato nelle forze armate". 
 
Quali sono stati i primi traguardi sportivi?

"Quando facevo velocità ho partecipato ai campionati regionali poi con la canoa polo abbiamo giocato in serie A1 e tantissimi anni in serie B"
 
Ci raccontaci come ha scoperto la malattia.

"L’ho scoperta fortuitamente. Nel novembre 2014 a Chiavari c'è stata l'alluvione, la caserma era allagata e lavorammo 40 giorni tra fango e detriti. In questa occasione ho iniziato ad avere i primi dolori di lombosciatalgia che ho immaginato fossero dovuti alla fatica fisica. L’infiammazione ei dolori però tornavano e si pensava ad un’ernia: erano fortissimi e nessuna terapia funzionava. Poi la febbre ed un bozzo vicino allo sterno mi hanno portato al ricovero ad ottobre 2015. La tac ha rivelato un carcinoma germinale con metastasi ossee, un tumore raro, partito dal testicolo". 

Cosa hai provato?

"Mi sono sentito svuotato, hai qualcosa che non conosci dentro di te. Mi è crollato addosso tutto, tutti progetti che avevo fatto. Avevo 32 anni". 

A quel punto avete dovuto agire in fretta. Quali sono stati primi passi?

"Ho avuto la fortuna di avere come angeli custodi il primario del reparto e l’anatomo patologa che mi hanno raccomandato al primario di chirurgia oncologica del Galeazzi di Milano. Qui sono stato urgentemente sottoposto ad un intervento di stabilizzazione lombosacrale, perchè rischiavo di perdere la gamba destra. Dopo ho affrontato la chemioterapia a Genova".

Quando ha capito di avere vinto contro la malattia?

"Con l’esito positivo della PET finale nel 2016: era tutto pulito". 
 
Ha affrontato questo momento con una forza immensa, cosa l'ha aiutata?

"Ho scoperto la pazienza nel restare allettato per quasi un mese ed ho raggiunto una consapevolezza diversa della vita e di quello che sono io. E’ come una nuova occasione di vita da sfruttare al massimo". 
 
E’ stata dura riprendere gli allenamenti?

"Fisicamente sì, con la testa ero già oltre. L'allenatore mi diceva di andare con calma, ma io volevo giá partire forte. Appena ho cominciato a stare meglio, siccome fermo non so stare, ho iniziato a nuotare un po'. Ma avendo sempre fatto sport agonistico, una volta arrivato a Forlì, mi sono sentito di voler intraprendere un’avventura paralimpica e mi sono documentato smuovendo mezzo mondo. Avevo questo fuoco dentro".
 
I risultati ottenuti sono stati ottimi, ma lei non si accontenta giustamente. Prossimo obiettivo?

"Ho ricominciato con la paracanoa ed ho partecipato ai campionati italiani di velocità, l'anno scorso a settembre, ottenendo il quinto posto sui 200 metri a 8" dal campione italiano, quasi senza preparazione. A fine settembre ho vinto il bronzo nel campionato italiano di discesa a Mestre: non ce lo aspettavamo. Ora voglio sognare in grande e partecipare alle paralimpiadi di Tokyo nel settembre 2020".

E' stato ospite all’Irst di Meldola per presentare un progetto di raccolta fondi, di cosa si tratta?

"Per sostenere i grandi investimenti che servono per sostenere il mio sogno ho realizzato un crowfounding che sta andando molto bene e che anche lo Ior sostiene. 

Cosa serve per poter combattere contro una malattia grave, al di là della medicina?

"Non serve abbattersi, la lotta premia a prescindere da come finirà. Bisogna cercare di essere sereni e positivi, perché è inutile piangersi addosso e chiedersi “perché a me?”.

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