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Cronaca

Ha combattuto nel Battaglione Corbari: Forlì piange la scomparsa del partigiano Sergio Giammarchi

Si è spento il partigiano Sergio Giammarchi, componente del Battaglione Corbari col nome di battaglia "e’ Rudarè"

E' stato uno dei protagonisti della Resistenza locale al nazifascismo durante la Seconda Guerra Mondiale. Si è spento il partigiano Sergio Giammarchi, componente del Battaglione Corbari col nome di battaglia "e’ Rudarè", l'Arrotino. Già presidente di Cna provinciale, attivo da sempre nella promozione della memoria verso le giovani generazioni e uomo dell'associazionismo, aveva 96 anni. Tra le pubblicazioni "Una storia partigiana", nel quale viene raccontato il rapporto d'amicizia con Adriano Casadei fino all'incontro con Silvio Corbari. Testimonianza della Resistenza, episodio fondativo della Repubblica, da trasmettere ai giovani ma non solo a loro, rimanga vivo e luminoso. I funerali si terranno lunedì alle 10,30, con partenza dalla camera mortuaria per Santa Caterina dove sarà celebrata la messa. Alle 12 ci sarà la tumulazione della salma al cimitero monumentale e commiato.

Addio a Sergio Giammarchi: i messaggi di cordoglio

Il 9 novembre, in occasione del 77esimo anniversario della Liberazione dall'occupazione nazifascista, aveva ricevuto la visita del sindaco di Forlì, Gian Luca Zattini, che lo aveva ricordato come "un punto di riferimento importantissimo che con la memoria e il ricordo interpreta pienamente i valori della Resistenza e della Costituzione, dedicando un’attenzione particolare alle giovani generazioni". Così il primo cittadino: "Appena poco tempo fa, il 9 novembre anniversario della Liberazione di Forlì, la figura di Sergio Giammarchi con l'esempio di una vita e le parole sempre piene di saggezza, aveva assunto un ruolo centrale nella dimensione collettiva. Quel giorno non era potuto intervenire fisicamente alla cerimonia solenne, ma aveva chiesto di condividere con tutti i presenti in Piazza Saffi il suo abbraccio forte e generoso, ricordando l'importanza di costruire quotidianamente progetti di Pace. La notizia della sua scomparsa suscita profonda costernazione. Ma in questo momento di dolore riconosciamo forte e vivo il valore della sua testimonianza che rimane un punto di riferimento fondamentale".

Addio a Sergio Giammarchi

Prosegue Zattini nel suo ricordo: "Negli ultimi anni, soprattutto gli studenti delle scuole, dai bambini delle primarie fino agli universitari, hanno potuto apprezzare la caratura della sua memoria, vera e propria fonte di educazione civica che portava le giovani generazioni a misurarsi con i drammi della dittatura, della guerra e della povertà; con la voglia di emancipazione sociale e umana; con la necessità di costruire relazioni positive come base della convivenza. Mai una parola divisiva, mai un’espressione che non fosse fondata sul rispetto. Ai giovani ha sempre parlato dell'importanza della libertà, del senso del dovere, dei valori della Costituzione, del lavoro come strumento per affermarsi. Uomo della Resistenza, artigiano  - o meglio “e rudarè” come amava definirsi -, dirigente dell’associazionismo imprenditoriale, esponente del volontariato culturale, sportivo e sociale: Sergio Giammarchi lascia in consegna un prezioso patrimonio morale e civico. A noi spetta il compito di mettere a frutto il suo insegnamento, partendo dalla memoria che ha condiviso attraverso i libri, le interviste, i filmati. Ai suoi familiari, ai figli Laura e Pier Paolo, agli amati nipoti e alle loro famiglie, giungano i sentimenti di stima e affetto da parte della Città di Forlì. Ci uniamo nel cordoglio all’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e alla Cna, realtà nelle quali ha ricoperto per lungo tempo ruoli di massimo rilievo. Alle tantissime persone che hanno condiviso con Sergio percorsi di amicizia, lavoro e impegno sociale giunga il conforto della nostra vicinanza".

La storia raccontata in tv

Nel 2020 aveva aperto le porte di casa alle telecamere di "Propaganda Live", la trasmissione di La7 condotta da Diego Bianchi, in arte "Zoro". Ventisei minuti ricchi di emozione. Un caffè tanto per cominciare, poi una chiacchierata all'insegna del "tu". "Ho conosciuto Adriano Casadei e sono entrato con lui nell'organizzazione", ha esordito Giammarchi, spiegando come è diventato partigiano, entrando poi nel battaglione del faentino Silvio Corbari: "Con un camion entravano nelle caserme dei Carabinieri e le disarmavano. Casadei si mise in contatto con Corbari, ci organizzammo e poi entrai nell'organizzazione. Silvio era un uomo individuale che si muoveva molto da solo, mentre Adriano era un organizzatore che prese in mano il comando del battaglione".

Video - Guarda l'intervista

"Hai sparato pure tu?". "Per forza. Ma non lo so se ho preso qualcuno. Noi sparavamo dove erano loro (i tedeschi, ndr) e loro sparavano dove stavamo noi. Questa era la guerra. Non erano vendette personali". "Io la memoria ce l'ho", ha proseguito Sergio, definito come nome di battaglia "l'arrotino" in virtù del suo mestiero. "Racconti di guerra, di amicizia ed eroismo", come li ha definiti Bianchi, con finale drammatico. Giammarchi ha ricordato per filo e per segno e con ricchi dettagli i momenti che hanno portato alla morte dei compagni Arturo Spazzoli ed Iris Versari. E con una tremenda lucidità ha descritto gli ultimi momenti di vita di Casadei e Corbari. "Noi siamo i veri italiani, viva l'Italia", le ultime parole prima della morte per impiccagione per mano dei fascisti. "Non sono stati impiccati, ma strangolati", ha tenuto a precisare. Giammarchi si trovava invece nell'entroterra. Poi un messaggio ai giovani. "Non sono i popoli che vogliono la guerra, ma i capi guerrafondai. E i guerrafondai ci sono ancora. Bisogna sempre lottare per la pace, per la libertà e per la costituzione. La guerra porta lutti sia a chi vince che a chi perde".

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