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Cronaca

Liceale suicida, la Procura impugna la sentenza: appello contro il padre per l'istigazione

I giudici togati e popolari della Corte d'Assise, presieduti dal presidente Giovanni Treré, avevano assolto il padre Roberto Raffoni dall'accusa più grave, quella di istigazione al suicidio della figlia

La Procura di Forlì ha impugnato la sentenza del processo sul suicidio della sedicenne Rosita Raffoni, la giovane di Fratta terme che si suicidò ad appena 16 anni il 17 giugno 2014, gettandosi dal tetto del Liceo Classico 'Morgagni' di Forlì. I giudici togati e popolari della Corte d'Assise, presieduti dal presidente Giovanni Treré, avevano assolto il padre Roberto Raffoni dall'accusa più grave, quella di istigazione al suicidio della figlia, mentre lui e la moglie Rosita Cenni sono stati riconosciuti responsabili dei maltrattamenti e condannati a 3 anni e 4 mesi, ma senza l'aggravante della morte della ragazza conseguente a questo reato.

L'appello dei magistrati riguarda l'assoluzione, per il padre, dall'accusa di istigazione al suicidio (in primo grado erano stati chiesti sei anni) e l'esclusione, per entrambi, dell'aggravante della morte della vittima dal delitto di maltrattamenti. Se ne occuperà la Corte di assise di appello di Bologna. Nella sentenza di primo grado, i giudici di Forlì avevano sottolineato, tra l'altro, "l'indifferenza, il distacco emotivo, la mancanza di dialogo e empatia, il disinteresse, il fastidio, provato nei confronti di una figlia straordinariamente sensibile e intelligente" che, prima di uccidersi, lasciò in video e in lettera pesantissime accuse ai genitori, dicendo di sentirsi odiata.

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