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Cronaca

A Pieveacquedotto si riconsacra l’altare del VI secolo

Con il ripristino della mensa eucaristica, saranno benedetti anche il tabernacolo e il fonte battesimale

Sarà il vescovo di Forlì-Bertinoro monsignor Livio Corazza a presiedere, sabato, alle 15.30, la messa solenne di riconsacrazione dell’altare centrale della chiesa di Santa Maria in Pieveacquedotto, in via Cà Mingozzi, a due anni dalla fine dei restauri. Con il ripristino della mensa eucaristica, saranno benedetti anche il tabernacolo e il fonte battesimale. "E’ un evento speciale per questa antichissima pieve - dichiara il parroco-arciprete don Andrea Carubia - che in due anni è ritornata all’antico splendore grazie ad un sapiente restauro finanziato dal fondo dell’8x1000 per la Chiesa Cattolica e dai contributi della Fondazione della Cassa dei Risparmi di Forlì e delle Soprintendenze di Bologna e Ravenna".

L’intervento, costato circa mezzo milione di euro, ha ridato stabilità all’intero edificio, che adesso è praticabile in piena sicurezza. “Sono felice – continua il giovane sacerdote, classe 1978 - di essere parroco e custode di questa chiesa, che è uno dei più belli e affascinanti luoghi di culto della Romagna, al punto che cresce il numero delle persone che chiedono di visitarla da tutta la Regione”. La scorsa settimana sono state benedette due nuove campane, fatte fondere per l’occasione e donate da alcuni fedeli. Una rapida occhiata all’interno della pieve, illuminata da un impianto nuovo di zecca, dà veramente l’idea di un intervento fatto a regola d’arte. Spicca il presbiterio libero da balaustre e dominato dall’antico altare recuperato. Sono stati eseguiti lavori di consolidamento strutturale con installazione di tiranti in acciaio, sostituzione delle capriate lignee della navata, rifacimento delle coperture con elementi di recupero e infine risanamento delle murature interessate da forte umidità di risalita. Spiccano anche la nuova pavimentazione interna e il rifacimento delle reti e dei terminali impiantistici e di allarme.

A Pieveacquedotto si riconsacra l’altare del VI secolo

Citata per la prima volta in un documento del 963 e ricostruita nel 1273, Santa Maria in Acquedotto è stata riportata all’originalità romanica nel 1933 da monsignor Attilio Fusconi, parroco dal 1906 al 1957, l’anno della morte. Il sacerdote pagò di tasca propria le ingenti spese sostenute. Si prodigò molto per la salvaguardia del monumento anche il successore monsignor Serafino Milandri, scomparso nel 2011. Di notevole impatto visivo è pure il campanile, che risale al Mille, epoca in cui si diffuse nella cristianità l’uso delle campane. E’ privo della cuspide, tipico elemento ornamentale delle torri forlivesi: crollata per un rovinoso terremoto alla fine del ‘700, non è più stata ricostruita. Da una porticina interna alla chiesa si accede alla canonica, in predicato di diventare il nuovo polo giovanile diocesano.

Una “secca” incredibile del fiume Ronco, agli inizi del ‘900 mise in luce per l’ultima volta, a poche decine di metri dalla chiesa romanica, alcuni piloni del leggendario acquedotto di Trajano, poi consolidato da Teodorico. Da qui il nome della Pieve. “Sabato – riprende don Andrea - finalmente la Pieve si doterà degli arredi liturgici, che la renderanno ancora più ricca di fascino e suggestione”. L’altare riconsacrato sembra essere quella della primitiva chiesa, risalente al V-VI secolo. Gli scavi del 1928 fatti fare da don Attilio Fusconi, riportarono alla luce diversi reperti tra cui, appunto la mensa. La Regia soprintendenza di Ravenna attestò l’antichità della grande pietra, che fino all’inizio dei lavori dell’ultimo restauro era esposta sulle pareti interne dell’edificio. “Da oggi non sarà più un reperto archeologico, ma dopo diverse ipotesi progettuali valutate dal Soprintendenza di Ravenna, tornerà ad essere un altare, fulcro del sacrificio eucaristico di nostro Signore”.

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