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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Che cos'è il Piano Urbanistico generale che sta per nascere a Forlì: la città potrà espandersi solo del 3% fino al 2050

La sigla con cui si dovrà prendere confidenza è 'Pug', che eredita quello che negli anni della crescita tumultuosa delle città italiane si chiamava 'Piano regolatore'

Nei prossimi mesi (i tempi non sono stati ancora definiti dall'amministrazione comunale) debutterà il nuovo Piano Urbanistico Generale. La sigla con cui si dovrà prendere confidenza è 'Pug', che eredita quello che negli anni della crescita tumultuosa delle città italiane si chiamava 'Piano regolatore', vale a dire il principale strumento di pianificazione urbanistica.

A introdurre il 'Pug' è stata una legge regionale del 2017, la numero 24, che ha previsto la decadenza dei piani precedenti (è avvenuto nel giugno del 2021) e un regime transitorio, che è quello di cui si stanno avvalendo le attuali grandi estensioni urbane in corso, come quella a Pieve Acquedotto, con la nascita di un maxi-polo commerciale e dei servizi di circa 75mila metri quadri edificabili, quello produttivo-industriale a Villa Selva con altri 240mila metri quadri edificabili, oltre al cosiddetto 'Polo H' (commercio e servizi) nei pressi dell'ospedale e altre espansioni.

Sembra una corsa contro il tempo, perché l'approvazione del Pug porterà alla fine del regime transitorio, e da quel momento la città potrà espandersi solo del 3% fino al 2050, per poi arrivare all'obiettivo della crescita zero dal 2050 in poi. “Siamo di fronte ad un cambio di paradigma e di scenario”, analizza Giorgio Calderoni, il consigliere comunale di 'Forlì e co' che ha moderato l'incontro di ieri pomeriggio, mercoledì, in Comune dal titolo “Forlì: pensare il futuro” relativo alla futura pianificazione urbanistica. Il cambio di paradigma è che da una zonizzazione della città in base alle funzioni, con una funzione autorizzativa del Comune, si passerà ad un approccio negoziale tra l'ente pubblico e il proponente del progetto edilizio.

“Dall'espansione si passa a concetti quali la rigenerazione e la qualificazione urbanistica, la ristrutturazione edilizia e l'addensamento urbano”, illustra dal punto di vista tecnico Simona Savini, dirigente del Servizio Ambiente e Urbanistica del Comune di Forlì. “Ma la legge regionale ha delle maglie molto larghe e si rischia un'interpretazione elastica delle norme”, avvisa da parte sua Calderoni.

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Forlì è indietro rispetto alle altre grandi città dell'Emilia-Romagna per quanto riguarda l'elaborazione del Pug, che probabilmente – dati i tempi lunghi di approvazione – secondo Calderoni non arriverà nella sua versione definitiva entro la fine del mandato del sindaco Gian Luca Zattini. La vicina Cesena, per esempio, l'ha già approvato. Perché questo ritardo? A spiegarlo è stato il vice-sindaco Daniele Mezzacapo, che ha la delega all'Urbanistica: “Ci stiamo lavorando, con un ufficio di piano creato nel 2021. Siamo uno dei pochi grandi Comuni dell'Emilia-Romagna che ha scelto di elaborare il nuovo Pug solo con risorse e professionalità interne al Comune, senza delegare a soggetti esterni che non conoscono la città, ma avvalendoci di professionisti che tutti i giorni hanno rapporto con le esigenze dei cittadini, delle aziende, che hanno avuto contatti, fin dalla fase consultiva sul nuovo Pug, con ordini professionali e associazioni di categoria”.

E su questo arriva il netto sostegno di Camilla Fabbri, presidente dell'Ordine provinciale degli architetti di Forlì-Cesena: “Una scelta coraggiosa quella del Comune di Forlì, purtroppo in molti Comuni dove sono stati conclusi i Pug, questi sono pressoché tutti uguali, fatti a tavolino, senza una visione del futuro di lungo periodo. Il Pug nasce non come uno strumento urbanistico in senso stretto, ma per dare elasticità alla pianificazione. Farlo internamente era indispensabile”.

Per cui, pare di sintetizzare, meglio farlo bene anche se con tempi più lunghi a sentire gli architetti. Riprende Fabbri: “Abbiamo combattuto in ogni modo il Pug di Cesena, che ci è piovuto addosso pieno di rigidità. A Cesena è uno strumento limitante, se non manovrato bene rischia di diventare una barriera sia sul lato di chi propone, che sul lato di chi autorizza”.

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