rotate-mobile
Il progetto / Castrocaro Terme e Terra del Sole

La sopravvissuta Micaela Coletti racconta il dramma del Vajont agli studenti: "Un incubo che dura da 60 anni"

"Tuttora non riesco a fare un bagno in mare o bere un bicchiere d'acqua tutto di un fiato", la testimonianza

“Come è possibile che dopo 60 anni io non abbia la libertà di bere un semplice bicchiere di acqua tutto d’un fiato, ma sia costretta a farlo solo a piccoli sorsi?” Queste alcune delle parole che maggiormente sono rimaste impresse nella mente dei ragazzi delle classi IIIA, IIIB e IIIC della scuola secondaria di I grado ‘Dante Alighieri’ di Castrocaro Terme che sabato hanno incontrato nel salone comunale della cittadina termale, insieme ad una rappresentanza di genitori, Micaela Coletti, sopravvissuta alla tragedia del Vajont sulle Alpi bellunesi tra il Salta e il Toc.

“Era la sera del 9 ottobre 1963 - dice Micaela -. Io avevo dodici anni e come sempre ero sveglia nel mio letto aspettando il bacio della buonanotte di mamma; da qualche giorno sentivo i miei genitori discutere sull’eventualità di portare me ed i miei fratelli a Belluno e sinceramente non ne capivo il motivo. All’improvviso ho sentito un rumore metallico molto forte che si avvicinava, mia nonna è entrata di corsa nella stanza e ha chiuso la finestra esclamando: ‘sta arrivando un forte temporale!’, sono state le sue ultime parole. Senza accorgermene mi sono ritrovata come prigioniera all’interno del mio letto che si era piegato in due, ebbi la sensazione di essere risucchiata da un enorme buco nero, mi sembrava di non avere più il viso, gli occhi, mi sono messa le mani sulla faccia e questo gesto mi ha salvato, perché si è creata una bolla d’aria che mi ha permesso di respirare. Ero sotto terra e dopo un volo a parabola, a trecento metri di distanza dalla mia casa, emergevano solo una mano e un piede. Non ricordo quanto tempo dopo mi sono sentita afferrata da due mani, era un vigile del fuoco che esclamò: ‘Abbiamo trovato un’altra vecchia’, mi caricò sulle spalle, vedevo solo la luna, mi sembrava enorme e mi pareva di poterla toccare semplicemente allungando una mano".

"Fui portata all’ospedale di Pieve di Cadore - prosegue il ricordo e là rimasi tre mesi, senza che nessuno si preoccupasse di venirmi a dire che avevo perso mia madre, mio padre, mia nonna e una sorella, non ricordo quasi nulla di quei momenti. Per 60 anni ho sperato che qualcuno venisse a svegliarmi da questo incubo. Tuttora non riesco a fare un bagno in mare, a dormire con le finestre chiuse anche in pieno inverno e per non più di quattro ore per notte, a non alzarmi precipitosamente e vestirmi ogni volta che di notte scoppia un temporale, a sedermi in un luogo se non ho le spalle coperte dal muro, desidererei tanto vivere in una casa con il tetto in vetro, per controllare tutto ciò che avviene fuori". La testimonianza di Micaela, sollecitata dalle domande degli alunni, è stata preceduta dal racconto della tragedia del Vajont da parte del ricercatore Francesco Martini che da ormai un decennio si occupa appunto di trovare una verità scomoda, molto spesso nascosta, su una delle più grandi tragedie mondiali causate dall’incuria dell’uomo e dal mancato rispetto per la natura ed i suoi equilibri.

Il progetto

L’evento è stato una delle tappe fondamentali del progetto scolastico interdisciplinare ‘La banca dell’acqua: tra luci e ombre’ nel corso del quale i ragazzi delle classi terze stanno portando avanti un percorso di studio sull’acqua, le dighe e i laghi generati, ma anche sul risparmio idrico e l’educazione alla cittadinanza attiva. Tra i mesi di marzo e maggio i ragazzi visiteranno la diga di Ridracoli nel forlivese, quella di Mercatale in provincia di Pesaro-Urbino e quella di Monte Doglio in provincia di Arezzo. Infine saranno accompagnati al Vajont da Francesco e Micaela sul percorso della memoria che partirà dal cimitero di Fortogna (Longarone) in cui sono sepolte parte delle duemila vittime e che proseguirà poi in diga, sulla frana, a Erto, Casso e infine a Longarone, il paese più colpito dalla catastrofe. Come ha sottolineato il dirigente Antonio Citro, "la finalità principale di questo progetto non è quella di trasmettere un semplice bagaglio di conoscenze sull’argomento, ma far comprendere ai ragazzi che dalla mano dell’uomo possono dipendere tragedie di inimmaginabili proporzioni, che, come questa, sono state costruite giorno dopo giorno da una serie di scelte sbagliate. E’ quindi necessario che i quattordicenni di oggi, fra qualche anno nel mondo del lavoro, comprendano che le loro decisioni possono influire sul destino e la vita di altre persone qualunque professione o incarico andranno a svolgere". L’incontro, presenziato interamente anche dal sindaco Francesco Billi, si è concluso con l’abbraccio affettuoso e di riconoscenza a Micaela che ha scelto Castrocaro Terme e Terra del Sole per festeggiare il suo compleanno, proprio lei ha concluso dicendo: "Il 9 ottobre del 1963 è come se la vita si fosse fermata ed io rivedo in Voi quello che avrei potuto essere e non sono stata. Incontrarvi mi dà la forza per andare avanti, amate i vostri genitori e lottate sempre perché il mondo sia più giusto, tutto dipenderà dalle Vostre scelte, piccole o grandi che siano, grazie ragazzi".

La sopravvissuta del Vajont Micaela Coletti incontra la scuola-6

La sopravvissuta durante il ricovero

La sopravvissuta del Vajont Micaela Coletti incontra la scuola-2

Nella foto Micaela durante l'incontro

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

La sopravvissuta Micaela Coletti racconta il dramma del Vajont agli studenti: "Un incubo che dura da 60 anni"

ForlìToday è in caricamento