La 5°B dello Scientifico si ritrova 50 anni dopo il diploma e ricorda l'amico che non c'è più. "Era un’altra scuola, i prof ci hanno indicato il dovere"
"Ci siamo ritrovati per il cinquantennale sabato scorso al ristorante “da Alfio”, in via Monda, ed è stata festa", il racconto
La classe 5°B del Liceo Scientifico Fulcieri di Calboli ha celebrato sabato scorso il cinquantennale del diploma di maturità al ristorante “da Alfio”. Hanno partecipato Carlo Calderoni, Bruno Venturi, Massimo Cortini, Maria Pia Bertaccini, Cesare Mazzoni,Moreno Bagnolini, Massimo Milandri, Paolo Maria Magni, Claudia Cortesi, Massimo Fiori, Franco Spadoni, Stefano Vittori, Carlo Ravaioli, Mario Russomanno, Fabrizio Rubboli, Grazia Graziani, Luciana Lancetti, Cinzia Barzanti, Laila Fanti e Cristina Garagnani.
"Eccoci, siamo noi, la QuintaB. Con lo sguardo rivolto al sole, con le nostre inossidabili amicizie e le adolescenze mai ammainate, coi sogni a fior di pelle. Siamo ragazze e ragazzi di gamba agile e cervello rapido, pronti alla facezia ma anche all’impegno. Siamo quelli che al Liceo Scientifico Fulcieri di Calboli di Forlì sostennero la maturità nel 1973. Non vi appaia data lontana, a noi sembra ieri - esordisce il messaggio della classe -. Ci siamo ritrovati per il cinquantennale sabato scorso al ristorante “da Alfio”, in via Monda, ed è stata festa. Nessuna malinconia tra noi che, mestieri permettendo, non ci siamo mai lasciati. Per ragioni logistiche tre dei nostri non hanno potuto esserci, ma erano presenti in spirito e in chat. Uno di noi, il nostro grande amico Elvio Ussani, invece, non c’è più. Lo abbiamo ricordato con l’affetto che merita: buono, sveglio, simpatico, era tra i “fuochisti”. Erano coloro tra noi che, nel secolare palazzo di Piazza Morgagni, nelle mattinate invernali, introducevano legna nelle vetusta stufa di terracotta della Becchi che avrebbe dovuto scaldare l’aula. Per poi, al momento di tornare alla legnaia, far gare di corsa sulle carriole in corridoio. Il tepore non arrivava prima delle undici e, tra freddo e paura dell’interrogazione, quando gli insegnanti scorrevano il registro di classe i mal di pancia impazzavano. Erano spasmi autentici, non simulazioni. I nostri prof non avrebbero abboccato. Erano tosti, quei docenti: al tempo non erano i genitori a dar la pagella a loro, erano loro a darla a noi. I genitori, rispettosi, ne prendevano atto. Si rischiava d’essere rimandati a settembre e anche bocciati; che fosse giusto o no, andava così".
La classe ha ricordato con "gratitudine e affetto" gli insegnanti Emma De Nicola, Carla Ruju, Maria Rita Bonci, Raffaele Mazzei, Mario De Fanti, Pietro Novaga, Sergio Selli, Adriana Pasqui e Gisella Pasqui. "Siamo loro riconoscenti, ci hanno trasmesso sapere, ci hanno indicato il dovere. Certo, era un’altra scuola, oggi difficile da immaginare. Pensate che una delle prof procedeva all’ispezione tra i banchi con il righello in mano. Se qualcuno aveva dimenticato il libro chiedeva di esporre la mano e zac, tra serio e faceto, menava con il righello. Ridevamo. Oggi i social la sbranerebbero, ma noi quando pensiamo a lei ridiamo e ci scambiamo un cinque. Non abbiamo dita fratturate. Era un’altra scuola. Le ragazze avevano l’obbligo di indossare grembiule nero, imposizione inspiegabile. Se i grembiuli dovevano servire a separare femmine e maschi, non raggiunsero mai lo scopo. Per noi era naturale condividere fraternamente cose ed esperienze: in aula, nelle case di qualcuno di pomeriggio, a zonzo, in gita, nelle aie di campagna con i mangiadischi a tutto volume, t al cinema di pomeriggio. Di sera a quei tempi non si usciva. Stavamo assieme, femmine e maschi, senza chiederci chi credeva in Dio e chi no, senza interrogarci su tendenze e orientamenti. Tra discussioni e prese in giro, tra chi rifletteva e chi ironizzava, in un miscuglio creativo. Erano quasi sempre le ragazze a dare il taglio alla stadera. Che, nel dialetto che spesso utilizzavamo, significa indicare la strada".
