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Salute

Tumore alla prostata, il cancro più diffuso tra i maschi: prevenzione e cure, "Fate attenzione ai segnali del corpo"

L'APPROFONDIMENTO - Focus con Roberta Gunelli, primario dell'Unità Operativa di Urologia dell'ospedale "Morgagni-Pierantoni" di Forlì e presidente dell'Associazione urologi italiana (Auro)

In Italia conta ogni anno circa 37.000 nuove diagnosi. Stiamo parlando del tumore alla prostata, la forma di cancro più diffusa nella popolazione maschile, precisamente il 19% di tutti i tumori maschili. Per questo motivo è importante sensibilizzare la popolazione sull’importanza della corretta informazione, della prevenzione primaria e della diagnosi precoce. In occasione della Festa del Papà, ForlìToday ha scelto di celebrare la ricorrenza del 19 marzo con un approfondimento specifico con la dottoressa Roberta Gunelli, primario dell'Unità Operativa di Urologia dell'ospedale "Morgagni-Pierantoni" di Forlì e presidente dell'Associazione urologi italiana (Auro).

Chissà quante volte avrà sentito dire "Dottoressa ho la prostata". A che età si manifestano generalmente i disturbi?
"Quando parliamo di prostata parliamo di un organo del corpo maschile che troviamo al disotto della vescica e che circonda l’uretra, il condotto che porta l’urina fuori dalla vescica, nel corso degli anni la prostata può essere causa di diversi tipi di malattia ed ogni fascia di età presenta problemi specifici. Nei giovani, a partire dai 25-30 anni, possiamo avere prostatiti, sono forme di infiammazione che possono essere causate da germi, in genere di provenienza intestinale, o essere secondarie a stili di vita non appropriate (eccessiva sedentarietà e abitudini alimentari sbagliate). Andando avanti negli anni prevalgono invece i disturbi legati all’aumento di dimensioni della prostata, l’ipertrofia prostatica, che può ostruire l’uscita dell’urina dalla vescica e, in genere a partire dai 50 anni, può insorgere il carcinoma prostatico".

Quali i principali fastidi?
"La prima cosa che vorrei dire è che il tumore prostatico, nelle sue fasi iniziali, non causa sintomi tanto che spesso la diagnosi viene fatta nell’ambito di controlli periodici che sono consigliati a partire dai 50 anni di età, mentre per le prostatiti e per l’aumento di dimensioni della prostata possiamo avere due tipi di sintomi: sintomi di tipo irritativo e sintomi di tipo ostruttivo".

Può entrare nel dettaglio?
"Semplifico il linguaggio “tecnico”. Quando parliamo di sintomi irritativi ci riferiamo all’aumento della frequenza delle minzioni sia durante le ore del giorno che della notte e le minzioni possono essere accompagnate da urgenza, obbligando il paziente a correre in bagno per evitare episodi di incontinenza urinaria. Nel caso di una prostatite acuta sarà presente anche dolore durante la minzione e talvolta febbre anche elevata. I sintomi ostruttivi sono invece legati all’ostruzione, causata da aumento di volume prostatico o rigidità del tessuto prostatico a livello del collo vescicale, che riduce il flusso dell’urina in uscita dalla vescica. La difficoltà a svuotare la vescica può peggiorare nel tempo producendo un progressivo aumento del residuo di urina dopo la minzione fino ad arrivare ad uno stato di “blocco” della minzione (la ritenzione acuta d’urina), tanto temuta dai Pazienti prostatici per la necessità di posizionare un catetere vescicale".

E' vero che la prostata è la sede del principale tumore che colpisce i maschi?
"Sì, in Italia il cancro della prostata è il tumore più diffuso nella popolazione maschile e rappresenta il 18,5 per cento di tutti i tumori diagnosticati nell'uomo: le stime relative all'anno 2020 parlano di 36.074 nuovi casi l'anno a livello nazionale. La sopravvivenza a 5 e a 10 anni dalla diagnosi è in Italia molto alta (91.4% e 90.0%, rispettivamente). Tuttavia dato l’elevato numero di nuovi casi, la mortalità rimane complessivamente consistente (7.196 i decessi nel 2015)". 

