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Cronaca

Quartieri, la corsa di 276 forlivesi. Il candidato Pasqui: "Diamo ascolto alla vocina 'Cosa posso fare per la mia città?'"

I quartieri sono l'organo di base più vicino alle diverse zone e frazioni della città, gli incarichi non sono retribuiti e l'impegno va massimamente a tenere vivo e ben dotato di servizi i quartieri della città

Sono 276 le autocandidature pervenute  per il rinnovo dei 21 Comitati di Quartiere della città. Si vota domenica 24 ottobre, dalle 8.30 alle 18. Il record di proposte va al Comitato di Quartiere Centro Storico per il quale sono arrivate 30 autocandidature. I quartieri sono l'organo di base più vicino alle diverse zone e frazioni della città, gli incarichi non sono retribuiti e l'impegno va massimamente a tenere vivo e ben dotato di servizi i quartieri della città. sottoponendo all'Amministrazione comunale i tanti problemi grandi e piccoli che vengono avvertiti sul territorio. Occuparsene è prima di altro un atto di civismo. Cosa spinge queste 276 persone a impegnarsi per questa competizione elettorale? Lo abbiamo chiesto ad uno dei candidati: Umberto Pasqui, insegnante e storico, appassionato divulgatore della storia locale e dei suoi tanti aneddoti nella rubrica "Il Foro di Livio" su ForlìToday.

Pasqui, lei e altri 275 forlivesi vi siete candidati per un posto nei nuovi consigli di quartiere. Cosa spinge, secondo lei, una persona a proporsi per quello che è il gradino più basso dell'amministrazione pubblica?
"Per quanto mi riguarda più che altro mi ha mosso la curiosità. O l’ingenuità. O tutte e due le cose. Mi ha stupito questa partecipazione, ho notato tra i candidati persone che conosco e fa piacere che molti si siano proposti. A questo punto spero che alle urne a votare non ci siano solo parenti o conoscenti ma che sempre più si senta l’esigenza di fare un passo per il posto in cui si vive, anche “solo” votando. Sono sempre stato distante da questo ambiente, forse sono uno sprovveduto, però la vedo come un’opportunità coinvolgente per mettere al servizio della città i propri talenti. 
Ci vuole anche un po’ di coraggio a dare ascolto alla vocina che ogni tanto si fa sentire chiedendo: 'Cosa posso fare per la città in cui abito'?"

Spesso si dice che la politica è in crisi, che è “marcia”. Ma guardando questi numeri non si direbbe. Chi si propone per i consigli di quartiere intende questo ruolo come politico?
"Credo che a questo livello la politica propriamente detta sia quella di chi, camminando o pedalando per la città, si accorge di quanto può essere corretto collaborando affinché questo accada. O quella di portare idee, di ascoltarle, di condividerle. Se è la passione disinteressata che muove, non credo si possa manifestare nessuna forma di marciume.

Il quartiere spesso significa: tanti problemi, perché il quartiere è facile da contattare dai molti cittadini che protestano, ma a volte poche risposte da parte del Comune. Ne è consapevole?
"Cosa vuole che sia… Lavoro a scuola". 

Si candida in centro storico, una porzione molto particolare della città, sia per i problemi sia per il suo valore identitario. Sente una responsabilità particolare per questo?
"In effetti forse Forlì è l’unica città al mondo in cui il centro storico è periferia. Un caso da manuale che ha reso il centro storico terra di frontiera e di frontiere. Sinceramente mi dispiace che il nuovo Quartiere sia la somma dei quattro rioni storici del centro, fino a oggi tenuti separati non tanto dal campanilismo, ma da realtà profondamente diverse e da identità che potrebbero avviare un motore interessante (come nella vicina Faenza). Credo che da Porta Schiavonia a Porta Cotogni si estenda un territorio disomogeneo e bisognoso di continue e specifiche attenzioni. In particolar modo per il centro, la responsabilità del livello inferiore è più o meno la stessa di quello superiore e si orienta in due direzioni: ascoltare e proporre". 

Lei è molto impegnato per il recupero e la divulgazione della nostra storia locale, che apporto può dare questa esperienza?
"Forlì ha bisogno di ricordare cosa è stata per capire ciò che sarà. Non si può delegare tutto a eventi estemporanei o manifestazioni che non lasciano traccia: occorre curarsi delle radici che sono molto più interessanti di quanto comunemente si sappia. Va bene, il Novecento, bello o brutto che sia, ha lasciato tracce e strascichi evidenti, ma non c’è solo quello: questa città potrebbe vantarsi dei suoi 800 mila anni di storia, dalle pietre scheggiate di Monte Poggiolo a oggi, puntando su luoghi (la Rocca di Ravaldino, i Musei Civici e i Fondi Antichi nel Palazzo del Merenda, Palazzo Gaddi…) che chiedono di tornare al centro dell’interesse del Palazzo e delle tasche dei privati che volessero rendere Forlì una città veramente turistica, per smetterla con la lagna “non c’è niente”. Per questo ci vuole una conoscenza non approssimativa della storia di Forlì, delle sue peculiarità, per creare – come ad alcuni piace dire – un “volano” per tutti i settori: commercio, turismo, cultura,scuola, università..."

Un provvedimento per il centro che vorrebbe vedere realizzato con urgenza.
"Se avessi la bacchetta magica trasformerei il Monastero della Ripa in polo culturale, però poi ci sarebbero anche i Musei invisibili da tirar fuori dalle scatole, come l’Archeologico, l’Etnografico, l’Armeria Albicini… Sono state annunciate prospettive per la Rocca di Ravaldino, mi piacerebbe vederla presto fruibile per recuperare la memoria degli Ordelaffi e di Caterina Sforza. Ecco, mi piacerebbe che si collaborasse tutti a togliere la polvere accumulata in decenni. Insomma, ci sarebbe tanto da fare per il cuore di Forlì, il più è mettere ordine e dare priorità. 
Una piccola-grande cosa secondo me indispensabile è la cura dei dettagli, del decoro urbano e anche questa deve avere un senso storico per “dare un tono” al centro di questa città sonnacchiosa". 

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