"Nessuno ricorda una mancanza di rispetto - viene rimarcato -. Certo, le ragazze erano belle e i ragazzi ardimentosi, talvolta qualche cuore accelerava il proprio battito. Si condivideva anche l’ansia che trasmette da sempre quella cosa che si chiama gioventù. Ognuno era alla ricerca di se stesso, ma in compagnia risultava più facile. Ci aiutavamo. Molti di noi erano bravi, studiavano e ottenevano voti alti che, credeteci, non si regalavano. Ma non erano talenti solitari: facevano gruppo con chi, per una ragione o l’altra, arrivava impreparato e rischiava grosso. Per le interrogazioni ci si dava una mano, durante i compiti in classe viaggiavano suggerimenti e bigliettini. Anche per questo ci vogliamo ancora bene. Non eravamo santi. Quarta e quinta le facemmo nel nuovissimo Liceo di Viale Bolognesi. Le aule erano confortevoli, le pareti intonse. Ma presto impreziosimmo la nostra con il più temerario gioco collettivo visto allo Scientifico, la “Caz parade”. Avevamo scritto sulla parete di fondo, con il pennarello, nomi e cognomi degli insegnanti e, alla fine di ogni lezione, se qualcuno di loro aveva fatto un’affermazione discutibile, aggiungevamo una crocetta a fianco del cognome. Era una goliardica sfida, pensando al prestigio che avevano quei docenti. Che erano, però, anche persone intelligenti e spiritose. Nessuno di loro impose mai di cancellare. E presto si sparse la voce che in sala insegnanti i nostri prof si vantassero della posizione raggiunta e che i colleghi delle altre sezioni manifestassero invidia".
"Non eravamo santi - prosegue il ricordo -. Alle 12 andava in onda “Alto gradimento”, trasmissione di comicità surreale, il più grande successo radiofonico della storia. Negli ultimi banchi tenevamo talvolta la radiolina accesa, a bassissimo volume. Riferivamo a quelli dei primi banchi, che tenevano concentrati i prof. Il più celebre dei personaggi di “Alto gradimento” era il mitologico “Scarpantibus”, di cui nessuno conosceva le fattezze. Uno di noi, oggi affermato pittore, disegnava bene. Gli ordinammo di immaginare Scarpantibus e di riprodurlo. Appiccicammo il disegno alla parete. Da tutto il Liceo venivano a godersi la vista Scarpantibus. Il disegno originale è quello che vedete. Vietato riprodurlo, i preziosi diritti d’immagine sull’animalaccio sono della QuintaB. Per non parlare della rivalità con il Liceo Classico. Ci consideravamo più moderni e trasgressivi. Erano anni di rinnovamento: si faceva strada un nuovo modo di intendere gli studi, con le ore di formazione libera, i primi gruppi autogestiti, le sperimentazioni. Noi della QuintaB, in materia, eravamo in prima linea. Inclini anche a saltuarie e furbesche defezioni, con giustificazioni auto firmate in caso di interrogazioni temute. I tempi andavano cambiando, se in meglio non sappiamo. Ma noi, purtroppo, con il Liceo avevamo finito: dovevamo andare verso altri studi, altra vita, da affrontare non più quotidianamente assieme".
La classe si è regalata una maglietta celebrativa: "La indosseremo anche in occasioni serie, siamo orgogliosi di essere per sempre la QuintaB dello Scientifico di Forlì, la scuola più accogliente e formativa. Siamo gente allegra. Che ringrazia la vita per quegli anni indimenticabili e che augura, con un abbraccio, alle ragazze e ai ragazzi che frequentano oggi il Liceo, di trascorrere cinque anni belli quanto quelli che la fortuna regalò a noi. E di avere mille feste tenere e piene di affetto, come lo è stata la nostra sabato scorso".
In piedi da sinistra. Bruno Venturi, Paolo Maria Magni, Bidello, Fabrizio Rubboli, Prof. Rita Bonci, Franco Spadoni, Prof. Mario De Fanti, Massimo Cortini, Claudio Assirelli, Piero Foschi, Massimo Fiori, Stefano Vittori, Moreno Bagnolini, Massimo Milandri, Carlo Calderoni, Elvio Ussani.
Seduti da sinistra. Ambra Gatta, Cinzia Barzanti, Maria Pia Bertaccini, Laila Fanti, Claudia Cortesi, Cristina Garagnani, Cristina Mambelli, Grazia Graziani, Luciana Lancetti, Cesare Mazzoni, Mario Russomanno, Carlo Ravaioli.