Quali sono i valori da controllare per controllare lo stato di salute della prostata e prevenire patologie?
"Esiste un test di laboratorio. Si tratta del Psa che è specifico per la prostata, essendo prodotto solo dal tessuto prostatico, ma che non è specifico per il carcinoma prostatico. Aumenta, infatti, sia durante una prostatite così come nel carcinoma prostatico, ma si è visto come un corretto uso di tale test sia importante per individuare precocemente la malattia oncologica. Per altro, l’esecuzione indiscriminata del Psa ha portato negli ultimi anni ad una sovradiagnosi di tumori prostatici cioè alla diagnosi anche di numerosi tumori potenzialmente privi di significato clinico, ma certo non privi di implicazioni psicologiche e terapeutiche.  Pertanto, il test del Psa dovrebbe essere sempre prescritto dallo specialista ed essere considerato come un dato da integrare nel contesto di una visita specialistica che può mettere in evidenza la possibile correlazione dell’aumento del Psa con uno stato infiammatorio prostatico o rilevando una variazione della normale consistenza (ridotta nella prostatite ed aumentata nel sospetto carcinoma). Queste considerazioni hanno portato negli ultimi anni a cercare di utilizzarlo in modo selettivo, in particolare in base all’età e nelle categorie di uomini esposti a maggior rischio di sviluppare una malattia di grado elevato".

A che età vanno effettuati questi esami?
"Un primo controllo ai fini della diagnosi precoce del carcinoma prostatico è suggerito ai 50 anni di età, anche se, nel caso di una famigliarità per carcinoma prostatico, si anticipa il primo controllo a 45 anni".

Con valori di Psa alti cosa accade?
"Come ho specificato, un aumento dei valori del Psa non rappresenta di per sé diagnosi di carcinoma prostatico, ma deve essere “interpretato” dallo specialista che deciderà che tipo di iter diagnostico sarà da intraprendere. Per non creare uno stato di dubbio o di apprensione ingiustificata consigliamo sempre di non eseguire il test del Psa nel corso di sospetta prostatite, sapendo come in questa situazione aumenti il valore assoluto del Psa". 

Cosa è cambiato negli ultimi anni nell'approccio terapeutico dei problemi alla prostata?
"E’ importante sottolineare come Il tumore della prostata venga classificato in base al grado, che indica l'aggressività della malattia, e allo stadio, che ne indica invece la diffusione ed il Psa. Di conseguenza la correlazione di questi parametri ci permette di suddividere i pazienti in tre diverse classi di rischio: basso, intermedio e alto. Questo è estremamente importante poiché nella classe di rischio basso, anche al fine di evitare effetti collaterali ingiustificati della terapia, è oggi proponibile la Sorveglianza attiva. La sorveglianza attiva è un programma strutturato di sola sorveglianza. Si tratta di un monitoraggio che prevede la valutazione del Psa ogni 3-6 mesi, l’esplorazione digito-rettale ogni 6-12 mesi e comporta di regola il ricorso a biopsie addizionali, con la possibilità di intervenire in caso di peggioramento clinico del tumore".

Terapie differenti ovviamente a seconda dei casi. Quali sono le cure in caso di tumore?
"Per le forme a basso rischio evolutivo, quando il paziente non accetti la terapia con Sorveglianza attiva, e nei pazienti a medio-alto rischio con malattia localizzata alla prostata sono due le terapie oggi considerate ottimali: chirurgia (prostatectomia radicale) e radioterapia. Oggigiorno il miglioramento delle tecniche chirurgiche ha consentito di ridurre notevolmente le complicanze dell’intervento (come disfunzione erettile e incontinenza urinaria). In ogni caso la proposta dell’intervento deve essere sempre motivata dallo specialista e ben accetta dal paziente. La prostatectomia radicale oggi può essere eseguita con la tecnica tradizionale (a cielo aperto) ma anche con la tecnica laparoscopica oppure con ausilio del robot".

