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Cronaca

Malattie croniche intestinali, Forlì ha tra le più alte incidenze al mondo

E' quanto emerge da 19 anni di analisi dei 925 casi (298 di Morbo di Crohn e 554 di colite ulcerosa) studiati nell'ambito del registro forlivese delle malattie croniche intestinali

Malattie croniche intestinali, a Forlì numeri fra i più alti al mondo. A livello locale si registra, infatti, un’incidenza di rettocolite ulcerosa pari al 14,2 per le donne e 17,3 per i maschi, mentre quella del Morbo di Crohn si attesta a 7,3 nella popolazione femminile a 6,9 in quella maschile. Cifre in linea con quelle del Nord Europa, dove tali patologie presentano da sempre la maggior diffusione a livello mondiale. E’ quanto emerge da 19 anni di analisi dei 925 casi (298 di Morbo di Crohn e 554 di colite ulcerosa) studiati nell’ambito del registro forlivese delle malattie croniche intestinali, prima esperienza di questo tipo avviata in Italia. Il registro, infatti, è stato creato nel 1993, con l’obiettivo di effettuare una ricerca epidemiologica su tali patologie, di natura cronica e complicata, con esordio in età giovanile, alto impatto socio-economico, ed elevato rischio di carcinogenosi, colmando, così, il vuoto esistente nel nostro paese in materia.

«Dal 1993 al 2013, abbiamo identificato tutti i pazienti con diagnosi di colite ulcerose e malattia di Crohn – illustra la dott.ssa Daniela Valpiani, coordinatrice dell’IBD Unit dell’U.O. di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva dell’Ausl di Forlì – per ogni singolo caso sono stati estrapolati i dati anagrafici e sanitari, attraverso l’integrazione di schede di dimissione ospedaliera, cartelle cliniche, dati di mortalità, database dei medici di medicina generale, della nostra unità di Gastroenterologia e del Registro tumori della Romagna. Il registro, per quanto complesso da organizzare, si è rivelato uno strumento dinamico e facilmente aggiornabile, contiene informazioni epidemiologiche accurate sulla distribuzione della malattia, e consente di progettare e implementare su basi quantitativamente corrette programmi di screening e sorveglianza». L’efficacia del registro si è rivelata tale che la Regione Emilia-Romagna ha incaricato l’U.O. di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva dell’Ausl di Forlì, diretta dal prof. Enrico Ricci, di coordinare un analogo database a livello romagnolo. Se quello forlivese si riferiva a 178.977 abitanti, il nuovo avrà come bacino un milione di persone, e potrà, quindi, fornire, per la prima volta in Italia, dati epidemiologici reali e significativi su tali malattie. I primi risultati sono attesi a fine del prossimo anno, e verranno illustrati in un apposito congresso, in programma il 22 novembre 2014.

«Ad oggi, nel nostro paese, non esistono evidenze epidemiologiche certe circa le malattie infiammatorie croniche intestinali: ci sono state rilevazioni spot, mai studi approfonditi – rivela il prof. Ricci – i risultati a livello di Romagna saranno quindi un punto di riferimento per l’intera nazione, soprattutto per pianificare un corretto utilizzo delle risorse, visto che tali patologie richiedono sia l’impiego di farmaci ad alto costo sia  procedure chirurgiche complesse e particolarmente dispendiose».

Il progetto del registro romagnolo è stato presentato, nei giorni scorsi, in occasione del convegno “Dall’epidemiologia al miglioramento del processo assistenziale. Il Registro IBD: un modello italiano”, che ha visto la presenza di ben 150 professionisti e l’intervento dei maggiori esperti internazionali in materia, i quali si sono confrontati sulle cause di tali patologie e hanno discusso di approccio multidisciplinare, nuove terapie, orientantamento e sostegno ai pazienti, ai familiari, e agli stessi operatori. Nel corso dei lavori, molto si è puntato sul ruolo degli infermieri e, in particolare, dell’infermiere case-manager e della sua formazione. L’U.O. di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell’Ausl di Forlì, è stata la prima a introdurre questa figura, chiamata a garantire una presa in carico globale del malato e delle sue problematiche, con tanto di linea telefonica dedicata, organizzandone l’iter diagnostico e terapeutico, spesso molto complesso, in quanto richiede l’interazione di diversi specialisti. L’unità forlivese, nel 2012, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Padova, ha anche attivato un apposito corso di formazione, che ha rappresentato un’esperienza pilota in Italia.

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