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Il lutto / Bertinoro

Bertinoro piange la sua maglia rosa: addio a Arnaldo Pambianco, "un romagnolo unico"

Pambianco era rimasto vedovo lo scorso marzo, e, come scrive Cassani, "non è riuscito a sopportare e superare il dolore per la perdita della donna della sua vita"

Non lo piange solo la Romagna e il mondo del ciclismo, ma l'intera Italia sportiva. Si è spento all'età di 87 anni Arnaldo Pambianco, vincitore del Giro d'Italia nel 1961. ""Gabanin" era davvero un grande uomo, un campione vero, un romagnolo unico", sono le parole di commiato di Davide Cassani, ex ciclista professionista, già ct della Nazionale italiana di ciclismo e presidente di Atp Romagna. "Arnaldo è sempre stato uno dei miei idoli - è il ricordo postato su Facebook da Cassani -. Forse perché lo conoscevo da sempre forse perché ha vinto il Giro d’Italia nell’anno in cui sono nato, sicuramente perché era un romagnolo speciale. Arnaldo Pambianco, nel silenzio e nel buio di questa notte (tra martedì e mercoledì, ndr), è salito in cielo. Sono triste perché Arnaldo era davvero una persona straordinaria". Pambianco era rimasto vedovo lo scorso marzo, e, come scrive Cassani, "non è riuscito a sopportare e superare il dolore per la perdita della donna della sua vita", Fabiola.

Il cordoglio di Bertinoro e Forlì

"Se n'è andato il nostro amato Gabanìn - esordisce il sindaco di Bertinoro, Gessica Allegni -. Arnaldo non è stato soltanto un grande campione del ciclismo, come dimostrano i suoi successi sportivi, primo fra tutti la storica vittoria del Giro d'Italia nell'anno del centenario dell'Unità d'Italia, che lo ha consacrato nell'Olimpo degli sportivi italiani. Arnaldo era una persona di grande umiltà, animata da valori sinceri, come sa bene chi ha avuto la grande fortuna di conoscerlo. Tutto il Comune di Bertinoro si stringe attorno alla famiglia, con le più sentite condoglianze. Ciao Arnaldo, ti ricorderemo per la persona straordinaria che eri, sia sulla bici che nella vita di ogni giorno".

"La triste notizia della scomparsa di Arnaldo Pambianco suscita sconforto e costernazione nell’intera comunità forlivese - esordisce il sindaco di Forlì, Gian Luca Zattini -. Per tutti noi è stato, e rimarrà, un emblema del grande ciclismo romagnolo capace come pochi di appassionare, coinvolgere, rappresentare. Arnaldo Pambianco è anche, e soprattutto, un testimone straordinario della capacità di saper costruire un percorso di enorme successo mettendo a frutto impegno, fatica e sacrificio insieme a lealtà e correttezza. Ha fatto conoscere la sua Bertinoro, Forlì e la Romagna, all’Italia intera e al mondo partecipando alle principali manifestazioni ciclistiche: dalle Olimpiadi ai Mondiali, dal Tour de France al Giro d’Italia nel quale si impose sul podio più alto trionfando nell’edizione speciale del 1961, quella dedicata a celebrare il Centenario dell’Unità d’Italia".

"Arnaldo Pambianco era sempre presente alle iniziative sportive realizzate nella nostra città, apportando il suo autorevole contributo attraverso la capacità di trasmettere, in particolare ai giovani, l’importanza dei valori alti dello Sport e della responsabilità civica - conclude -. Ne piangiamo la scomparsa, partecipando al lutto dei Familiari e unendoci, nel dolore, agli amici, ai colleghi e a tutti coloro che vedono in “Gabanin” l’uomo straordinario, il campione, il cittadino responsabile e una delle bandiere più amate della terra di Romagna".

La carriera

Pambianco nei primi anni da professionista fu gregario di Ercole Baldini e Gastone Nencini, cogliendo il settimo posto nel 1960 sia al Giro d'Italia sia al Tour de France. Nel 1961 ottenne il risultato più importante della sua carriera, al Giro d'Italia del centenario dell'Unità. Dopo una settimana travagliata per i postumi di una caduta, il campione di Bertinoro prese la maglia rosa nella 14esima tappa, con 24 secondi di vantaggio sul favorito e fino a quel momento leader della generale Jacques Anquetil. "Vidi che Anquetul mangiava un panino senza togliere la stagnola - raccontò -. Capii che era in crisi e lo attaccai. Cosi presi la maglia rosa e vinsi il Giro". Respinse poi gli assalti Charly Gaul e di Rik Van Looy, suggellando la rosa con il secondo posto, dietro al solo Gaul, nella penultima frazione caratterizzata dalla scalata al Passo dello Stelvio e l'arrivo a Bormio. Arrivò vittorioso a Milano pur non avendo vinto alcuna tappa.

