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Cronaca

Una pagina Fb per chiedere giustizia per Zlata, morta a 32 anni: "Non era giusto perderne la memoria"

Sono passati quasi due anni dalla morte di Zlata in una casa di via Monari a Forlì, e un anno da quando è nata la pagina Facebook 'Chiediamo giustizia per Zlata'

Sono passati quasi due anni dalla morte di Zlata in una casa di via Monari a Forlì, e un anno da quando è nata la pagina Facebook 'Chiediamo giustizia per Zlata': il tempo passa e di solito col passare del tempo la rassegnazione prende il sopravvento, l'inerzia porta a lasciar perdere. Ma non è così per un gruppo di conoscenti e vicini di casa di  Zlata Zahariyuk, una giovane mamma ucraina di 32 anni che è morta in un contesto ancora non del tutto chiaro il 7 luglio 2019. “Quando  è stata aperta la pagina Facebook, pareva che nessuno si ricordasse più di Zlata, stava morendo anche nella memoria. Noi ci siamo detti 'Non è giusto'. Ora la pagina ha 670 utenti, 600 sono ucraini e continuano ad arrivarci una marea di adesioni”, spiega Aldo Marotta, 74 anni, uno degli animatori del gruppo di amici che ha deciso di lottare per giungere fino in fondo sulla morte di questa donna.

E la pagina Facebook 'Chiediamo giustizia per Zlata' un primo risultato lo ha già ottenuto grazie alla sua azione di sensibilizzazione in città. Nell'udienza in tribunale che si terrà il prossimo 14 maggio ci sarà anche come parte civile anche il figlio minorenne della donna, grazie all'intervento dei servizi sociali del Comune di Forlì che la scorsa settimana hanno nominato un avvocato in difesa dei potenziali diritti del bambino. L'udienza al tribunale di Forlì è a carico del marito della donna Oleksandr Zahariuk, 37 anni e in essa si dovrà decidere se rinviarlo a giudizio o meno. Per la Procura della Repubblica - questa è l'imputazione che è stata ipotizzata - la 32enne, da anni residente a Forlì, è morta per effetto di maltrattamenti aggravati, operati dal compagno.

Inclinano per questa ipotesi  anche gli animatori della pagina Facebook e la madre di Zlata, che vive a Piacenza (difesa dall'avvocato Giuseppina Castronovo). Questi vicini di casa e amici sono anche le persone che parlano di urla che provenivano da quella casa e di segni di pestaggio su una donna che, però, non avrebbe mai denunciato perché quel compagno era anche il padre di suo figlio. Sarà il processo a dire se la morte sia la conseguenza più estrema dei maltrattamenti e anche se questi maltrattamenti siano sufficientemente provati. Per ora sono ipotesi – ma messe nero su bianco – dai pm di Forlì, il procuratore Maria Teresa Cameli e il pm Federica Messina. Loro, gli amici, alla fine hanno fatto il loro dovere civico di non girarsi dall'altra parte. Che era poi la cosa più semplice da fare. “E' una morte bianca, non è un caso dove c'è una coltellata o un colpo di arma da fuoco”, spiega sempre Marotta. Come a dire che si faceva presto ad archiviarla come un semplice malore di una ragazza particolarmente sfortunata, straniera e senza parenti stretti in città.

I suoi amici non vogliono anticipare giudizi. “A noi interessa dire chi era Zlata, una giovane madre che abbiamo visto soffrire, una laureata in matematica che ha scelto di fare la badante per mantenere suo figlio di 8 anni. Era sola a Forlì, aveva solo la madre a Piacenza che però veniva regolarmente in città a trovare la figlia e il nipote”, aggiunge l'ex dirimpettaio. La richiesta di verità unisce due lembi dell'Europa, Forlì e l'Ucraina. “Dall'Ucraina ci arrivano sempre di più segnali di interesse. Ci chiedono cosa si può fare”, spiega Marotta.

Zlata Zahariyuk venne trovata morta  la mattina del 7 luglio 2019 nel suo letto, a fianco del marito Oleksandr, che allertò i soccorsi. Quando arrivò il 118, tuttavia, non c'era più niente da fare. Ma sul corpo c'erano ferite ed ecchimosi, ma niente che postesse far pensare ad un colpo mortale inferto nelle immediate ore precedenti. La causa della morte, secondo l'accusa, sarebbe da addebitare ad un colpo alla testa di qualche giorno prima. Sul caso ci sono state le indagini di Carabinieri e della Procura, che ha disposto l'autopsia. Negli atti dell'indagine la stessa Procura arriva al convincimento che il marito fosse da arrestare, ma dopo circa due settimane dal decesso l'uomo – ancora da persona libera e quindi nel pieno delle sue facoltà – torna in Ucraina, da dove però non fa più ritorno. E ora, per la mancanza di accordi internazionali non è possibile eseguire il mandato di arresto europeo per questo tipo di reato.  Gianluca Barravecchia, l'avvocato che difende Oleksandr Zahariuk respinge completamente le ipotesi dell'accusa, sostenendo che non è dimostrato il nesso tra il marito e le eventuali percosse che avrebbero provocato le ferite e fa riferimento invece alla fragilità della giovane e alla sua debilitazione fisica anche causata dall'abuso di alcolici. Ora toccherà al giudice il 14 maggio a dare un primo giudizio, valutando se ci sono i requisiti per il rinvio a giudizio.

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