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Cronaca

La vita ai tempi del Coronavirus - "Io ho deciso di scegliere le parole: non è una guerra, ma una sfida"

"Ho sostituito la parola “combattere” con IMPEGNARSI perché ognuno può decidere di fare la sua parte, nel suo piccolo. Decido di non chiamarla “guerra” perché se continuiamo a considerarla tale ci troveremo con l’esercito per strada"

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L’importanza delle parole.
Mai come in questi giorni mi sono resa conta di quanto le parole che usiamo siano importanti. Siamo bombardati da centinaia di notizie ogni giorno, alla televisione, sul cellulare nelle chat delle scuole, durante le chiamate ai nostri familiari e amici, scambiando due chiacchiere con i vicini, tra le mura di casa quando a tavola parliamo di ciò che sta succedendo al mondo intero, in fila mentre aspettiamo composti e in silenzio di entrare nei negozi a far la spesa. Mi sono accorta che ho più tempo per fare tante cose, ma la cosa che più mi ha stupito è che ho il tempo per ascoltare, sembra incredibile, ma in effetti prima era tutto più veloce, concentrato, organizzato, senza respiro e il pensiero più ricorrente era “non riesco, non ho capito, non ho tempo, neppure di respirare”. 

E proprio ascoltando (me e gli altri) ho capito quanto le parole possono essere importanti ora più che mai per il nostro presente, ma soprattutto per il nostro futuro. Si parla di guerra, nemici, eroi, sacrificio, prima linea, sconfiggere, ma sono tutti termini che non fanno altro che aumentare la percezione di pericolo e la risposta che ognuno di noi mette in atto per difendersi. Si parla di complotti, schieramenti, di stare con o contro qualcosa o qualcuno, di scelte giuste o sbagliate, di tempestività o di ritardi nell’agire. Viviamo in un costante dualismo che continua a tenerci dentro al meccanismo attacco o fuga. Come tanti, anche io ho sperimentato, e sperimento tutt’ora la paura, l’incertezza, la difficoltà nello stare in una situazione con non controllo e che potrebbe cambiare da un momento all’altro e proprio per questo ho fatto una scelta. Ho deciso di usare le parole giuste, che mi fanno pensare al futuro che vorrei per me, per mia figlia, per la mia famiglia. 

Ho sostituito la parola “combattere” con IMPEGNARSI perché ognuno può decidere di fare la sua parte, nel suo piccolo. Decido di non chiamarla “guerra” perché se continuiamo a considerarla tale ci troveremo con l’esercito per strada e non dovremmo neppure stupircene. Quella che stiamo vivendo è una SFIDA alle nostre abitudini, ai sistemi, alle nostre convinzioni. La guerra è dentro di noi se continuiamo a vivere nella paura e facciamo resistenza a quello che ci sta accadendo.

Non voglio pensare ai medici, infermieri e tutti coloro che stanno prestando il loro lavoro, il loro tempo, le loro competenze, il loro impegno per vincere questa sfida a degli eroi perché gli eroi nelle guerre spesso muoiono sul campo, ma a professionisti che credono in quello che fanno e per i quali la salute e la cura dei pazienti viene prima di tutto ma per ogni giorno dell’anno, non solo in questo momento particolare.
L’effetto di parole di guerra è percepibile nell’aria. Le persone sono arrabbiate, alcune sono al limite, basta poco per creare discussioni, conflitti. Ci guardiamo l’un altro con paura e distacco, cercando di capire se l’altro è infetto o meno, e se lo fossimo noi!!! Questa crisi è una delle più forti e coinvolgenti (nel senso che tocca tutto il mondo) dal dopoguerra. Una crisi di questo tipo fa cadere ogni certezza e già questo ci fa sentire minacciati e in pericolo perché le nostre abitudini sono saltate e la libertà è costretta nelle quattro mura di casa, il balcone e un pezzo di giardino se si è fortunati. In molti pensiamo di essere in prigione come se in una cella ci fossero tutte le comodità di una casa.

Così mi fermo e penso “è questo il mondo che voglio dopo, è questo il mondo che voglio condividere con la mia famiglia, quello che voglio lasciare a mia figlia?”- No affatto tutto questo non mi piace e così lascio andare e scelgo una storia diversa, cambiando visione e scegliendo le parole che mi fanno stare bene e avere fiducia che VA TUTTO BENE.
Un grazie a Silvia Ancordi


Francesca Topi


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