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Cronaca

Liceale si gettò dal tetto della scuola, la Procura chiede condanne fino ai 6 anni per i genitori

Il processo ha visto mercoledì mattina una delle sue fasi finali (la prossima e ultima udienza sarà dedicata alle arringhe della difesa) prima della sentenza

Sei anni di carcere per il padre Roberto Raffoni e 2 anni e mezzo per Rosita Cenni: sono le pene che il sostituto procuratore di Forlì Sara Posa ha chiesto, al termine di una requisitoria finale durata quasi quattro ore, per i genitori di Rosita Raffoni, la giovane di Fratta terme che si suicidò ad appena 16 anni il 17 giugno 2014, gettandosi dal tetto del Liceo Classico 'Morgagni' di Forlì e lasciando un video girato pochi minuti prima del suo lancio mortale.

Il processo ha visto mercoledì mattina una delle sue fasi finali (la prossima e ultima udienza del 22 maggio, sarà dedicata alle arringhe della difesa) prima della sentenza. La Procura della Repubblica ha messo in fila tutti i fatti di un disagio psicologico crescente della giovane, a cui i genitori – secondo le accuse – non posero alcun tentativo di soluzione, ma anzi lo acuirono con umiliazioni, isolamento dalle coetanee, privazioni e assenza d'affetto. Fino all'ultima provocazione, la sfida fatta dal padre alla figlia di concretizzare i propositi suicidi resi noti alcuni giorni prima al termine dell'ennesima, aspra, lite. I genitori sono a processo per maltrattamenti e, solo il padre, per istigazione al suicidio.

Dramma al Liceo Classico (foto Frasca)

"Processo difficoltoso e inusuale"

Davanti alla Corte d'Assise del Tribunale di Forlì (presidente Giovanni Trerè) il procuratore reggente Filippo Santangelo in una sua breve introduzione ha parlato di “processo difficoltoso” e “non usuale”, posto su “tematiche che possono essere considerate sfuggenti” come lo possono essere i rapporti tra genitori e figli, in particolare nella loro età dell'adolescenza. “Quattro magistrati della Procura che hanno lavorato su questo caso hanno però sempre concordato che fosse necessario che questo processo si facesse”, chiosa Santangelo.

VIDEO - La Procura chiede la condanna dei genitori 

La requisitoria dell'accusa

Il pm Sara Posa ha tratteggiato la breve vita di Rosita, descritta come una studentessa modello, delle medie scolastiche altissime, intelligente. Eppure, secondo la ricostruzione dell'accusa, la sua vita in casa era un inferno, dominata da continui dinieghi, divieti, isolamento dalle amizie, mancate gratificazioni anche solo verbali, "prigioniera" e "repressa", ha spiegato Posa. Alla sua ribellione nei confronti di tutto questo, il regime famigliare, dominato dal padre, si sarebbe fatto ancora più stretto: la giovane sarebbe stata isolata anche nel contesto della famiglia al punto che, per esempio, a tavola "secondo il padre non poteva parlare con la madre, in quanto questa era prima di tutto sua moglie e poi madre di Rosita". "Il padre rinfacciava a Rosita tutti gli anni persi dietro di lei e sosteneva che nella famiglia la ragazza era un elemento di instabilità", ha spiegato il pm nella sua requisitoria.

Il pm si rende conto di camminare su un terreno scivoloso, andando a mettere il dito nell'educazione, sicuramente rigida, che vigeva in casa Raffoni, in particolare nei confronti di Rosita. Ed è per questo che, più che i singoli episodi, punta ad una sommatoria di comportamenti genitoriali ritenuti vessatori. "E' un sistema di relazione disfunzionale - lo definisce il pm Posa -. Se non accettiamo questo, non accettiamo che esista il maltrattamento psicologico e che questo reato si consumi solo se ci sono stati dei ceffoni refertati al pronto soccorso". 

Il dramma del Liceo Classico: la fiaccolata

La sfida del padre

Quindi la parte finale dell'arringa dell'accusa si è concentrata sugli ultimi giorni di vita di Rosita, ricostruiti come di forte tensione per la scoperta che la ragazza aveva sottratto un telefono in casa e che avrebbe subito la punizione di non andare in un viaggio di studio già definito, in Cina. In queste fasi la ragazza avrebbe minacciato di gettarsi dal tetto del liceo e il giorno dopo, come risposta, avrebbe visto la provocazione del padre "Non ti sei gettata dal tetto, allora?". "La ragazza a quel punto sente l'indifferenza del padre alla sua morte e Rosita si sente sfidata sulla coerenza", rileva la rappresentante dell'accusa.

Ed infine alla Corte: "Non si chiede di esprimere un giudizio morale, non bisogna decidere che persone erano i genitori e Rosita, quello che ci dobbiamo chiedere è: questa morte si poteva evitare? Questa morte è conseguenza, almeno in parte, delle azioni dei genitori? Queste azioni hanno fatto sentire a Rosita la morte come un sollievo? Per la Procura la risposta è sì, Rosita è stata vittima dei maltrattamenti psicologici dei genitori". "E' stata tradita la funzione di protezione dei minori che viene affidata dall'ordinamento ai genitori" è la conclusione della pm. Martedì prossimo sarà la difesa di Roberto Raffoni e di Rosita Cenni, sostenuta dall'avvocato Marco Martines, a dare la propria ricostruzione di quei tragici episodi, prima della sentenza, prevista per giugno, a 4 anni dalla morte della ragazza.

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