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Cronaca

La straordinaria amicizia fra Mancini e Vialli nel racconto del forlivese Giovanni Milanesi

Negli occhi dell’ex calciatore, oggi apprezzato tecnico comunale, brilla lo slancio del Mancio nei confronti di Gianluca dopo ogni vittoria della Nazionale italiana all’Europeo. “La straordinaria amicizia che ancora lega i due campioni, è un esempio per tutti”

La grande festa popolare legata alle gesta della Nazionale italiana di calcio, in procinto di affrontare l’Inghilterra nella finalissima degli Europei 2020 in programma a Londra, porta con sé anche profondi risvolti umani. Come l’inossidabile amicizia fra Roberto Mancini e Gianluca Vialli, rispettivamente commissario tecnico e dirigente accompagnatore della Nazionale. Il grande abbraccio del “Mancio” a Gianluca, al termine della vittoriosa partita contro la Spagna, ma ancor prima contro Belgio ed Austria, rimarrà scolpito negli occhi di milioni di italiani. A Forlì vive e opera Giovanni Milanesi, oggi apprezzato tecnico comunale, ma in gioventù compartecipe di una delle “favole” più avvincenti della storia calcistica italiana: la Sampdoria vincente dei “gemelli del gol”. “Ho avuto la fortuna di giocare con i due campioni – racconta Milanesi – fra il 1983 e il 1985, gli anni in cui la Samp ‘faceva le prove’ per il grande exploit del 1991, quando vinse lo scudetto. Ho cominciato negli esordienti di una piccola società, fino a passare nel settore giovanile del Forlì Calcio e fare tutta la trafila verso la prima squadra”. Arriva l'esordio nella vecchia C1 e Milanesi è notato da Paolo Borea, direttore sportivo della Sampdoria, che va dal mitico “Vulcano” Bianchi e gli comunica la volontà di portare nella Primavera blucerchiata quella promessa 17enne. Luglio 1983: al suo arrivo a Genova, Giovanni si ritrova sotto la sede societaria al fianco di giocatori del calibro di Brady, Francis e Scanziani. “Più che altro mi emozionò il saluto e l’incoraggiamento di un certo Marcello Lippi, il ‘mister’ della Primavera”. Nel gruppo ci sono altri nomi altisonanti, come Ganz, Zanutta, Buda, Gambaro, senza dimenticare Stefano Del Piero. “Sì, proprio il fratello maggiore del grande Alex, che ha fatto la storia della Juventus e del calcio italiano. Con lui instaurai un rapporto bellissimo”. Il sabato Giovanni si allena e gioca con la Primavera, mentre la domenica va in tribuna, oppure in panchina con la prima squadra. Gli allenamenti del giovedì erano unificati. Milanesi è impressionato dalla levatura umana e calcistica di Roberto Mancini, già uomo squadra e allenatore in campo nonostante la giovane età.

A dir poco esilaranti gli scherzi ai compagni escogitati prima di ogni allenamento dalla “stella” jesina in coppia con Vialli, già amici per la pelle: “Facevano sempre a gara a chi pesava meno, senza dimenticare la parodia al rallentatore del film Rocky, con il Mancio che simulava il gancio distruttore al viso dell’avversario e Vialli che cadeva lentamente al tappeto, in una risata collettiva che spesso coinvolgeva anche gli allenatori”. La domenica pomeriggio, al termine della partita, spesso Milanesi rientrava a Forlì in auto con Mancini, che poi proseguiva con la sua Lancia “Thema” Ferrari fino a Jesi. Il martedì mattina ripassava a prendere il compagno al casello di Forlì. Giovanni colleziona diverse panchine in serie A senza mai scendere in campo, mentre vanta un paio di presenze pesanti in Coppa Italia (“a Lecce entrai al posto di Evaristo Beccalossi”), contribuendo concretamente alla conquista del prestigioso trofeo da parte della Sampdoria nella stagione 1984-1985. Il 31 ottobre 1983 è in programma Juventus Sampdoria di campionato e Milanesi è in panchina: Mancini gioca una partita pazzesca, contribuendo alla vittoria della Samp in casa della Juve, che poi vincerà il campionato. Giovanni riporta un altro episodio della grande intesa fra Mancini e Vialli: nell’estate 1983, la squadra è in ritiro a Pavullo sul Frignano, nel modenese e fa un gran caldo. I “gemelli del gol” senza preavviso, né indugio spostano i materassi sul terrazzo e dormono per tutto il periodo all’esterno. Nel 1985 Giovanni Milanesi è al Bologna in serie B alla corte di Carletto Mazzone. Nel 1986-1987 ritorna a Forlì in C2, ma il ginocchio fa “crack” e decide di smettere. Ha molti rimpianti, ma la vita va avanti e Giovanni, che è anche chitarrista e cantante, si guadagna pure una laurea in archeologia. “So che il Mancio non ha mai fatto mancare il suo sostegno a Gianluca, nemmeno nella difficile prova della malattia. La straordinaria amicizia che ancora lega i due campioni, miei compagni alla Sampdoria, è un esempio per tutti”.

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