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Cronaca Predappio

L'accusa: il killer di Ilenia Fabbri aveva colpito anche a Predappio in una missione punitiva a colpi di manganello

Pierluigi Barbieri, l'uomo accusato di essere il killer di Ilenia Fabbri, assoldato dal'ex marito Claudio Nanni, era a quanto pare una persona ben nota negli archivi più recenti delle forze dell'ordine sull'asse Ravenna-Meldola

Pierluigi Barbieri, l'uomo accusato di essere il killer di Ilenia Fabbri, assoldato dal'ex marito Claudio Nanni, era a quanto pare una persona ben nota negli archivi più recenti delle forze dell'ordine sull'asse Ravenna-Meldola. La Squadra Mobile di Ravenna, diretta dal dirigente Claudio Cagnini, ha chiuso il cerchio delle indagini relative all'omicidio di Faenza relativo alla 46enne sgozzata e trovata morta in una pozza di sangue sabato 6 febbraio nella sua casa in via Corbara. Alle prime luci dell'alba di mercoledì gli investigatori, alla luce dei "gravi elementi indiziari", hanno assicurato alla giustizia l'ex marito, il 53enne Claudio Nanni, e il sicario, coetaneo di quest'ultimo, il reggiano Pierluigi Barbieri, eseguendo un'ordinanza di custodia cautelare. Proprio Barbieri, infatti, era secondo un'altra inchiesta dello scorso anno, il "picchiatore" in una missione punitiva ai danni di un disabile di Predappio, all'interno di una vicenda che si vide coinvolti altri ravennati, tra cui un avvocato. E proprio per quella vicenda, risalente al 17 febbraio del 2020 - neanche un anno prima dell'omicidio - aveva avuto una condanna con rito abbreviato a 5 anni e 4 mesi, emessa il 20 gennaio scorso. Una condanna che, stando almeno al quadro ricostruito dalla Procura di Ravenna, non l'avrebbe per niente intimorito.

Omicidio di Ilenia, gli indizi degli inquirenti

Su Barbieri pesano una serie di indizi, spiegati mercoledì mattina dagli inquirenti, in relazione all'omicidio di Ilenia Fabbri. Ma la sua figura era emersa grazie ad un'indagine velocissima dei carabinieri della compagnia di Meldola, lo scorso anno: una spedizione punitiva con tanto di rapina messa a segno il 17 febbraio scorso ai danni di un uomo residente da alcuni anni a Predappio. I quattro aggressori erano tre ravennati, tra cui un avvocato, rispettivamente di 42, 65 e 44 anni, e appunto Barbieri, il reggiano di 52 anni. Il motivo dell'agguato? Un patto non rispettato, un'attività illecita, che valeva a titolo di "risarcimento" 500 euro.

VIDEO - Il sicario immortalato dalle telecamere

Agguato e rapina in un'abitazione, la conferenza stampa dei Carabinieri

La vicenda

I fatti si erano consumati nel primo pomeriggio del 17 febbraio 2020 a Predappio. Erano circa le 15 quando un uomo aveva contattato telefonicamente l'Arma riferendo che vi erano alcune persone che stavano cercando di entrare in casa, provando a sfondare la porta. La pattuglia si era recata sul posto, senza ricevere risposte al citofono. Nel tornare indietro era  stato notato un individuo uscire da una vicina banca con quello che poi era risultato essere uno degli aggressori. In quel frangente si avvicinato alla pattuglia un soggetto, presentandosi come il legale rappresentante di chi aveva telefonato, spiegando che il suo assistito doveva corrispondere una somma di denaro a favore del proprietario dell'abitazione. La realtà era ben diversa. I Carabinieri avevano avuto modo di effettuare una prima ricostruzione dei fatti non appena la vittima non aveva attorno a se gli aggressori. La banda si è presentata nell'abitazione del predappiese per reclamare un pagamento di 500 euro, sfondando la porta d'ingresso prima e della camera da letto poi, all’interno della quale si era rifugiato. Quindi era stato picchiato anche con un manganello, subendo lesioni ad una mano e al costato, ragion per cui ha necessitato delle cure ospedaliere. Il picchiatore, secondo le accuse, era proprio Barbieri. Durante l'agguato gli aggressori avevano messo le mani su circa 200 euro, per poi chiedere un prelievo in banca per completare il risarcimento. Nell'abitazione del reggiano poi era stato trovato un manganello, menzionato più volte dalla vittima nella descrizione dell'agguato.

All'epoca delle indagini era emerso che la vittima, con alcuni precedenti alle spalle per reati contro il patrimonio, aveva conosciuto l'avvocato alcuni mesi fa al tribunale di Sorveglianza di Bologna. Da lì in avanti è nato un rapporto di amicizia nel corso del quale il legale ha proposto di entrare in un giro illecito. Nello specifico di trasporto di materiale ferroso su un camion rubato da Marghera a Ravenna. Inizialmente il predappiese aveva dato la propria disponibilità, ma nel giorno in cui era programmato il trasporto ha avuto un ripensamento, non presentandosi all'appuntamento, comunicando la propria decisione. Da qui la decisione di organizzare la spedizione punitiva. 

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