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Cronaca

Profughi, l'accoglienza è anche "veterinaria" per cani e gatti: "Necessarie le profilassi contro la rabbia"

L'esodo di massa di oltre tre milioni di ucraini ha fatto saltare il rispetto delle normative sul trasporto di animali vivi. “E' importante che i profughi ucraini, al loro arrivo, segnalino anche la presenza di animali"

A prendersi cura della Sanità animale nel territorio di Forlì-Cesena arriva Claudio Romboli, nominato direttore dell'unità operativa provinciale di veterinaria, particolarmente capillare sul territorio con ben 11 sedi per raggiungere tutti i Comuni. Il territorio di Forlì-Cesena vede infatti una presenza particolarmente intensa di allevamenti in cui è necessario preservare la salubrità animale, che poi si traduce anche in qualità degli alimenti che mangiamo. Forlì-Cesena ha infatti allevamenti capaci di contenere 25 milioni di capi avicoli in contemporanea, senza considerare gli 80mila suini. Tutte produzioni, dalle uova alle carni avicoli, suine e bovine che mette il nostro territorio in frequenti contatti con l'estero.

“Il nostro territorio per ora è rimasto indenne dall'influenza aviaria che ha colpito 300 allevamenti, con 15 milioni di capi abbattuti, tra Veneto e Lombardia – spiega Romboli -. Abbiamo sul territorio uno dei pochi allevamenti in Italia di visoni, attenzionato per il Covid, mentre ora il pericolo maggiore è la peste suina africana, non presente nella nostra provincia ma su cui bisogna tenere alta la guardia in quanto è in grado di azzerare la produzione di prodotti suinicoli”.

Ulteriore emergenza sono ora gli animali di affezione che arrivano assieme ai profughi ucraini. L'esodo di massa di oltre tre milioni di ucraini ha fatto saltare il rispetto delle normative sul trasporto di animali vivi. “E' importante che i profughi ucraini, al loro arrivo, segnalino anche la presenza di animali, cani e gatti al seguito per le necessarie profilassi”, spiega Romboli. Per ora sono arrivate le prime 3 segnalazioni ai veterinari pubblici dell'Ausl Romagna. “In Ucraina, prima della guerra, erano stati conteggiati circa 300 casi di rabbia, per metà in animali selvatici e un'altra metà in animali domestici”, cita come esempio Romboli.

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