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Cronaca

Medicina, i figli di Dino Amadori: "Nostro padre la sosteneva come una svolta culturale per la Romagna"

Il suo nome è stato richiamato più volte dai relatori, spesso accompagnato dagli applausi. Si tratta del nome di Dino Amadori, morto lo scorso febbraio, padre dell'Irst di Meldola e fervente sostenitore di Medicina

Il suo nome è stato richiamato più volte dai relatori, spesso accompagnato dagli applausi. Si tratta del nome di Dino Amadori, morto lo scorso febbraio, padre dell'Irst di Meldola e fervente sostenitore dell'arrivo del corso di laurea di Medicina a Forlì. Tutte le autorità, al teatro Diego Fabbri per l'inaugurazione, gli hanno tributato un ricordo. E in questo giorno particolare arriva anche un ricordo e un ringraziamento tracciato dai figli di Dino Amadori: Andrea, Giovanni e Marta Amadori.

Spiega il loro scritto: "In occasione della inaugurazione dell’anno accademico per il corso di laurea di medicina è stata consegnato a nostro padre il dovuto riconoscimento alla sua memoria per il ruolo fondamentale da lui avuto e la professionalità  svolta. La partecipazione attiva al suo progetto, oggi divenuto realtà, ci è stato sempre da lui  descritto, sino alla sua scomparsa in febbraio, come un'iniziativa fondamentale e una svolta culturale e sanitaria per la nostra terra di Romagna, con una partecipazione attiva dell’IRST – IRCCS di Meldola e dell’Istituto Oncologico Romagnolo. Il corso di Laurea vedrà un primo triennio didattico in Forlì e, il triennio clinico che vedrà coinvolte tutte le ASL della Romagna, con le rispettive eccellenze, tecniche e professionali. Tutto ciò inquadrato in un’ottica di policlinico della Romagna frutto della lungimiranza e spirito visionario di nostro padre: questi sono stati gli ultimi risultati eccellenti che ha regalato a tutti noi".

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Il pensiero dei tre figli corre quindi alla prima creatura di Dino Amadori, lo IOR: "All' mozionante giornata odierna, non possiamo non aggiungere quella di sabato scorso, a Rimini, dove i volontari dell’Istituto Oncologico  hanno ricordato nostro padre, in un incontro che ricorda il  suo libro ‘Anima e coraggio, IOR una storia che continua’. I volontari IOR rappresentano una comunità che per umanità, calore  e spirito altruistico è unita dall’obbiettivo comune che ha sempre ispirato la mission di nostro padre: l’aiuto e la condivisione della malattia con chi soffre, seppure da punti di vista diversi,  ma che devono interconnettersi , in un vincolo basato sull’empatia. Un vincolo indissolubile tra il malato il medico e tutti i volontari, tale da rendere possibile il raggiungimento traguardi altrimenti impossibili e dunque solo apparentemente inarrivabili".


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"Ringraziamo in particolare le centinaia di persone che in questi mesi ci hanno raccontato del loro personale incontro con lui. Tanti i momenti di ricordo e di nostalgia che abbiamo vissuto con loro: per strada, con messaggi sui social, con lettere e con semplici telefonate, in un dialogo che veniva sempre interrotto da un pianto di tristezza e felicità per ciò che ha significato nostro padre per loro e per noi figli. Pezzi di vita che ci sono stati consegnati dalle parole di chi ha vissuto con lui il dolore per la malattia e, ancora più frequentemente la sua sconfitta. Il tutto  concentrato in un sentimento di riconoscenza per una sconfitta che vedeva il ruolo fondamentale di nostro padre, riconosciuta con sfumature diverse ma collegate tutte da  un unico filo conduttore:  quello della  infusione della speranza, sempre ancorata a concrete prospettive positive, tanto in termini di cura quanto per la sua vicinanza umana".


 

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