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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Dovadola

Morì combattendo i soldati tedeschi, Dovadola ricorda Primo Cai

Dovadola ricorda Primo Cai, medaglia d'oro al valor militare, nel settantesimo della morte. La vita di Primo Cai si concluse il 21 settembre 1943. "Lo ricordiamo con ammirazione e stima", afferma il sindaco Zelli

Dovadola ricorda Primo Cai, medaglia d'oro al valor militare, nel settantesimo della morte. "Nei giorni seguenti l'armistizio dell'8 settembre 1943, che lasciò l'esercito italiano abbandonato a se stesso e in balia della storia, le isole greche di Cefalonia e Corfù furono teatro di uno degli episodi più dolorosi e controversi della seconda guerra mondiale: il massacro, per mano dei tedeschi, degli uomini della divisione Acqui", esordisce il sindaco di Dovadola, Gabriele Zelli.

"Gli oltre undicimila militari al comando del generale Antonio Gandin, costretti dalla sorte a trasformarsi in guerrieri per tenere fede a un giuramento, e chiamati a dover scegliere tra la vita e l'onore, scelsero l'onore sacrificando la vita rifiutando di arrendersi - continua il primo cittadino -. La divisione Acqui al 14 settembre 1943 annoverava circa 11.700 soldati, compresi artiglieri di marina, carabinieri, guardia di finanza. Nell'agosto 1945 i sopravvissuti ammontavano a circa 2.400. In quel periodo si accertarono 3.200 morti, quindi, niente si disse di altri seimila militari, anche perchè era già iniziata una fase di negazione dei fatti da parte dei tedeschi. Che fine avevano fatto? In Sicilia, quando qualcuno veniva eliminato dalla mafia senza lasciare traccia, i suoi assassini sostenevano che fosse scappato con una ballerina di flamenco".

"Bisogna, forse, ipotizzare che a Cefalonia e a Corfù in quei giorni di settembre ci fossero seimila ballerine di flamenco? - si chiede il sindaco -. Le cifre però parlano chiaro: 1.500 soldati morirono durante gli scontri armati, quasi 5.000 furono passati per le armi dopo la resa dei reparti su ordine dello stesso Adolf Hitler, 3.000 perirono durante i trasporti verso Patrasso, allorché le navi, in cui erano stivati come bestie, urtarono contro le mine piazzate dagli italiani per difendere l'isola da un'eventuale invasione degli Alleati. Gran parte di queste cifre furono fornite dallo stesso Terzo Reich nei giorni successivi la mattanza allo scopo di far sapere che fine avrebbero fatto coloro che non ubbidivano ai loro ordini. I carnefici si preoccuparono però di far sparire il maggior numero possibile di cadaveri bruciandoli, inabissandoli in mare, buttandoli nei crepacci delle piccole catene montuose che sorgono sulle due isole formate da roccia d'origine carsica".

"Di conseguenza i corpi trovati, e non tutti identificati, ammontaronono a circa tremila: per alcuni storici tedeschi rappresentano tuttora la totalità dei morti che però furono il doppio - sottolinea Zelli -. Nell'inferno di Cefalonia si trovò anche un giovane contadino di Dovadola, Primo Cai. Aveva ventun anni quando insieme agli altri commilitoni sostenne valorosamente lo scontro contro i soldati tedeschi perdendo la vita. Per questo nel 1975 fu insignito alla memoria della medaglia d'oro al valor militare, con la seguente motivazione: "Soldato di fanteria nella lotta di liberazione contro i tedeschi, in seguito all'annientamento del suo battaglione, anziché tentare la salvezza sottraendosi al contatto dell'attaccante, si univa volontariamente ad un reparto di mitraglieri contraerei".

Ricorda ancora Zelli: "Per contrastare la pressione del nemico avanzante, per oltre due ore, con altro commilitone, con il fuoco di una mitragliera da 20 mm, resisteva sulla posizione. Inceppatasi l'arma, s'impegnava in un difficile ripiegamento sotto il dilagante attacco nemico giunto a distanza ravvicinata, sino a che, rimasto solo e abbandonata l'arma inefficiente, allo scoperto e armato del fucile, si ergeva ad affrontare gli attaccanti, in un disperato tentativo di resistenza e a segno di disprezzare l'olocausto. Cadeva da prode nel campo, fucilato da una raffica di mitragliatrice. La vita di Primo Cai si concluse il 21 settembre 1943. Oggi a settantanni di distanza lo ricordiamo con ammirazione e stima".

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