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Museo archeologico dimenticato da 25 anni, nasce un gruppo Fb con 550 membri: "E' la nostra identità"

Appassionati di archeologia ma non solo, anche curiosi cittadini ignari di tanta ricchezza nascosta che si trova in una parte non visibile del Palazzo del Merenda e in gran parte in stato di abbandono dal punto di vista museale

A inizio luglio è comparso in rete, su Facebook, un gruppo intitolato “Pro Museo Archeologico Santarelli di Forlì”. Si tratta di un “gruppo privato”, per cui solo chi vi aderisce può vederne i contenuti, e con un argomento apparentemente “per pochi”. L'intento è sinceramente costruttivo e come tale, chi ne fa parte, spera sia avvertito dall'amministrazione. In una manciata di giorni, oltre cinquecento persone hanno risposto con entusiasmo all'appello. Appassionati di archeologia ma non solo, anche curiosi cittadini ignari di tanta ricchezza nascosta che si trova in una parte non visibile del Palazzo del Merenda e in gran parte in stato di abbandono dal punto di vista museale. Chi l'avrebbe mai detto tanto interesse? E pensare che i più sono rimasti stupiti dalle immagini, oggetti non solo mai visti ma che non si pensava nemmeno fossero inclusi nel patrimonio civico di Forlì.

“È prioritario per Forlì – si legge nella dichiarazione d'intenti - riscoprire, riallestire, valorizzare e tutelare il Museo Archeologico, chiuso dal 1996. E con esso occorre progettare un ritorno in grande stile dei Musei Etnografico e del Risorgimento, perle preziose che per troppo tempo ci si è dimenticati di avere”. Più avanti si precisa: “Più che il rammarico per quanto non fatto in questo lungo periodo, ci unisce il desiderio di poter contribuire concretamente alla causa, presto e bene”.

Il gruppo nasce in seguito ad alcuni (inizialmente molto pochi) cittadini che non si danno pace per la chiusura a tempo indeterminato di importanti raccolte cittadine, e specialmente grazie a un giovane appassionato, Nicola Marincola, che ha filmato la situazione odierna del Museo Archeologico: abbandonato e inaccessibile da più di vent'anni nel palazzo del Merenda che ha bisogno di un intervento organico nella struttura e nei contenuti (per esempio, i Fondi Antichi e Piancastelli). “Non è la noiosa pretesa di mostrare l'argenteria di una città di provincia - spiega Umberto Pasqui, amministratore del gruppo - ma il desiderio di condividere una raccolta di testimonianze che parlano di storia minuta su cui ricostruire un'identità. E, si sa, questo significa ritorno anche economico per il turismo, per il commercio, per l'appetibilità di una città che nei decenni scorsi è stata piuttosto mortificata. Insomma, non s'intenda il Museo Archeologico Santarelli come l'Egizio di Torino, però occorre ricordare, giusto per fare un esempio, che vi sono reperti così risalenti che giustificarono di rendere Forlì capitale mondiale dell'archeologia (1996) e indurre un timido ma tenace indotto che però ebbe vita breve. A distanza di un quarto di secolo è necessario uno stimolo a fare, a non lasciare andare nemmeno la propositiva partecipazione dei cittadini”. Nelle città vicine è sempre più evidente il fermento per iniziative e raccolte archeologiche, Forlì deve giusto prendere il passo perché è rimasta notevolmente indietro".

Quando fu progettato il “San Domenico” nella sua veste contemporanea, erano previsti gli allestimenti delle Raccolte Civiche, per questo venne chiamato “Musei” e non “Museo”. E tale progetto, con le dovute modifiche, è ancora in piedi ma su carta. L'Archeologico Santarelli era stato destinato ai sotterranei, mentre il suggerimento del gruppo è destinare a esso – in modo permanente - le sale al piano terra, dopo il refettorio di San Domenico. Da allora si vive in una condizione di provvisorietà cronica che vede inaccessibili i Musei Archeologico, Etnografico, delle Ceramiche. Inoltre, allargando lo sguardo, oltre a Palazzo del Merenda si va a cascata su Palazzo Gaddi (e il Museo del Risorgimento, e il Museo del Teatro) su cui fare un analogo discorso. Negli anni Settanta-Ottanta, Forlì perse importanti e originali raccolte come quella di Zangheri (a Verona) e di Zavatti (il Museo Polare ora a Fermo), per una grave mancanza di lungimiranza. Anche in vista di donazioni presenti e future, l'auspicio di chi fa parte del gruppo è che non si perda l'occasione di accogliere e valorizzare la munificenza e la generosità dei forlivesi che, sotto sotto, amano la propria città. Né tanto meno il desiderio di collaborare al bene comune che a quanto pare è più sentito di quanto non sembri.
 

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