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Cronaca

Laura Ban e a Mara Zambelli Saralvo raccontano la Forlì ebraica agli studenti del Marconi

Le due ospiti hanno narrato ai ragazzi la crudeltà delle leggi razziali e dell'odio antisemita, invitando i giovani a non dimenticare

La Forlì ebraica è tornata a rivivere in una grigia e nebbiosa mattina di gennaio. Lo ha fatto grazie a Laura Ban e a Mara Zambelli Saralvo, custodi di memorie familiari che non debbono essere perdute. Per questo, venerdì 22 gennaio si sono recate all’Istituto Tecnico Tecnologico “Marconi” per incontrare un gruppo di studenti in un'aula magna semivuota a causa delle restrizioni anti Covid, mentre molti altri ragazzi erano in collegamento online da remoto.

Un silenzio quasi irreale per un ambiente scolastico ha accompagnato le parole delle due relatrici, capaci di suscitare emozioni, sollevare quesiti e fornire consigli per il futuro. A fare gli onori di casa è stata la Dirigente scolastica Iris Tognon, che ha rivolto un caloroso saluto e un sentito ringraziamento a Ban e Saralvo. Poi ha preso la parola il prof. Maurizio Gioiello, che ha brevemente illustrato, documenti d'archivio alla mano, la storia, a partire dal 1400 per arrivare al 1945, degli ebrei forlivesi. 

Al termine dell’esposizione, Laura Ban ha raccontato le drammatiche vicende del padre, Giorgio Ban, medico odontoiatra di origine ungherese ma trapiantato in Italia fin dal 1925. Dopo la laurea conseguita a Padova, giunse a Forlì il 27 ottobre 1936, a 29 anni, grazie a Geza Molnar, un altro medico ebreo ungherese che da tempo lavorava in città, che lo aiutò ad aprire uno studio dentistico. Presto si innamorò, ricambiato, di Anna Maria Cicognani, figlia del proprietario dell'immobile preso in affitto da Ban. I due si sposarono e dalla loro unione nacquero Laura (nel 1940) e un anno più tardi Stefano. Con le leggi razziali del 1938, però, per Giorgio la vita si era fatta sempre più difficile: non gli venne riconosciuta la cittadinanza italiana, perse il lavoro, gli vennero sequestrati i beni e alla fine fu costretto a nascondersi per non essere deportato in un campo di sterminio. A salvarlo dalla morte fu la domestica Emilia, "un’umile donnetta sempre vestita di nero, con i fini capelli bianchi raccolti a crocchia in cima alla testa – ha detto di lei Laura Ban –  che nel granaio della sua modesta casa a Forlimpopoli nascose mio padre per molti mesi, a rischio della vita". Una vicenda con lieto fine, ma in realtà il fisico del dottor Ban uscì assai provato da tali vicissitudini e a soli 44 anni, nel 1952, sarebbe poi morto a causa di un infarto.

Analogo destino ebbe anche il nonno di Mara Zambelli Saralvo, Gustavo (negli anni Trenta noto commerciante con negozio in corso Mazzini) la cui vicenda personale è stata narrata proprio dalla nipote. Anch’egli ricercato in quanto ebreo, inizialmente si nascose in una clinica privata, ma fu poi costretto ad abbandonare quel rifugio per trasferirsi a Marradi, paese natale della moglie Clara Mughini. Una delazione permise alle SS di arrestarlo, ma durante l’interrogatorio ebbe un attacco di cuore e dopo poco morì.

Sempre Mara Saralvo ha ricordato, di seguito, un episodio davvero particolare, riguardante sua madre Rossana, oggi 95enne. Per non incorrere nei rigori delle leggi razziali occorreva che i figli nati da un matrimonio misto (cioè tra un ebreo e un ariano) fossero stati battezzati prima dell'emanazione delle leggi stesse. Quindi, i genitori trovarono aiuto e collaborazione nell’arciprete di Marradi, don Montuschi, che falsificò i certificati di battesimo (anticipandone la data) sia di Rossana che del fratello maggiore Sergio, consentendo così ai due di essere considerati ariani. 

Dopo le domande dei ragazzi delle cinque classi coinvolte nell'evento (la 5a EL del prof. Roberto Valente, la 5a BMC e la 5a EG del prof. Gianluca Parisi, la 4a A Elettronica della prof.ssa Donatella Rabiti e la 3a ACH della prof.ssa Marina Rizzo) la conclusione dell’incontro è stata nuovamente affidata a Laura Ban e Mara Saralvo, che hanno invitato i ragazzi a non dimenticare quanto avvenuto perché, proprio di recente, vari episodi hanno evidenziato il pericolo concreto di una recrudescenza dell'antisemitismo in Italia, ma anche di una emarginazione simile a quella di Laura Ban, che fu  considerata apolide fino all'inizio degli anni Cinquanta.

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