Cosa ci può dire in merito alla radioterapia?
"Per quanto riguarda la Radioterapia a fasci esterni le tecniche più moderne di radioterapia (conformazionale e ad intensità modulata) permettono una distribuzione di dose limitata al volume bersaglio (la prostata e le vescicole seminali) con conseguente risparmio dei tessuti sani circostanti. Ciò ha consentito di potenziare l’effetto delle radiazioni sull’organo da colpire riducendo sensibilmente gli effetti collaterali a carico degli altri organi sani".

Quali sono le tempistiche in termini di riabilitazione?
"Grazie ai vantaggi dati dalla tecnica laparoscopica e robotica i tempi di recupero della continenza urinario si sono ridotti in modo importante, alcuni pazienti sono già continenti alla rimozione del catetere posizionato durante l’intervento e per gli altri i recuperi sono molto rapidi e ad un anno la percentuale di incontinenza è estremamente bassa. Per quanto riguarda la riabilitazione sessuale non vi è uniformità nelle indicazioni date dalle diverse linee guida, non tutti consigliano la riabilitazione farmacologica, peraltro grazie alle tecniche nerve-sparing che mirano a preservare l’integrità dei nervi coinvolti nell’erezione i risultati ad un anno dall’intervento sono incoraggianti e resta sempre la possibilità, in caso di mancata ripresa spontanea delle erezioni, di utilizzare i farmaci a disposizione con buoni risultati".

Quanti casi vengono accertati annualmente nel nostro territorio?
"Per il nostro territorio siamo attualmente a valori medi stimati di 140 nuovi casi all'anno per 100.000 abitanti".

Si sono registrati aumenti dopo la pandemia?
"L’incidenza, a partire dal 2003, è in lieve diminuzione (-1,4%/anno), analogamente a quanto succede per la mortalità, però, dall’inizio della pandemia Covid19, si ritiene che una diagnosi di carcinoma prostatico su due sia stata persa con pesanti ricadute sull’incremento di nuovi casi in stadi più avanzati della malattia nei prossimi anni. In particolare, nel 2020-2021 si è verificato un calo degli accessi per screening, follow-up e percorsi terapeutici per la paura del rischio di contagio e per la riconversione dei reparti nella fase acuta della pandemia".

I problemi alla prostata mettono in primo piano anche disagi sessuali nella coppia, è la timidezza il principale tabù da sfatare? E il partner in questo caso può giocare un ruolo importante?
"E’ frequente vedere arrivare in ambulatorio il paziente (maschio) che inizia parlando di prostata, ma che grazie a questo “cavallo di Troia”, passa a proporre problematiche legate alla sessualità e spesso sono coppie che si presentano e la “complicità” fra i partners diventa un’arma vincente, permettendo di agire sia sulle tematiche della relazione, frequentemente più psicologiche che fisiche, ma potendo più tranquillamente utilizzare anche un’eventuale supporto farmacologico". 

Che consigli vuole rivolgere ai nostri lettori?
"Vorrei dire a tutti quello che mi piace ripetere ai pazienti: "la medicina può fare tanto per voi, ma voi stessi dovete essere la più valida piattaforma di partenza per una vita serena". Uno stile di vita adeguato che comprenda una sana alimentazione ed una regolare attività fisica, unito alla attenzione ai messaggi che il vostro corpo manda attraverso sintomi, nel nostro caso difficoltà alla minzione o difficoltà all’erezione, possono evitare o perlomeno rendere meno importanti clinicamente le malattie legate alla prostata. Queste “semplici” indicazioni sono riassunte nell’attuale definizione di salute data dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. E cioè "salute, uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia". Buona salute a tutti".  

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