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Cronaca

Delitto Benini, l'omicida simulò l'incendio per sviare le indagini: condannato a 30 anni

L'assassino si impossessò del bancomat e del pin dell'anziano Rino Benini, facendo un prelievo di 600 euro. Quest' "ammanco" avrebbe poi generato un'aspra lite culminata con lo strangolamento

L'assassinio è avvenuto nemmeno un anno fa: era lo scorso dicembre quando una serrata indagine dei carabinieri porto alla chiusura del caso per il 32enne tunisino Tarek Ben Ali, accusato di aver ucciso  Rino Benini, l’anziano di 84 anni trovato morto nella sua abitazione lo scorso 3 dicembre a Santa Maria Nuova. Venerdì è arrivato il verdetto della giustizia, quello di primo grado. Al tribunale si Forlì si è concluso il processo con rito abbreviato davanti al giudice e l'esito è il massimo della pena. Tarek Ben Ali è stato condannato a 30 anni di carcere, come richiesto dal pm Messina. Considerato il rito alternativo -  che rende il processo più veloce in cambio dello sconto di un terzo della pena -, il tunisino non poteva prendere di più.

LA LITE E L'OMICIDIO - La triste vicenda si è dipanata nei primi giorni di dicembre, da quando cioè  – secondo le ricostruzioni dei carabinieri della compagnia di Meldola, allora comandata dal capitano Marco Passarelli, e del Nucleo Investigativo del comando provinciale, comandato dal capitano Amadeo Consales – Ben Ali si impossessa del bancomat e del pin dell’anziano Rino Benini, facendo un prelievo di 600 euro dallo sportello postamat di Pievesestina di Cesena. Quest’ “ammanco” avrebbe poi generato un’aspra lite culminata con lo strangolamento.

Un passo indietro. Il tunisino di 32 anni era da circa un mese ospite di Benini. Non è ben chiaro se si trattasse di un subaffitto (di cui non si hanno riscontri) o di un’ospitalità gratuita in cambio di una sporadica azione di assistenza, come per esempio fare la spesa e svolgere alcune incombenze che Benini, senza parenti stretti, non poteva più fare. L’anziano conduceva una vita molto ritirata e solo i vicini di casa lo vedevano saltuariamente. Ma non solo loro: quella casa, infatti, aveva ospitato in passato altri stranieri. E proprio uno di questi avrebbe chiesto a Benini ospitalità per un conoscente. Tarek Ben Ali ha alle spalle una condanna per droga e recentemente ha visto il decesso della moglie italiana per overdose. Forse per questo aveva lasciato Ravenna e da circa un mese si era “trasferito” a Santa Maria Nuova.

Omicidio di Santa Maria Nuova, caso risolto

Secondo la ricostruzione dei carabinieri e della Procura della Repubblica (pm Federica Messina) l’ospite, nel culmine di un litigio per il prelievo non autorizzato (600 euro, quasi la totalità dell’assegno mensile di pensione di circa 800 euro), avrebbe quindi picchiato e strangolato Benini. Quindi solo diverse ore dopo, forse anche il giorno successivo, avrebbe inscenato un incendio per tentare di sviare le indagini facendo passare il decesso come un incidente.

LE INDAGINI - Tuttavia diversi elementi non quadravano nelle indagini dei carabinieri, che si sono messi in allerta fin da subito, da quando giovedì 3 dicembre Ben Ali ha iniziato a urlare fuori dalla porta di Benini richiamando l’attenzione dei vicini di casa, e chiedendo soccorso per l'anziano che non rispondeva e il fumo che usciva da sotto la porta. Poco dopo sono arrivati i vigili del fuoco e il 118. Il rogo era localizzato solo nel letto e aveva provocato ustioni solo nel tronco e all’inguine del povero anziano, per altro trovato in una posizione abbastanza "posticcia". Inoltre non è stato trovata alcuna origine dell’incendio (l’unica plausibile sarebbe stata se Benini avesse avuto l’abitudine di fumare a letto, ma non era fumatore). Attraverso uno “sniffer”, invece, i vigili del fuoco hanno trovato tracce di alcol nel locale in cui è avvenuto il singolare incendio.

Ma la prova schiacciante è arrivata dall’autopsia: nei polmoni di Rino Benini non c’era fumo. Ciò significa che al momento dell’incendio l’84enne era già deceduto e non respirava. Invece sono stati trovati segni di strangolamento, la rottura dell’osso ioideo e un ematoma all’occhio. Elementi che quindi hanno fatto pensare a un ben altro quadro. Messo sotto torchio Ben Ali sarebbe caduto in contraddizioni. E anche per questo, per la debolezza del suo alibi, alla fine i carabinieri gli hanno stretto le manette ai polsi, chiudendo il caso. SI lavora ora alla ricerca di altri personaggi che potrebbero averlo aiutato o “coperto”.

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