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Cronaca

Il Palazzo delle Poste compie 90 anni, l'appello: "Festeggiare rimettendo lo storico orologio in cima alla statua"

All'epoca Piazza Saffi poteva allora fare affidamento solo su tre orologi: alle Poste ce n'era uno che dominava l'esedra interna

Il 30 ottobre 1932 non fu, per Forlì, una domenica qualunque. Venne allora inaugurato quello che, a distanza di novant?anni, diventerà uno dei simboli del ?Cittadone?, al punto da essere disegnato sulle tavole di Topolino, il nuovo Palazzo delle Poste e dei Telegrafi. Lo squillo delle trombe, il rullo dei tamburi e i passi, ritmicamente rimbombanti sull?asfalto, diedero la sveglia a Forlì in una giornata autunnale di pieno sole. La città, tutta, era mobilitata fin dalle ore 4.  Tutte le case erano imbandierate. Tra un edificio e l?altro erano tesi, attraverso le vie, festoni tricolori, al pari delle nuove opere, inghirlandate di bianco, rosso e verde.

Sette treni speciali, due in partenza da Cattolica, due da Rimini, uno da Savignano, due da Cesena, convogliarono i partecipanti ai principali luoghi di raduno: Piazza Ordelaffi, Piazza Guido da Montefeltro, Viale Benito Mussolini, Piazza Cavour, Piazzale Casalini, Barriera Garibaldi, Piazzale Armando Diaz. Da lì, le varie organizzazioni, regolarmente inquadrate e accompagnate dal suono a distesa di tutte le campane, raggiunsero Piazza Saffi, ove sarebbe avvenuto il concentramento provinciale. Per il coordinamento di una così grande manifestazione popolare, Piazza Saffi poteva allora fare affidamento su tre orologi.

Il primo era sicuramente quello della torre civica che aveva, nella persona del Sig Paolo Peradotto, già incaricato della manutenzione e riparazione di tutti gli orologi pubblici, il suo ?moderatore?.
Poi c?era il ?ribelle?. Originariamente collocato a lato di Palazzo Serughi, l?attuale sede della Camera di Commercio, venne successivamente posizionato laddove, tuttoggi, lo si può interrogare, cioè di fronte a Palazzo Talenti Framonti. La critica, mossagli a mezzo stampa, era di essere ?troppo autoritario: capacissimo a sparire di tratto in tratto, di dividersi a metà, pronto sempre a segnare le sette, quando tutti gli altri orologi del mondo e il meridiano di Greenwich segnano mezzogiorno e viceversa?. Per costringerlo a una minore originalità, si arrivò a chiedere che fosse coperto con un drappo e lasciato, di sera, completamente al buio, perchè i danni che poteva produrre erano incalcolabili: ?dagli appuntamenti mancati, alla perdita del treno e ai fidanzamenti rotti?.

Infine c?era un terzo orologio. Alle 12 in punto, Benito Mussolini, dopo aver ricevuto dalla piccola Lidia Semprini un mazzo di fiori, premette il bottone elettrico per l?apertura del pesante cancello in ferro battuto del Palazzo delle Poste e dei Telegrafi, facendo così cadere al suolo il nastro tricolore che si intrecciava con le sbarre metalliche. Entrando nella grande esedra destinata al pubblico, si trovò innanzi una scultura bronzea, raffigurante una ?venere nuda?, con le braccia levate e i palmi delle mani rivolti verso l?alto a sostenere un orologio, di forma quadrata, delle dimensioni di cm 50x50, con quadrante di onice e cornice di anticorodal.

Le ?nudità?, a seguito delle ripetute proteste degli ambienti ecclesiastici, cosi come accadde per i cavalieri posti alla sommità del Palazzo, di fronte alle due torrette, vennero,  successivamente, coperte in parte con l? apposizione di un velo bronzeo. Durante il corso della guerra il Palazzo delle Poste fu occupato dalle truppe combattenti con ovvie conseguenze di degrado degli ambienti interni. Venne inoltre gravemente danneggiato dallo scoppio di granate, al passaggio del fronte, e, soprattutto, a seguito dell?incursione aerea del 25 agosto 1944. Ciò nonostante, tanto la statua quanto l?orologio sopravvissero.

Ne sono riprova le testimonianze orali dei ?ragazzi dell?epoca? che raccontano, ancora oggi, delle corse a perdifiato fin su alle torrette, all?interno di un palazzo sventrato. Un? ulteriore conferma, non più orale ma scritta, proviene, indirettamente, da un faldone, conservato presso l?Archivio di Stato di Forli?, relativo ai lavori di riparazione, post bellici, degli impianti elettrici da parte del Genio Civile, laddove viene commissionata, alla ditta Ditta Bazzocchi Arturo, la fornitura e la posa in opera, solo ed esclusivamente, di un orologio regolatore centrale elettrico, atto a comandare fino a 25 orologi elettrici ricevitori, dal quadrante argentato e brossato, da 22 cm di diametro con cifre arabe in nero e con piccolo quadrantino eccentrico per i secondi.

Chi, oggi, con sguardo più attento, entrando nella grande sala del pubblico, volgerà lo sguardo verso le mani della statua, noterà lo sporgere, dalla parete rivestita di marmo di Trani, di due cavi elettrici che andavano ad alimentare l?orologio. Spostato dalla sua originale posizione, molto probabilmente per ragioni di manutenzione, una quarantina di anni fa, non vi ha mai più fatto ritorno, lasciando così la scultura in una posizione innaturale. Ora, essendo prossimi i novantanni dall?inaugurazione, sarebbe il regalo più bello che Poste Italiane possa fare a se stessa e alla città, ricollocando l?orologio là dove è sempre stato, continuando così a scandire il tempo di un palazzo che è storia e patrimonio di Forlì e dei forlivesi.

Daniele Marzelli - appassionato di storia locale

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