Negli anni successivi, il bertinorese si comportò egregiamente anche in alcune corse in linea, come dimostrano il quinto posto ai mondiali del 1962 disputato a Salò (vinto da Jean Stablinski) e la vittoria nella Freccia del Brabante del 1964. Al Giro d'Italia invece non riuscì più a ripetere le prestazioni del 1961 e ottenne solo una vittoria di tappa nel 1963. È di questi anni la canzone "Viva Pambianco", a lui dedicata da Secondo Casadei. Chiuse la carriera nel 1966 e, dopo una breve esperienza in ammiraglia alla Salvarani e alla Ariostea, si dedicò all'attività imprenditoriale.

I ricordi

"E' una notizia tristissima - scrive il giornalista forlivese Marino Bartoletti, esperto di ciclismo -. Arnaldo Pambianco, uomo e corridore di una lealtà unica, aveva vinto nel 1961 - l'unica volta che fu capitano - il meraviglioso Giro d'Italia  del Centenario, battendo tutti i più forti ciclisti del mondo, Anquetil, Gaul, Van Looy. Sono certo che lo stanno aspettando per applaudirlo. Era un uomo meraviglioso".

Per il deputato Marco Di Maio se ne è andato "un pezzo di storia del ciclismo italiano e del cuore grande della nostra terra di Romagna, a cui si sentiva intimamente legato. A Bertinoro, certamente, ma non solo. Pambianco è stato un esempio di rettitudine e di passione per tanti che si sono avvicinati al ciclismo, un uomo che non ha mai fatto mancare il sostegno alle giovani generazioni. Lo ricordo, ad esempio, in più occasioni intento a dispensare consigli e a incoraggiare i ragazzi che come me praticavano questo sport a livello agonistico nelle categorie giovanili. Arnaldo ha sempre interpretato il ciclismo prima ancora che come una competizione con gli altri, una palestra di vita per se stessi: incarnandone i valori per tutta la vita, anche al di fuori dell'ambito sportivo. Condoglianze ai familiari e ai tantissimi che gli hanno voluto bene".

Scrive invece la consigliera comunale Sara Samori, già assessore allo Sport del Comune di Forlì: "Mi sono attardata nel dedicare queste parole all’indelebile Gabanin, dolcissimo Arnaldo, perché rovistavo nella memoria alla ricerca di una delle foto più belle dei miei anni alla guida dello sport forlivese: quella insieme a lui e al grande Ercole Baldini, in occasione di un Giro d’Italia indimenticabile per Forlì, quello del 2015. Prima pagina. Arrivo e Partenza. Proprio come Arnaldo".

"Alla fine Facebook mi ha riproposto un mosaico di immagini, solo una minima parte, perché Arnaldo era così: un mosaico di immagini, emozioni, tornanti, salite e discese. E allora alla fine preferisco ricordarlo così, in vari ambienti sportivi perché in fondo Arnaldo, in sella al suo 'cavallo', mi ha sempre ricordato l’immagine di uno sportivo ante litteram, più un cavaliere senza macchia, come il  nobile Pierre Terrayl: prode, autorevole, fedele, leale, consapevole del principio per cui la vera nobiltà trascende al ceto sociale ed è la nobiltà d'animo. Ed è concetto morale altissimo, davvero per pochi. Ma Arnaldo era così straordinario nella sua umanità, nella sua sensibilità, che ti lasciava sempre senza fiato. In fondo, come tutti gli sportivi che si rispettando, conosceva le regole dello sport. O, forse, più semplicemente come Girardengo nel Giro d’Italia del 1921, dopo quattro tappe vinte, si fermò al Piano delle Cinque Miglia. Emilio Colombo, il direttore della Gazzetta dello Sport, gli diceva di non mollare, di resistere, ma alla fine Costante Girardengo fu stufo di sentire quella giaculatoria, scese dalla bicicletta e con una pietra disegnò una croce nella polvere della strada. "Mi fermo qui. E davanti alla croce non si scherza"".

Il registra forlivese Riccardo Salvetti, in occasione del cinquantenario della vittoria del Giro, ha dedicato a Pambianco il film-documentario “Gabanì - due volte campione”, che porta sul grande schermo le imprese sportive e le qualità umane di Pambianco, dalla vittoria del Giro d'Italia nel 1961 al rapporto con campioni e gregari del suo tempo, dedicando attenzione anche al profilo familiare e al suo paese, Bertinoro.

Biografia da Wikipedia

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