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Il lutto

Lottava contro un tumore, ha scelto la sedazione profonda: addio all'ex presidente della Regione Antonio La Forgia

"Se ne va per sempre un uomo di grande cultura, mai sopra le righe, forte della sua forza di pensiero", ricorda il presidente della Regione, Stefano Bonaccini

E' stato presidente della Regione Emilia-Romagna dal 1996 al 1999, poi presidente dell’Assemblea legislativa regionale dal 2000 al 2005 e successivamente deputato della Repubblica. Si è spento venerdì, dopo una lunga malattia, Antonio La Forgia. Era in sedazione profonda dalla notte tra lunedì e martedì, percorso scelto - con consenso informato - dopo un anno e mezzo affetto da un tumore. Laureato in Fisica, aveva 78 anni.

"Se ne va per sempre un uomo di grande cultura, mai sopra le righe, forte della sua forza di pensiero - ricorda il presidente della Regione, Stefano Bonaccini -. Un politico in grado di intravvedere prima il futuro e tracciare la strada di un riformismo che guardasse in primo luogo al rinnovamento delle istituzioni e del Paese. Senza dubbio uno dei protagonisti della costruzione di un’Emilia-Romagna regione dalle solide fondamenta sociali e capace di guardare avanti, alla pari delle aree più all’avanguardia in Europa e nel mondo”.

"Un pensatore coraggioso, ma anche un amministratore capace e lungimirante. Lo ricordo - prosegue Bonaccini - per l’eleganza, la schiettezza e l’intelligenza con cui affermava le proprie idee, anche quando le sue parole e le sue posizioni erano dense di contenuto e di sfida politica. Nelle sue lucide analisi, le argomentazioni non lasciavano spazio a reticenze. La sua capacità di critica e di interpretare una sinistra e una politica riformiste, sempre attente a nuove soluzioni e mai propense a guardare al passato, lo rendono uno dei maggiori esponenti del campo progressista e del centrosinistra, in Emilia-Romagna e nel Paese". “Alla moglie, ai figli e a tutti i suoi cari - conclude Bonaccini - esprimo profonda vicinanza e le più sentite condoglianze a nome mio personale, della Giunta regionale, della Regione tutta e dell’intera comunità emiliano-romagnola, che ha avuto modo di apprezzarlo e stimarlo in ogni ruolo ricoperto, al servizio delle persone e delle istituzioni”.

Così la presidente dell'Assemblea legislativa, Emma Petitti: "La Forgia è stato in primo luogo un galantuomo, un signore della politica che ha messo la sua mente, brillante e incisiva, al servizio dei partiti e delle istituzioni, ovvero della democrazia. Con una certa dose di preveggenza, capì per tempo che la crisi che attraversava l’Italia negli anni ’90 non era la crisi di questo o di quell’altro partito. Era una crisi strutturale di una Nazione che, uscita dalla lunga ibernazione della guerra fredda, doveva fare i conti con se stessa e riformarsi a partire dall’assetto di Stato e dal rapporto tra il governo centrale e i territori. Senza peli sulla lingua lo disse chiaramente nei suoi discorsi di insediamento sia come presidente della Giunta (1996), sia come presidente dell’Assemblea legislativa. Parole toccanti in cui, con filo conduttore la figura di Carlo Azeglio Ciampi, per rispondere a tentazioni secessioniste di moda nel crepuscolo del XX secolo, Antonio La Forgia sfidò partiti e istituzioni a governare il cambiamento, a dare più forza ai territori per dare più forza alla Repubblica italiana. Furono gli anni dell’attuazione del Titolo V della Costituzione, di un rinnovato più forte ruolo delle Regioni: una sfida che La Forgia affrontò di petto e alla cui realizzazione diede il contributo generoso e pregnante della sua brillante intelligenza".

Scelta consapevole

"Un dolore troppo lungo": inizia così la lettera social di Mariachiara Risoldi, con la quale ha annunciato l'inizio del percorso di sedazione profonda per il marito, che da circa un anno e mezzo stava combattendo contro un tumore. La situazione è peggiorata nelle ultime settimane fino ad arrivare alla scelta, consentita dalla legge italiana, della sedazione profonda, ovvero una sostanziale interruzione della terapia, con una forte dose di antidolorifici contro il forte dolore che stava provando. La scelta è stata lucida, consapevole e informata: fino all'ultimo La Forgia è rimasto lucido e nella sua casa di Bologna, ha salutato per l'ultima volta amici e parenti. Come racconta la moglie, ripercorrendo l'intero calvario.

"Quadro clinico del 6 giugno 2022 - continua così la missiva social di Risoldi -. Una metastasi in D10 e sulle costole, raggiunto il midollo, causava una paraplegia, altre sparse lungo la colonna, causavano un dolore in crescita esponenziale non contenibile con la terapia antalgica che non riusciva a tenere il passo con l’aumento dello stesso. Antonio si confronta con la famiglia allargata, a cui è consapevole di arrecare un dolore, ma da cui riceve sostegno e solidarietà e decide di avvalersi della legge 219/2017 rifiutando e sospendendo qualsiasi terapia, ivi incluse quelle salvavita. Effetto diretto del rifiuto o della sospensione di terapie salvavita, è la morte. Questa, a seconda del trattamento rifiutato o sospeso, non sempre è rapida. Per evitare dolore, nella fase terminale che si viene a creare con il rifiuto o l’interruzione di terapie salvavita, il medico può aiutare il paziente attraverso una sedazione palliativa profonda continua.  Quello che la legge non contempla è la possibilità di mettere fine alla propria vita in breve tempo".

L'ultimo saluto

Risoldi racconta nel dettaglio anche l'addio, nella consapevolezza e serenità. "Antonio 27 ore fa viene sedato - ha scritto la donna - Gli ultimi quindici minuti ci salutiamo noi. Trentatré anni di vita assieme , un saluto scherzoso. ”Tu  lassù non sedurre troppe signore”. “Quando sarà il momento ti verrò a prendere” sono le ultime parole sussurrate , mentre gli occhi si chiudono.  La mente ironica e brillante di Antonio non c’è più. In una stanza della casa c’è un letto ospedaliero, a fianco le sedie. La famiglia allargata si alterna a fargli compagnia. Ci sente?Soffre? Il viso rilassato fa pensare di no. Ma il respiro è faticoso.Intanto si fa colazione, si pranza, si cena, ci si alterna a dargli carezze.  Quel congedo sereno, amorevole, perfino allegro dopo 26 ore per i familiari assume le sembianze di una inutile tortura".

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