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Cronaca Meldola

Il Consiglio di Stato: "90 giorni per finire la pratica urbanistica iniziata 24 anni fa, o arriva un commissario"

Lo scorso 8 giugno il massimo tribunale amministrativo ha imposto un termine di 90 giorni al Comune di Meldola per completare l'iter della pratica urbanistica, altrimenti procederà in sostituzione del comune di Meldola

Nuova sentenza del Consiglio di Stato sull'annosa vicenda urbanistica relativa ad un centro commerciale alle porte di Meldola, alll'ex consorzio, un iter che ha avuto il suo inizio nel 1997, vale a dire 24 anni fa, e mai realizzato per un lungo contenzioso. Lo scorso 8 giugno il massimo tribunale amministrativo ha imposto un termine di 90 giorni al Comune di Meldola per completare l'iter della pratica urbanistica, altrimenti procederà in sostituzione del comune di Meldola con la nomina di un "commissario ad acta", cioè finalizzato a completrare gli atti, nominato dal tribunale nella figura del direttore del Dipartimento di Ingegneria civile dell'Università di Bologna o un suo delegato. Fa sapere di questa "nuova puntata" il soggetto proprietario dell'immobile, la società Cerit (Capper no): "In data 25 gennaio 2021, quindi solo a poche ore dalla scadenza dei 90 giorni di tempo concessi dalla sentenza stessa, il Comune di Meldola aveva presentato alla Provincia di Forlì-Cesena formale richiesta di convocazione di Conferenza dei Servizi per l'esame della proposta d'insediamento del Centro Commerciale. In sostanza, avvalendosi di una interpretazione quantomeno particolare, per non dire assolutamente soggettiva, contro cui ha fatto immediato ricorso la Società proprietaria dell'ex Consorzio", il Comune ha avviato l'iter urbanistico e non lo ha completato come era precedentemente richiesto dal Consiglio di Stato. Per cui arriva il termine più perentorio di altri 90 giorni.

Il centro commerciale mai nato e il contenzioso giudiziario

Nella sentenze precedenti si rievoca il complesso iter burocratico della vicenda urbanistica, partita dall'acquisto in un'asta pubblica dell'immobile nel 1997, che divenne successivamente e nello stesso anno oggetto di condono, con una sanatoria di 3.500 metri quadri che ha sanato il cambio di destinazione d'uso da industriale-artigianale a commerciale. Lo stop al progetto, però, è arrivato nel 2003, quando la Provincia di Forlì-Cesena ha comunicato l'esito negativo della valutazione della conferenza dei servizi che doveva valutare se l'area poteva essere una medio-grande struttura di vendita. Da qui è nato il lungo contenzioso giudiziario contro Provincia e Comune di Meldola prima al Tar dell'Emilia-Romagna e poi al Consiglio di Stato. Cerit ha perso il primo grado, ma vinto nel 2018 in Consiglio di Stato, che ha annullato gli atti impugnati e costretto a riconvocare la conferenza dei servizi per rivalutare la pratica.

Il colpo di scena, in quest'annosa vicenda, arriva l'8 luglio 2019, quando – poco più di un mese dopo l'insediamento di Roberto Cavallucci a primo cittadino di Meldola - viene emesso dal Comune di Meldola l'annullamento della concessione in sanatoria del 1997. “Tale annullamento è stato disposto in quanto, secondo l'amministrazione, il condono sarebbe stato rilasciato all'esito di una dichiarazione sostitutiva falsa resa dall'amministratore della sociale”, dice testualmente la sentenza del Consiglio di Stato. Tale concessione è “il presupposto di fatto per la realizzazione del progetto, il ché ha di fatto precluso qualsiasi ulteriore svolgimento dell'attività esecutiva”, sempre la sentenza.  Con la sentenza dell'ottobre 2020 il Consiglio di Stato ha imposto l'alt al Comune di Meldola. Infatti, nella sentenza si legge che “il provvedimento di annullamento del condono deve ritenersi nullo per elusione del giudicato”. Questa la spiegazione: “L'effetto confermativo della sentenza (del 2018, ndr) era chiaro: rinnovare l'istruttoria in sede di conferenza dei servizi alla luce delle prescrizioni normative così come interpretate dal Consiglio di Stato. L'amministrazione invece di provvedere in questo senso ha indirizzato l'attività amministrativa verso gli atti preposti al fine di ricercare eventuali illegittimità. Dal complesso dell’attività svolta risulta come questo atto di autotutela abbia avuto una finalità elusiva del giudicato”. 

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