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Cronaca

Zlata, morta per le percosse del marito o per un malore? Si attende ancora per la super-perizia

E' in corso il processo di secondo grado nei confronti di Oleksandr Zahariuk, 39 anni, ritenuto il responsabile della morte della moglie

Nuova udienza nel processo di Appello riguardante la morte della giovane ucraina di 32 anni Zlata Zahariuk, avvenuta a Forlì il 7 luglio 2019 nella sua casa di via Pantoli. Lo scorso 5 luglio era iniziato alla Corte d'Appello di Bologna il processo di secondo grado nei confronti di Oleksandr Zahariuk, 39 anni, ritenuto il responsabile della morte della moglie e accusato di "maltrattamenti aggravati dalla morte della vittima".

Il decesso avvenne in un quadro di violenze domestiche prolungato, che la donna non volle mai denunciare per non spezzare la famiglia dove cresceva suo figlio. Dopo la condanna a 16 anni di reclusione, che il giudice Di Giorgio definì il 22 ottobre 2021 in Tribunale a Forlì (con la scelta del rito abbreviato l'imputato aveva beneficiato della riduzione di un terzo della pena), la palla è passata ora alla Corte d'Appello di Bologna  che deve rivalutare il caso, su ricorso della difesa dell'imputato.

Super-perizia decisiva

Centrale nel processo di Appello è la super-perizia del tribunale che dovrà analizzare gli aspetti medici della morte della donna. i giudici della Corte d’Appello hanno conferito un incarico a due esperti di medicina legale, i modenesi Sabino Pelosi ed Elio Torcia lo scorso ottobre. La perizia doveva essere depositata in occasione della udienza di oggi, ma i due specialisti hanno chiesto e ottenuto più tempo, per cui ll processo è stato aggiornato al 3 maggio prossimo, mentre è già stata indicata per il 23 maggio la data per le arringhe finali.

Il quesito a cui devono rispondere i periti, sia quelli del tribunale che i consulenti della difesa e della parte civile, in particolare, è se l'ematoma subdurale alla testa, che ha causato la morte, sia da addebitare ad uno episodio recente di violenza, tra i tanti subiti dalla ragazza, o se invece avesse natura cronica e quindi non collegabile direttamente, nel rapporto causa-effetto, alle violenze inferte dal marito.

Una triste vicenda di vessazioni

Zlata Zahariuk era una giovane mamma ucraina di 32 anni. Secondo le accuse, subiva vessazioni dal marito che si protraevano da anni. La donna venne trovata a letto senza vita, a fianco del marito Oleksandr. Quando arrivò il 118, tuttavia, non c'era più niente da fare. Sul corpo c'erano ferite ed ecchimosi, ma niente che potesse far pensare ad un colpo mortale inferto nell'immediatezza. Tuttavia, la causa della morte, secondo l'accusa, era da addebitare ad un colpo alla testa di qualche giorno prima, inferto nell'ambito di maltrattamenti che andavano avanti da anni, ben noti ad amici e parenti, ma mai formalizzati all'autorità giudiziaria come denuncia. A detta dei conoscenti che l'avevano invitata più volte a denunciare il compagno, lei rispondeva sempre che il loro bambino doveva crescere anche con la presenza del padre. Tuttavia la vittima avrebbe raccolto fotografie dei pestaggi subiti di volta in volta nel corso del tempo.

Il marito quando stava per essere eseguito l'arresto riuscì a fuggire in Ucraina e attualmente si trova latitante nel Paese dell'Est Europa. Oleksandr Zahariuk è stato condannato a 16 anni per il reato di maltrattamenti aggravati dalla morte della vittima. Oltre alla pena detentiva, per la sentenza di primo grado deve corrispondere anche ad una provvisionale da 100mila euro a favore del figlio e di 60mila euro a favore della madre della giovane deceduta, assieme ad altre pene accessorie.

Sulla vicenda c'era già stato un provvedimento giudiziario nei confronti di un forlivese, compagno della madre dell'imputato, accusato del reato di favoreggiamento per aver condotto  Oleksandr Zahariuk a prendere l'autobus che lo ha poi riportato in Ucraina, poco prima dell'arresto. La pena, nel suo caso, è stata di 180 ore di lavori sociali con l'istituto della "messa alla prova".

Lesioni alla testa: due versioni opposte 

Per il giudice di primo grado Zlata sarebbe morta per effetto di un colpo in testa ricevuto qualche giorno prima. Prima della morte, la donna lamentava un forte mal di testa, nonché avrebbe presentato ripetuti episodi di vomito che nella sua solitudine vennero sottovalutati da tutti. A circostanziare i contorni delle tante altre liti e aggressioni sono state poi le dichiarazioni rese dalle decine di testimoni, dalle amiche ai conoscenti, ai vicini di casa, agli insegnanti del figlio minore, all’anziana donna dove Zlata prestava servizio come badante: tutte concordanti sui maltrattamenti che ogni persona vicina a lei aveva percepito nella vita della giovane madre.

Le indagini: le foto delle violenze e quel colpo alla testa

La difesa, rappresentata dagli avvocati Gianluca Barravecchia e Erica Ferrini, ha sempre respinto completamente le ipotesi dell'accusa, sostenendo che non sia stato dimostrato il nesso tra il marito e le eventuali percosse che avrebbero provocato le ferite, e ha fatto riferimento invece alla fragilità della giovane e alla sua debilitazione fisica causata da un presunto abuso di alcolici.  Sono parti civili la madre e la sorella di Zlata. I famigliari sono rappresentati dagli avvocati Giuseppina Castronovo, mentre l'avvocato Elena Toni rappresenta i Servizi sociali del Comune di Forlì, tutori del figlio minore della coppia.

La mobilitazione dei cittadini

La morte di Zlata Zahariuk è stato un caso giudiziario che rischiava di finire nel dimenticatoio, ma che è stato tenuto tenacemente all'attenzione dell'opinione pubblica grazie all'impegno dei vicini di casa di Zlata di via Monari - dove la donna aveva abitato fino a qualche giorno prima della morte -, che hanno creato anche una pagina Facebook 'Chiediamo giustizia per Zlata' e manifestato con uno striscione steso davanti al tribunale ad ogni udienza, compresa quella della sentenza di primo grado.  In aula a tenere il ruolo dell'accusa è stata il pm Federica Messina della Procura di Forlì, che al termine dell'arringa finale aveva chiesto una condanna a 15 anni. Il giudice Di Giorgio è poi andato oltre la richiesta della Procura, definendo una condanna a 16 anni. 

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