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Cronaca

Dopo 40 anni va in pensione il medico veterinario Rodingo Usberti: "La prima esperienza? Il parto di una scrofa"

"Si chiude il percorso di una vita importantissimo, iniziato a metà degli anni 70 - esclama -. Ma ora non me ne starò con le mani in mano, perchè non mi piace. Si apre un nuovo capitolo"

Una lunga carriera professionale, durata ben quarant'anni. E' andato in pensione da pochi giorni Rodingo Usberti, già direttore dell'Unità operativa Veterinaria dell'Ausl Romagna ambito Forlì. "Si chiude un percorso di una vita importantissimo, iniziato a metà degli anni 70 - esclama -. Ma ora non me ne starò con le mani in mano, perchè non mi piace. Si apre un nuovo capitolo".

Usberti, perchè ha scelto la carriera da veterinario?
Sin da bambino ho nutrito un amore sviscerato per gli animali. A dire il vero è stato un cane, un boxer con il quale siamo cresciuti in simbiosi fino a quando non si è ammalato. Si chiamava Tip. Morì abbastanza giovane per un linfoma, una malattia che ora si può curare, ma che allora, negli anni '60, non lasciava scampo. Ero un ragazzino, ma Tip si è rivelato decisivo nel scegliere cosa volevo fare da grande. Volevo capire come poter salvare un animale.

Si ricorda il primo giorno di lavoro?
Sì, metà degli anni '70. Fu un giorno di terrore.

Perchè?
Ero reduce dal percorso di formazione accademica, ma non avevo molta pratica. Bisognava affrontare la vita con un bagaglio culturale indubbiamente notevole e alla fine ciò che ho studiato è stato importante. Bisognava metterlo in pratica e per farlo era necessario mantenere la calma, perchè da giovani con la mancanza d'esperienza si rischia di cadere nel panico, che è il peggiore dei consiglieri.

E che esperienza le capitò?
Il parto di una scrofa (sorride, ndr). Nacquero dodici porcellini. E mi aiutò quella che poi divenne mia moglie, biologa, che mi diede un grosso sostegno essendo inesperto. E' stata una spalla importante.

Un episodio curioso che le è rimasto impresso durante la sua carriera professionale.
Era nel 1978 o '79. Fui chiamato a Cesena da un circo, che si trovava nella zona dello stadio, per l'ascesso di una tigre.

E come si risolse il problema?
La tigre è un felino e quindi facemmo quindi la stessa anestesia che si usa per i gatti, ma in dosi naturalmente maggiorate. Dopodichè si riuscii ad incidere questo spaventoso ascesso, che impediva all'animale di degludire.

Poi nel corso degli anni...
Dai piccoli animali sono entrato nel sistema sanitario pubblico, dapprima a Bertinoro, poi il primo consorzio socio-sanitario, che era quello del Bidente, la prima azienda sanitaria locale, la Usl numero 38 di Forlì fino ad arrivare all'Ausl Romagna.

Nell'ultimo periodo è esplosa la pandemia da covid-19.
Noi veterinari con i cosidetti coronavirus abbiamo una lunga tradizione, perchè sono presenti in tutte le specie animali. Ricordo ai fini degli anni '70 ed inizio degli anni '80 l'afta, poi i casi di peste suina classica ed infine l'influenza aviaria. Ma fortunatamente nella zona del Forlivese i casi furono pochi, tenendola monitorata. Ed ora c'è il covid, che ci ha portato ad uno stato di isolamento e a dover ridurre al minimo le attività, tutto insomma che è contrario al rapporto umano. E' l'isolamento l'arma per far fronte alle malattie infettive se non ci sono altre soluzioni.

Ora cosa farà?
Mi dedicherò al volontariato. Poi vorrei seguire alcune cose nel settore degli animali selvatici, perchè mi ha sempre interessato. E poi coltiverò altri hobby, come per esempio l'architettura militare, cioè i castelli.

Potrebbe scrivere un libro sulla sua carriera.
Perchè no? Ci sarebbero tanti episodi curiosi da raccontare. E' una cosa che sto valutando. "Memoria di un ex campagnolo" (scherza, ndr).

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